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Nel nuovo contratto medici si penalizzano i camici bianchi del Sud: tagli ai fondi per indennità-certificati

Professione Redazione DottNet | 30/01/2024 19:22

Un caso evidente di autonomia differenziata: i primi a farne le spese i medici che compilano le certificazioni Inail. De Falco (Cimo-Campania): un'iniziativa illegale

 Il nuovo contratto di lavoro dei medici firmato due settimane fa all'Aran è un chiaro esempio di autonomia differenziata, come avevamo già ipotizzato. E' passato in sordina, infatti, un capitolo che riguarda alcuni fondi e indennità, tra cui quelle Inail, per remunerare i medici che compilano le certificazioni. Finora i fondi assegnati alle Regioni erano divisi in base agli stessi criteri di riparti dei finanziamenti generali per la sanità. Nel nuovo contratto i fondi sono stati inseriti ma con percentuali riviste a danno dei medici del Sud e in particolare per quelli della Campania, regione già penalizzata a causa del calcolo che tiene conto della popolazione assistita. Cimo, con Fesmed e Anaao ha inserito una nota che prende appunto le distanze da quanto riportato nel

dottnet.it/file/105595/contratto" target="_blank">documento e cioè il criterio adottato che è quello di dirottare nel contratto le voci che invece erano di competenza delle Regioni dopo aver incassato dallo Stato quanto pattuito in sede di conferenza Stato-Regioni. Insomma piuttosto che parlare di ripartizione, si stabilisce che si tratta di "finalizzare" le risorse. E così il taglio maggiore lo subisce il fondo Inail per i certificati medici. La Finanziaria del 2018 aveva assegnato alle Regioni 25 milioni l'anno per l'attività di compliazione e trasmissione dei certificati in via telematica da parte dei medici e delle strutture sanitarie per gli infortuni e le malattie professionali. Con il nuovo contratto questa quota passa dal 9,32 per cento all'1,14 per cento per la Canmpania, per la Puglia dal 6,6 al 4,4 per cento, la Sardegna dal 2,7 all'1,5 per cento, la Sicilia dall'8 al 2,8 per cento.

Penalizzati anche il Lazio che passa dal 9,6 per cento al 3,6 per cento, mentre l'Emilia Romagna sale dal 7,5 al 13,1 per cento, la Lombardia dal 16,7 al 19 per cento. "Questa iniziativa tra l'altro non è legale - tuona Antonio De Falco, numero uno in Campania della Cimo ed ex chirurgo dell'Ascalesi -. Come si rileva dal decreto legislativo 31 marzo 1998 numero 112, art. 115 sulla ripartizione delle competenze, sono riservati allo Stato, in base allrticolo 3 comma 1 lettera legge 31 marzo 1997, l'adozione, d'intesa con la Conferenza unificata del piano sanitario nazionale, l'adozione dei piani di settore aventi rilievo ed applicazioni nazionali, noché il riparto delle relative risorse alle Regioni d'intesa con la conferenza Stao-Regioni". Ma non è tutto: ci sono state anche altre sforbiciate anche se di entità minore, ai fondi per i trattamenti economici accessori della dirigenza medica sanitaria e veterinaria e delle professioni sanitarie, alla retribuzione individuale di anzianità e ad un'altra indennità individuata dalla legge di Bilancio del 2021. Questi tagli comportano per la Campania una perdita in un caso di 2,2 milioni nel periodo dal 2023 al 2026, nel secondo 3,3 milioni, nel terzo 822mila euro. Un totale di circa 3,5 milioni l'anno che salgono a 4 nel 2026 per un totale di 14,8 milioni.

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