Chi guadagna di più sono i chimici con 92.700 euro/anno, seguiti dai medici, con uno stipendio medio annuo di 90.593 euro e dai veterinari a poco più di 90.440 euro/anno
Sanità, in crescita stipendi o occupazione (tranne i medici): il personale del Servizio sanitario nazionale nel 2022 aumenta rispetto al 2021 di 11.218 unità (+1,7%), guadagna in media 543,71 euro in più (+1,5%, ma molti contratti sono ancora da rinnovare rispetto agli anni successivi) ed è più “stabilizzato”: i lavori flessibili calano di -4.662 unità. Lo rivela il Conto annuale 2022 della Ragioneria generale dello Stato, appena pubblicato, e che rappresenta la base ufficiale per i rinnovi contrattuali e per tutte le quantificazioni del Pubblico impiego.
Le retribuzioni
Lo stipendio medio nel Ssn (solo quelle delle figure maggiormente presenti nelle strutture senza considerare altre forme contrattuali e tranne le figure come quelle dei direttori generali soggette a trattativa privata) è di quasi 61.300 euro/anno, con un aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Ma nel 2022 ancora alcuni rinnovi contrattuali non erano avvenuti (come quello dei medici e di tutta la dirigenza sanitaria ad esempio). Chi guadagna di più sono i chimici con 92.700 euro/anno, seguiti dai medici, con uno stipendio medio annuo di 90.593 euro e dai veterinari a poco più di 90.440 euro/anno.
Sul versante opposto c’è il personale del ruolo tecnico che si ferma a 28.465 euro/anno, seguito dal ruolo amministrativi a 29.600 euro/anno e dal ruolo della ricerca a a 30.543 euro/anno. Gli infermieri, la categoria professionale più numerosa del Ssn, raggiungono i 36.560 euro/anno (sempre lodi si intende) con un aumento del +5,6%, in linea con gli aumenti contrattuali. In parole povere, lo stipendio netto di un infermiere su tredici mensilità raggiungerebbe i 1,770 euro/mese circa.
Gli organici
Quasi tutti i profili registrano aumenti di organico, tranne medici, chimici e personale contrattista. L’aumento maggiore è percentualmente quello del ruolo della ricerca sanitaria (+20,7%), seguito dai dirigenti delle professioni sanitarie (+9,7%) e dal ruolo professionale (+9,2%). Aumentano gli infermieri di 4.078 unità (+1,5% rispetto al 2021), ma diminuiscono i medici di 491 unità (-0,5%). Fenomeni questi con molta probabilità legati da un lato alle stabilizzazioni post-Covid e, dall’altro, all’età media dei professionisti (notoriamente più alta tra i medici che, come anche le altre categorie, vengono sostituiti con difficoltà per la scarsità di turn over) i e al fenomeno ormai noto dell’abbandono della professione pubblica dei ‘gettonisti’.
Lavoro flessibile
I cosiddetti “lavori flessibili” (in sostanza il precariato: tempo determinato, lavoro interinale, lavori socialmente utili e formazione lavoro) si riducono del 7,5% , -4.662 unità, concentrate in massima parte (-4.013) sul tempo determinato, anche per le stabilizzazioni in corso dopo le assunzioni nel periodo Covid. Il maggior numero di ‘precari’ resta comunque nella professione infermieristica, con 21.758 unità (di cui 20.038 a tempo determinato), seguita dal ruolo tecnico (15.814 unità) e dai medici (6.836 unità). Lavori socialmente utili e formazione lavoro, sono in realtà quasi tutti concentrati su pochi pirofili: la maggior parte nel ruolo amministrativo e nel ruolo tecnico e qualche singola unità in poche altre professioni.
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