Un farmaco usato per curare l'osteoporosi, abbinato al blocco della produzione degli estrogeni, aumenta significativamente la sopravvivenza libera da malattia in donne in pre-menopausa, operate di carcinoma mammario
Si chiama Hoboe e ha visto la partecipazione di 1065 pazienti, quasi tutte al di sotto dei 50 anni, seguite presso 16 centri italiani, centri coordinati dalla Struttura Complessa di Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto dei tumori di Napoli, diretta da Franco Perrone, che quello studio, vari anni fa, lo ha promosso. E dopo otto anni l’ultimo aggiornamento di follow up, presentato due giorni fa a Roma al congresso Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), ha confermato la superiorità della terapia introdotta dagli oncologi del Pascale: il rischio di recidiva in donne in pre-menopausa, affette da carcinoma mammario operato, si riduce significativamente con la combinazione di due farmaci sperimentali (Letrozolo e acido zoledronico). Rispetto all’uso esclusivo del Tamoxifen, farmaco per decenni usato esclusivamente per ridurre il rischio della recidiva, dall’ultimo follow up è emerso, inoltre, che anche l’uso del solo Letrozolo è più efficace della terapia con Tamoxifen.
"Il trattamento adiuvante con l'acido zoledronico più la terapia ormonale con letrozolo e il solo uso di Letrozolo - spiega Adriano Gravina (nella foto), responsabile della Struttura semplice Sperimentazioni Cliniche di fase 1 - aumentano significativamente la sopravvivenza libera da malattia rispetto al Tamoxifene, finora usato, in donne che al momento della diagnosi hanno ancora una normale attività mestruale. E proprio la combinazione dei due farmaci o il solo uso del Letrozolo producono i risultati migliori in termini di efficacia. Questo aggiornamento, se da un lato mette un punto definitivo sulla superiorità degli inibitori degli enzimi che creano gli ormoni nel trattamento adiuvante delle donne affette da carcinoma mammario operato anche in pre-menopausa, apre dall’altro la discussione sulla necessità di introdurre in questa fase del trattamento anche i farmaci che proteggono le ossa, come l’acido Zoledronico".
Per il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi, si tratta "di una prova ulteriore di come l'Istituto sappia interpretare una posizione di leadership efficiente, coinvolgendo altre istituzioni regionali e nazionali nella miglior ricerca clinica. Modello che stiamo applicando nel coordinamento della Rete oncologica campana. La dimostrazione di come i ricercatori del Pascale abbiano saputo guardare lontano già molti anni fa, non avendo paura di affrontare sfide molto impegnative sul piano organizzativo".
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