I disturbi mentali rappresentano il 16 per cento del carico globale di malattie nella fascia 10-19 anni, con ansia e depressione che rappresentano il 40 per cento di tutte le diagnosi
- Riconoscere precocemente i segni di disturbo mentale, attivare programmi di screening per il disturbo mentale in età evolutiva, assicurare una diagnosi accurata in tutte le fasce anagrafiche, pianificare interventi terapeutici ad hoc personalizzati in base all’età, con una particolare attenzione al contesto familiare e sociale, elaborare un’appropriata strategia di prescrizione di farmaci, di continuità assistenziale e di presa in carico con la conseguente creazione di equipe multidisciplinari dedicate. Sono queste alcune delle necessità emerse dal convegno "Dall’età evolutiva all’età adulta: transizione e tutela della salute mentale percorsi interdisciplinari e presa in carico" realizzato da Fondazione Onda e SINPF - Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, in collaborazione con Regione Lombardia con il contributo non condizionante di Otsuka Italia.
L’Italia è il fanalino di coda in materia di fondi dedicati alla salute mentale: infatti, la spesa per la salute psichiatrica nel nostro paese non supera il 3 per cento, a dispetto dell’impegno di destinarne almeno il 5 per cento, come approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni del 2001: uno scenario preoccupante, soprattutto se confrontato con la necessità sempre più impellente di attuare servizi e programmi funzionali per tutte le fasce di età, in primis tra i giovani. I disturbi mentali, infatti, rappresentano il 16 per cento del carico globale di malattie nella fascia 10-19 anni, con ansia e depressione che rappresentano il 40 per cento di tutte le diagnosi, senza contare che i disturbi neuropsichiatrici dell’infanzia e dell’adolescenza spesso evolvono in età adulta e richiedono una presa in carico molto prolungata a partire della maggiore età. Numerosi studi, inoltre, evidenziano che il 78 per cento dei bambini che ricevono una diagnosi di disturbo mentale durante l’infanzia, come quello dell’ansia, è a rischio per lo sviluppo di disturbi psicopatologici più gravi nelle fasi di vita successive.
Nonostante ciò, la legislazione attuale impone che al compimento dei 18 anni gli adolescenti perdano il diritto a usufruire delle prestazioni nell’ambito della Neuropsichiatria infantile, tra cui anche la frequentazione dei centri diurni per adolescenti, rendendo dunque la transizione tra i vari servizi di cura complessa e critica. Lo scenario assume contorni ancor più drammatici nel caso di quei giovani che, alla fine del percorso scolastico, perdono anche le figure di supporto e sostegno all’interno della scuola. I problemi di carattere strutturale non si esauriscono tuttavia nell’ambito della legislazione: la scarsa capacità dei Servizi di dare riscontro effettivo ai giovani è da imputarsi anche alla carenza di personale e alla mancanza di una formazione specifica sufficientemente adeguata, che a sua volta si tramuta in una mancanza di competenze tecnico-specifiche da parte dello stesso, portando spesso alla chiusura delle strutture stesse.
«È prioritario oggi, ripensare all'organizzazione dei servizi, soprattutto per quanto riguarda l'età della transizione, 14 - 24 anni, che appare essere la più scoperta in termini di presa in carico e continuità dei percorsi di cura, nonostante sia quella in cui esordiscono la maggior parte dei disturbi psichici. Appare inderogabile la creazione di servizi dedicati, che vedano la collaborazione della UONPIA e della Psichiatria, alla costituzione di equipe multidisciplinari che si occupino degli esordi, fornendo loro un trattamento integrato, continuativo e peculiare alle esigenze dell’età oltre che della cura della patologia», aggiunge Emi Bondi, Presidente SIP, Società Italiana di Psichiatria
I neomaggiorenni, quindi, si trovano a dover abbandonare il luogo di cura frequentato fino al compimento dei 18 anni, per poi trovarsi a carico del Servizio di Psichiatria, dove spesso incontrano un ambiente respingente non in grado di fornire loro un’assistenza adeguata, causando l’allontanamento degli assistiti se non addirittura l’interruzione della terapia, con il conseguente aggravamento del disturbo mentale. Sono infatti oltre il 40 per cento i ragazzi bisognosi che si perdono in questa fase di transizione con conseguenze spesso disastrose, fra le quali l’abuso di sostanze psicoattive a scopo di auto cura, l’abbandono scolastico e la marginalizzazione. Dall’altro lato, invece, la nuova sensibilità sociale e culturale, nonché la maggior attenzione al tema della salute mentale, hanno innescato una serie di cambiamenti nelle esigenze da parte dei pazienti giovani, che arrivano nelle strutture con problemi prima non così evidenti, il che richiede una parziale rimodulazione dell’offerta dei servizi.
«Negli ultimi dieci anni l'impatto dei disturbi mentali in età evolutiva è aumentato considerevolmente e una accelerazione ulteriore è stata registrata in coincidenza con la recente pandemia Covid-19 (fino all' 80 per cento in più nei pronto soccorso secondo la Società italiana di Pediatria, fino a 11 volte in più secondo i dati forniti dall’Ospedale Bambino Gesù). Ideazione suicidaria, autolesionismo, ansia e depressione sono, quindi, disturbi sempre più frequenti tra i bambini e i ragazzi. Tuttavia, anche per l'aumento esponenziale delle richieste, la gestione del minore con disturbo psichiatrico riconosce tuttora alcune criticità organizzative e l'intera filiera assistenziale di Neuropsichiatria Infantile è ancora carente e insufficiente nel nostro Paese. Auspichiamo interventi mirati e concreti perché il diritto alla salute dei più giovani sia accolto e finalmente garantito», commenta Stefano Vicari, Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
«Gli adolescenti di oggi vivono un grande disagio, complice anche il ruolo della pandemia. Se da un lato, è fondamentale che esprimano a gran voce questo disagio in modo tale che i genitori vengano informati e si possa, di conseguenza, intervenire tempestivamente, dall’altro si deve garantire che il servizio di presa in carico sia efficace, non dispersivo e non lasci indietro nessuno. Al compimento della maggiore età, i giovani non si devono perdere all’interno del sistema proprio perché laddove sia ottenibile la guarigione, possono essere adottati interventi efficaci in grado di ridurre l’intensità, la durata dei sintomi e le conseguenze. Ringraziamo tutti i partner e gli esperti coinvolti in questa iniziativa per aver fornito soluzioni e raccomandazioni puntuali per affrontare il problema della transizione psichiatrica», conclude Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda.
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