"Desideriamo ringraziare tutti i medici, i dirigenti sanitari, gli infermieri, le ostetriche e gli altri professionisti sanitari che hanno dimostrato, con questa alta adesione, di aver compreso e condiviso le ragioni della protesta"
«Adesione altissima allo sciopero dei medici e degli infermieri di ieri, oltre l'85%: è una giornata storica e questa piazza di Roma, insieme alle altre piazze in Italia, dimostra che la categoria oggi dice basta e manda a dire che non siamo morti ma più vivi che mai. Un invito alla premier: se veramente tiene al servizio di cure pubbliche, al Ssn, venga qui in piazza, anche ora, noi la spettiamo, oppure ci convochi subito. Questo sciopero è un gridio di allarme, noi andiamo vanti, e se non ci sarà risposta arriveremo alle dimissioni di massa», tuona Pierino Di Silverio, segretario del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed, che insieme alla Cimo ha proclamato lo sciopero, commenta all'ANSA gli esiti della protesta.
«Medici e infermieri uniti in piazza dal Nord al Sud - afferma - dimostrano che il sistema è ancora vivo e che i professionisti esistono. A chi dice che scioperare oggi non era corretto, rispondiamo che non è corretto come siamo stati trattati per 20 anni, non è corretto farci perdere parte della pensione, non sono corretti i tutni massacranti per la carenza di personale e che non è corretto che i medici debbano vivere sotto la spada di Damocle della giustizia italiana, siamo medici e non criminali e chiediamo che il ddl della Lega, che addirittura prevede il carcere per i medici, venga ritirato perchè è offensivo».
«Dalle Regioni, dunque, sono arrivate percentuali di adesione molto alte fino all’85% allo sciopero nazionale dei medici, dirigenti sanitari e infermieri che si è svolto ieri in tutta Italia e che è terminato alle 24.00, al netto dei contingenti minimi obbligati a rimanere in servizio per garantire le urgenze», annunciano con soddisfazione Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale ANAAO ASSOMED, Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED e Antonio De Palma, Presidente NURSING UP. «Desideriamo ringraziare tutti i medici, i dirigenti sanitari, gli infermieri, le ostetriche e gli altri professionisti sanitari che hanno dimostrato, con questa alta adesione, di aver compreso e condiviso le ragioni della protesta. Certo, siamo consapevoli di aver creato disagi ai cittadini, ma siamo assolutamente convinti che grazie a queste iniziative si possano porre le basi per creare migliori servizi proprio per quanti usufruiscono del servizio pubblico».
«Abbiamo sperato fino all’ultimo di trovare interlocutori più attenti e sensibili alle nostre proposte. E invece siamo stati costretti a ricorrere allo sciopero per vedere riconosciuti diritti sacrosanti di ogni medico e dirigente sanitario italiano, dichiara Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed. Chiediamo di entrare nell’agenda sociale e politica del Paese con proposte innovative e soluzioni condivise, sollecitando la riscrittura delle priorità che riconosca ai problemi della nostra categoria il diritto di avere soluzioni chiare e positive. Siamo stanchi, delusi e arrabbiati per la totale mancanza di rispetto nei confronti di una intera classe professionale e la grande partecipazione di oggi in tutta Italia allo sciopero e alle manifestazioni ne è la dimostrazione. Non è solo questione di soldi, ma di condizioni di lavoro inumane che non riusciamo più a sostenere. Le nostre parole d’ordine sono poche e chiare: uscire dalla PA riconoscendo per i medici e dirigenti sanitari la categoria speciale, depenalizzare l’atto medico, finanziare adeguatamente il contratto, detassare parte dello stipendio. E con queste parole d’ordine continueremo la nostra battaglia, domani e nei giorni a venire perché lavorare con dignità, sicurezza e tranquillità, questa sì è la nostra missione». «Questo non è uno sciopero di categoria ma uno sciopero per difendere il Servizio Sanitario Nazionale in piena crisi vocazionale e finanziaria - afferma Stefano Magnone, Segretario Regionale ANAAO-ASSOMED Lombardia -. Ringraziamo i colleghi per la prova di dignità e di tenacia, di attaccamento professionale e di vicinanza al sistema che garantisce un diritto costituzionalmente tutelato e sempre più a rischio: quello alla salute. Siamo dipendenti pubblici, paghiamo le tasse, riscattiamo i lunghissimi anni di studio (anche dodici) e ci vediamo trattati come dei ladri o dei fannulloni da chi decide di cambiare le regole del gioco, a distanza di anni dai patti stipulati. Lo sciopero è l'unica risposta alla deriva sempre più privatistica del sistema. Ringraziamo i nostri pazienti per la solidarietà dimostrata in queste ore».
«Il successo dello sciopero è indicativo del disagio dei medici – dichiara Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED -. Negli ospedali di tutta Italia sta montando un grande movimento di protesta che non si esaurirà con la manifestazione di oggi: questo sciopero è solo l’inizio di un percorso volto a difendere la sanità pubblica, tutelare il diritto alle cure dei cittadini e valorizzare i professionisti della salute. I medici infatti si sono sempre fatti in quattro per garantire la migliore assistenza possibile, e sono stati ripagati con una manovra che li deruba delle loro pensioni e che riserva briciole al rinnovo dei loro contratti e al finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Intanto però si sovvenziona la sanità privata, interessata solo ai propri profitti, considerando che AIOP non rinnova il contratto dei propri medici dipendenti da 18 anni. Davanti a tutto questo per troppo tempo siamo stati in silenzio, e abbiamo sbagliato. Adesso è tempo di far sentire forte e chiara la nostra voce, e di dire basta al definanziamento della sanità».
«Attraversiamo un frangente storico molto delicato per la sanità italiana, commenta per gli infermieri, le ostetriche e le altre professioni sanitarie ex legge 43/2006 Antonio De Palma, Presidente Nursing Up. Sono in pericolo la qualità dei servizi, l'accesso alle cure, e la stessa gestione del sistema, seriamente compromessa dalla grave carenza di alcuni degli attori principali, cioè i professionisti infermieri. Questa carenza ha una causa ben precisa, e si chiama ‘mancata valorizzazione’, perché è a causa delle scarse prospettive contrattuali, che i giovani rifiutano di intraprendere percorsi formativi per diventare professionisti dell'assistenza. È il momento di far sentire forte la nostra voce, e lo sciopero rappresenta, così come le manifestazioni di protesta, lo strumento che abbiamo scelto per raccontare ai cittadini il nostro crescente disagio. Non siamo disponibili ad accettare, senza lottare con tutte le nostre forze, che vengano messe le mani sulle nostre pensioni, ci riferiamo al discusso articolo 33 della bozza della Legge di Bilancio. E non accetteremo sommessamente, che il governo faccia melina sulla individuazione e finalizzazione delle risorse da destinare agli infermieri e ai professionisti sanitari ex legge 43/2006: sono necessarie e vanno individuate, integrando e finalizzando, a monte, una parte delle risorse destinate alla contrattazione. Da tempo chiediamo l’istituzione di un’area contrattuale autonoma nella quale inserire le nostre professionalità. È arrivato il momento che la politica finalmente riconosca, con azioni concrete, le nostre specificità professionali, perché è evidente, che dare risposte certe ai professionisti della sanità, significa tutelare lo stato di salute di tutta la collettività, alla quale noi dedichiamo, ogni giorno, il nostro impegno, le nostre competenze, le nostre qualità umane».
«Questo sciopero serve a chiedere rispetto per categorie professionali che tengono in piedi il Servizio sanitario pubblico. È il momento di rispondere con durezza, perché ormai in tutta la categoria prevale un senso di sdegno e di rabbia, siamo indignati dal tradimento che leggiamo nell’attacco alle nostre pensioni, non possiamo sopportare di dover andare a lavoro consapevoli di rischiare ogni giorno un’aggressione e, cosa ancor più importante, non abbiamo alcuna intenzione di starcene zitti e buoni mentre la politica cancella il diritto alla salute dei cittadini». Nelle parole di Bruno Zuccarelli (segretario regionale Anaao Assomed) e Antonio De Falco (Cimo Fesmed) le motivazioni profonde di uno sciopero che a Napoli, così come nelle altre piazze d’Italia, ha visto unirsi migliaia di medici e dirigenti sanitari in un’unica voce. «Non è servito morire di lavoro – proseguono - ammalarsi di lavoro, cedere tempo di vita, se la sanità continua ad essere considerata solo un costo da tagliare». Se la carenza di medici è un dramma ormai evidente in ogni regione d’Italia, in Campania (dati Ragioneria Generale dello Stato – ISTAT) i dati certificano una situazione ai limiti dell’impossibile. In Campania, al 31.12.2021, il numero dei medici del Servizio sanitario nazionale ammontava a 9.333 e quello degli infermieri a 18.997 per un totale di 28.330 unità). Per essere in linea con le altre regioni, che pure denunciano carenza di personale, occorrono oggi almeno 4.200 medici dipendenti del Ssn in più e, guardando agli infermieri, sono più di 7.000 le unità mancanti. Dati che contribuiscono in maniera significativa a fare della Campania la regione con l’aspettativa di vita più bassa di Italia: per gli uomini 78,8 anni (2 in meno rispetto alla media nazionale) per le donne a 83 (1 anno e mezzo in meno della media). Per i medici le carenze si traducono in un enorme stress lavorativo, sempre più spesso causa di burnout, e continue aggressioni ad opera dei pazienti.
Le testimonianze
Tante le testimonianze portate alla manifestazione di ieri, tra le quali quella del dottor Alberto Vitale, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia al Maresca di Torre del Greco. «Dopo una vita trascorsa in corsia, dopo aver sacrificato la famiglia e gli affetti e aver rischiato la vita nel periodo più duro del Covid – dice – ora ci trattano come un bancomat. La sanità non può e non deve essere questo. Ci hanno chiamati eroi, noi volevamo solo, e lo vogliamo ancora oggi, poter fare al meglio il nostro lavoro». Il dottor Vitale, che non ha ancora i requisiti per chiedere il pensionamento, guarda con preoccupazione e frustrazione alle scelte del Governo: «Ormai la sanità pubblica sta virando con decisione verso la sola emergenza, tutto ciò che è elezione finisce dirottato verso il privato o il privato accreditato. Questa è una sconfitta per tutti e i cittadini dovrebbero essere i primi a preoccuparsi e manifestare assieme a noi». Diversa la situazione del dottor Gaspare Leonardi, che sino a qualche mese fa aveva scelto di prolungare la sua permanenza in servizio fino al limite massimo dei 70 anni, ma che ora, soffocato dal burnout e dai timori di una grave penalizzazione economica, ha invece preferito abbandonare. «Non riuscivo più a sopportare il peso di un lavoro svolto senza le necessarie risorse di personale – racconta – mi sentivo frustrato e devastato dal peso delle responsabilità. Quando si è capito che la legge di bilancio avrebbe penalizzato le nostre pensioni ho scelto di dire basta. Dopo una vita trascorsa nel servizio sanitario pubblico è una scelta che fa male». Pietro Spinelli, direttore della Gastroenterologia alla ASL di Salerno, ricorda poi che le rivendicazioni dei medici non riguardano solo i timori di un’incomprensibile penalizzazione economica, anzi: «La nostra è una battaglia per il Servizio sanitario pubblico», dice. «Chiediamo che sia depenalizzato l’atto medico, che sia premiato il merito e si assumano più risorse, perché realmente la sanità pubblica sia un bene di ognuno». Anche il dottor Spinelli ha scelto di lasciare e di andare in pensione. Ho scelto di abbandonare dopo una vita spesa alle dipendenze del Servizio sanitario pubblico perché questa non è più una vita sostenibile. Dal 1989 sono nel pubblico e questa situazione mi amareggia e mi delude molto. Non abbiamo mai pensato di essere eroi, ma eravamo convinti di aver reso un buon servizio e di essere stati utili. Non credevamo di essere trattati così e di essere penalizzati in questo modo. I nostri rinnovi contrattuali sono deludenti, non solo dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto normativo. Ogni promessa è stata disattesa e delusa». Allo sciopero ha aderito anche la Nursing UP (sindacato degli infermieri), mentre significativa è stata la presenza di CittadinanzAttiva con il presidente regionale Lorenzo Latella.
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