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Sumai: fra due anni 39mila medici usciranno dall'Ssn. Altroconsumo: test nelle città, solo un Mmg su quattro accetta pazienti

Medicina Generale Redazione DottNet | 10/10/2023 19:26

Liguria e Lazio sono risultate le migliori regioni a livello di disponibilità. Sono invece 10 i casi critici e 14 gli insufficienti, tra cui spicca l’area del Trentino

Tra due anni circa 39mila medici usciranno dal Ssn a causa di dimissioni volontarie, pensionamenti, concorsi pubblici che vanno deserti, medici che scelgono il privato, le cooperative o di andare all’estero. E questa data potrebbe segnare il punto di non ritorno per il Ssn. A lanciare l’allarme è il segretario generale del Sumai Assoprof, Antonio Magi, nel corso della relazione che ha aperto i lavori del 55° Congresso nazionale del sindacato, a Roma.. Magi ha individuato quelle che dal suo punto di vista sono le principali criticità del sistema: invecchiamento demografico, finanziamento del Ssn, carenza di personale e retribuzione del personale cercando in un’ottica propositiva di suggerire anche soluzioni.

“È nostra intenzione focalizzare i lavori congressuali su un argomento di grande attualità: Il futuro della Sanità Italiana infatti, ‘Specialistica Ambulatoriale quale futuro: pubblico o privato?’ è il titolo del 55 Congresso Nazionale. L’assenza di reali e concrete politiche per il personale e le scarsissime risorse economiche messe a disposizione come potranno attuare la Missione 6 del PNRR? Oggi ci troviamo davanti ad una generalizzata carenza di medici specialisti disposti a lavorare per il nostro SSN”, ha osservato.
Per Magi è chiaro che “le scelte fatte finora ci stanno portando ad un bivio: Sanità pubblica o Sanità privata? Se la sanità virerà verso il privato questa scelta comporterà per gli italiani maggiori costi a causa delle regole di un mercato spietato fatto solo di profitto. Ciò significa addio all’universalismo, all’equità e all’uguaglianza dei cittadini davanti alla malattia”. Ma “una sanità pubblica debole”, avverte il segretario nazionale del Sumai Assoprof, “porterà costi elevati in termini di salute e questo inciderà inevitabilmente sul sistema produttivo per giornate di lavoro perse costando così al nostro Paese molti punti di PIL”.

La situazione attuale non è confortante. “Già oggi – spiega Magi - vediamo un territorio desertificato ridotto, di fatto, nei numeri delle sue figure principali: medici specialisti ambulatoriali, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. In più stiamo assistendo ad un ospedale che si sta svuotando. La desertificazione della sanità sta portando all’estinzione del professionista del Ssn”.

Magi punta il dito contro le “scellerate scelte politiche” fatte “nel corso degli anni” che hanno fatto sia che “il territorio non è più riuscito a soddisfare efficacemente i bisogni della gente costringendo i pazienti ad andare sempre più in ospedale invece di curarsi a casa o ambulatorialmente. La ridotta offerta specialistica sul territorio, con meno ore nei poliambulatori, è uno dei principali motivi che ha generato liste d’attesa interminabili insieme alla medicina difensiva e alla domanda crescente di salute delle persone”.

“Purtroppo – prosegue il leader del Sumai Assoprof - il modello sanitario pubblico, istituto con la 833 del 1978, ha vissuto numerosi cambiamenti. Il risultato di questi cambiamenti lo abbiamo sotto i nostri occhi: una sanità sottofinanziata, differenziata, diseguale e poco equa. Sempre più appaltata all’esterno, meno prodotta dalle aziende sanitarie, povera di mezzi e di personale che quasi non riesce a soddisfare i bisogni di Salute delle persone”. Eppure, nonostante la sottrazione di risorse economiche, il nostro sistema sanitario ha retto fin che ha potuto, ma a che prezzo? “Scarsi investimenti, retribuzioni tra le più basse in Europa, difficoltà di accedere alle cure, poco personale, difficili condizioni di lavoro, denunce e atti di violenza, anche mortali, contro gli operatori sanitari.

“Tutto – avverte Maci - sta incidendo sulla qualità delle cure, nonostante lo sforzo degli operatori sanitari e sulla percezione dei cittadini, i quali lamentano liste d’attesa infinite, strutture spesso fatiscenti, attrezzature obsolete, scarsa informazione, poco tempo dedicato alla comunicazione medico-paziente, con tutto ciò̀ che ne consegue”.  Dopo aver descritto la situazione del Sistema, Magi ha analizzato quelle che a suo modo di vedere sono le principali criticità

Invecchiamento demografico
“L’Italia, in rapporto al PIL, investe meno della maggior parte dei Paesi europei ma ha una speranza di vita più̀ alta di altri paesi europei. Pur diminuendo il numero di abitanti negli ultimi 10 anni, che è passato da 60 milioni a poco più di 58 milioni, sono aumentati gli ultrasessantacinquenni saliti da 12 milioni a 14 milioni. L’invecchiamento della popolazione è un ottimo indice per certificare l’ottimo livello di cure ma porta ovviamente ad un aumento delle cronicità e di conseguenza ad una maggiore domanda di salute con un incremento della spesa sanitaria che già oggi assorbe dal 70 all’80% dei bilanci regionali con il concreto rischio di superare la soglia di sostenibilità”.

Finanziamento del SSN
“Da oltre dieci anni assistiamo all’assenza di una visione e di una strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti. Il sottofinanziamento, dal 2010 al 2019, è stato di ben 37 miliardi. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, rispondendo ad un’interrogazione alla Camera un paio di settimane fa ha confermato questo dato”.

I numeri del Personale Sanitario
“Appare inderogabile rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità al fine di valorizzare e (ri)motivare quella che è la colonna portante del SSN: investire sul personale sanitario con risorse vincolate, programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, ridisegnare i processi di formazione, valutare e valorizzare le competenze secondo un approccio multiprofessionale”.

La retribuzione del Personale Sanitario
“Sicuramente una priorità è la retribuzione del personale sanitario e dei medici. Se vogliamo che i nostri medici rimangano in Italia, non c’è scelta, dobbiamo essere competitivi soprattutto con le retribuzioni offerte negli altri Paesi. Come possiamo pensare che i nostri medici non vadano all’estero se le retribuzioni Italiane annue, espresse in dollari, sono 204 mila dollari in meno del Lussemburgo; 93 mila dollari in meno della Germania; 73 mila dollari in meno del Regno Unito; 35 mila dollari in meno della Svizzera? Non ci sono soluzioni alternative se non quelle di dover pagare di più i nostri medici altrimenti, a breve, in Italia non ne avremo più”.

E quindi, è il richiamo di Magi dal palco del 55° Congresso Sumai Assoprof, “ci aspettiamo un vero cambio di passo della politica sul tema salute. Basta con dichiarazioni sterili e generiche d’impegno per un SSN Pubblico. Apriamo come cittadini e medici un confronto reale attraverso l’incontro e l’ascolto, specie di chi lavora sul campo, per trovare soluzioni condivise all’insegna della reciprocità: disponibilità, rispetto, competenza, ascolto e fatti concreti”.



“Entro il 2025 – è la maggiore preoccupazione di Magi – perderemo fisiologicamente 14.493 medici di medicina generale e pediatri di libera scelta; 3.674 specialisti ambulatoriali; 20.500 dirigenti medici per un totale di 38.667 medici senza contare i prepensionamenti, le dimissioni volontarie e i medici che emigrano all’estero”. “La sensazione di abbandono che provano oggi i medici dopo il COVID, come tutto il personale sanitario, e la scarsa attenzione alla manutenzione del SSN sta portando molti medici e professionisti della sanità, soprattutto quelli più giovani ma non solo, a cercare strade alternative per vivere la loro professione con meno burocrazia, più sicurezza, migliore retribuzione e migliore organizzazione”.

“Se non ci saranno subito investimenti seri e decisivi sul personale sanitario – è l’allarme di Magi -, la Sanità Pubblica Italiana che conosciamo oggi, anche se in crisi, dal 2025 rischia di saltare realmente poiché, come abbiamo visto mancheranno quasi 39mila medici. Dimissioni volontarie, prepensionamenti, concorsi pubblici che vanno deserti, mancanza di sostituti per la specialistica ambulatoriale, sempre più aree carenti per la medicina generale, sempre più medici che scelgono di lavorare nel privato, in cooperative o di andare all’estero da dove arrivano proposte economiche che permettono qualità di vita nettamente migliori. Continuare a proporre ancora le stesse ricette che sanno più di ideologia che di concretezza è una scelta suicida con un esito ampiamente prevedibile”.

Quali soluzioni? Il Sumai Assoprof ha le sue proposte.

Formazione
“Appare necessaria una riforma del percorso formativo che potrebbe essere strutturata, ad esempio, dai primi 4 anni teorici uguali per tutti, seguiti poi da 4 anni di formazione specialistica pratica o come medicina generale o come specializzazione in una specifica branca della medicina a cui seguono 3 anni, facoltativi, di super specializzazione attraverso master universitari. In questo modo non si avrebbero più camici grigi ma una formazione medica completa per entrare nel SSN. Questo richiede ovviamente una seria programmazione nei numeri dei posti e delle specialità”.

Liste d’attesa e mancanza di specialisti
“Attualmente gli specialisti ambulatoriali sono titolari di incarichi a tempo indeterminato che vanno dalle 5 alle 30 ore settimanali, con una media di 25 ore. Da subito si potrebbe pensare ad un incremento medio stimato intorno alle 7 ore settimanali che porterebbe l’attuale media oraria dalle 25 alle 32 ore settimanali. Le Regioni che si lamentano delle lunghe liste d’attesa e della mancanza di specialisti invece dei medici stranieri potrebbero proporre ai nostri colleghi che non hanno il massimale orario e che operano a tempo indeterminato, quindi già in servizio nelle loro Aziende Sanitarie, un incremento orario ai sensi dell’art. 20 comma 1 del vigente ACN. Chiediamo dunque alle Regioni di proporre la trasformazione immediata a tempo indeterminato per i contratti degli specialisti ambulatoriali che attualmente operano a tempo determinato nel SSN. In questo modo le regioni otterrebbero anche un notevole risparmio economico poiché il costo orario del tempo indeterminato è inferiore rispetto a quello del tempo determinato”.

“Alcune Regioni avrebbero potuto utilizzare, e possono farlo ancora, i colleghi specialisti in attesa in graduatoria invece di utilizzare i medici non ancora specialisti o chiamare gli stranieri non abilitati all’esercizio della professione in Italia o peggio i “gettonisti”. A proposito di questi ultimi, basta con i contratti di lavoro intermediato dalle cooperative dei cosiddetti “gettonisti” con costi orari notevolmente più elevati (150 €. lordi ora dei gettonisti contro i 35,68 €. lordi degli specialisti SUMAI) provocando un evidente danno erariale. Questo probabilmente non risolverebbe totalmente alla mancanza d specialisti ma lo farebbe in buona parte destinando questi specialisti ambulatoriali alle nascenti case della comunità, agli ospedali di comunità e all’assistenza domiciliare”.

Retribuzioni
“È assolutamente necessario cercare risorse economiche per portare le retribuzioni dei medici e degli operatori sanitari ai livelli europei. In attesa di risorse aggiuntive si può pensare di applicare una momentanea defiscalizzazione dei compensi prevedendo una flat-tax del 24% forfettario per tutti i sanitari che operano nel pubblico sino a risorse sufficienti stanziate per le retribuzioni”.

Contenzioso medico legale
“Diminuire il contenzioso e le denunce contro medici ed operatori sanitari con risarcimenti oggi totalmente a carico del SSN La soluzione potrebbe essere quella di emanare norme che: scoraggino le denunce che non hanno motivo di essere portate avanti in quanto spesso temerarie”.

“A questo Governo – conclude Magi – chiediamo, di colmare il gap retributivo che ci differenzia dagli altri paesi europei, meno burocrazia, maggiore tutela e considerazione per i professionisti della salute che hanno dimostrato nel corso della Pandemia di sacrificare anche la loro vita per assistere e curare le persone. Chiediamo insomma al Governo di dare una svolta”. l medico e il pediatra di famiglia, più che una ‘libera scelta’, sono sempre più spesso una ‘scelta obbligata’ a causa della carenza di professionisti.

La desertificazione che interessava i pediatri, oggi si presenta anche per i medici di famiglia che vanno in pensione senza un ricambio proporzionato di giovani che li sostituiscano. Solo nel 35% delle volte un cittadino ha una situazione buona con una disponibilità di almeno 5/6 medici liberi tra cui scegliere nell’arco di un paio di km da casa. Particolarmente critica la situazione a Trento, Milano, Torino, Bologna e Cagliari dove solo 1 medico su 4 (nel migliore dei casi) ha disponibilità. Lo  evidenzia un'inchiesta di Altroconsumo - pubblicata sul sito dell’organizzazione dei consumatori - realizzata lo scorso giugno su 11 Regioni in cui si è provato a cambiare, online, il medico o il pediatra. Sono state considerate sia il capoluogo (a eccezione del Veneto, con Padova, e Roma, dove si è testata la Asl 1) sia un Comune più piccolo, per un totale di 22 città. Su 37 rilevazioni totali, solo in 13 casi (35%) c’era una scelta di medici adeguata (5-6) nel giro di 1-2 chilometri dal domicilio. Liguria e Lazio sono risultate le migliori regioni a livello di disponibilità. Sono invece 10 i casi critici e 14 gli insufficienti, tra cui spicca l’area del Trentino. Per cambiare il medico o il pediatra, Altroconsumo ha  visitato l’area del portale sanitario della Regione e verificato quanti professionisti fossero disponibili. La scelta dell’inchiesta online si è resa necessaria non solo "perché molti uffici hanno limitato gli accessi allo sportello - si legge nel sito - ma anche per avere un quadro completo dell’offerta nell’ambito cittadino (cosa che non si può sempre verificare accedendo allo sportello di una specifica Asl)”.

Emerge che è sempre disponibile l’indirizzo dello studio e l’orario di ricevimento, ma l’età del medico è indicata raramente (lo fanno solo Puglia, Emilia e Campania). Solo in Puglia, Sardegna e Veneto viene pubblicato il numero di pazienti di un medico. "Entrambe queste informazioni - scrive l’organizzazione - sono invece importanti sia per sapere se un medico è vicino alla pensione (diversi soci ci hanno scritto di aver scelto un medico che dopo pochi mesi ha lasciato il suo posto) sia per valutare l’impatto del numero dei pazienti sull’attività dello studio medico".

La sanità sta facendo importanti passi in avanti nella digitalizzazione dei servizi offerti ai cittadini, ma se per il medico sembrano non esserci grossi problemi, per il cambio del pediatra c’è ancora da lavorare. In Liguria, Toscana, Campania e Sardegna non è stato possibile fare la rilevazione sui pediatri perché il sistema non era presente o non funzionava oppure richiedeva supporti (lettore smart card) che non è stato possibile procurarsi. Per questo motivo sui pediatri ci sono i risultati in 18 città e non 22. A Firenze e a Camaiore non è stato possibile  usufruire del servizio ‘cambio medico online’ per il pediatra: entrando con lo Spid del genitore non compare infatti la possibilità di operare per conto del figlio. In Campania il servizio ha funzionato per Acerra, ma non per Napoli. Dopo vari tentativi e aver contattato sia il numero di assistenza Sinfonia (che ha risposto ‘il servizio non è disponibile’) sia il numero dello sportello Asl (che non si occupa della parte telematica), sono stati invitati a recarsi allo sportello. In Sardegna per il momento non è previsto il cambio del pediatra online.

La carenza di medici di base e di pediatri - spiega Altroconsumo - è da attribuire soprattutto al fatto che negli anni passati, i ministeri preposti non hanno formato un numero adeguato di medici che sopperisse ai tanti che uscivano dal Ssn per andare in pensione. Nel 2019 il ministero della Salute ha tentato di sbloccare il turnover, portando le assunzioni possibili a un +10% e aumentando il numero dei posti nelle scuole di specializzazione, ma gli effetti di questa svolta si vedranno tra qualche anno, ovvero il tempo necessario per la specializzazione di un medico. Nel breve periodo, per sopperire alla carenza, è stata data facoltà alle Regioni di affidare nelle aree disagiate a ogni medico di famiglia fino a un massimo di 1.800 assistiti (prima erano 1.500) e ai pediatri fino a un massimo di 1000 assistiti (prima erano 880).

Attualmente però- conclude l’organizzazione - il medico è  ‘vicino a casa’  solo se ci si accontenta di un dottore che riceve dall’altra parte della città, se ci si fa andare bene il fatto che sia avanti con l’età (e quindi probabilmente prossimo alla pensione), se ci si rassegna, in molte zone, a dividerlo con altri 1.799 pazienti allora, forse, un medico di famiglia lo si può trovare.

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