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Accordo collettivo nazionale: medici di famiglia in regime di para subordinazione

Medicina Generale Redazione DottNet | 26/05/2022 19:34

Moratti: "Un certo numero di ore per poterli indirizzarli verso le case di comunità e gli ambiti carenti". Sulle case di comunità la Lombardia sta correndo

Medici di famiglia in regime di para subordinazione in base a  un testo che dovrà essere vincolante per il prossimo accordo collettivo nazionale.  L'accordo - come spiega Letizia Moratti, vice presidente Regione Lombardia nonché vicecoordinatrice della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni - dovrebbe prevedere la possibilità per le Regioni - sempre nel rispetto dello status di liberi professionisti dei medici di medicina generale - di avere, in un regime di para-subordinazione, "un certo numero di ore per poterli indirizzarli verso le case di comunità e gli ambiti carenti".

Per questo "sono in contatto quotidiano con il Governo - ha concluso - tutti stiamo sollecitando per avere leve che ci permettano di indirizzare i medici di medicina generale dove è necessario". Moratti  ha assicurato di essersi "adoperata con il governo, con gli ordini professionali e i sindacati più rappresentativi per arrivare a un documento condiviso. Sarò soddisfatta quando il governo lo approverà questo provvedimento così atteso dalle Regioni e dai Comuni".

La necessità di un contratto di questo tipo deriva anche dal fatto che, come spiega Letizia Moratti, "Sulle case di comunità stiamo correndo. Ne ho già inaugurate una trentina insieme a cinque ospedali di comunità in tutte le province lombarde". L'esponente regionale ha anche ribadito che il 40% delle case di comunità dovrà essere operativo entro quest'anno, un altro 30% l'anno prossimo e un altro 30% ancora nel 2024.  "Quando vado alle inaugurazioni - ha aggiunto - vedo grande entusiasmo rispetto a questo cambiamento". Perché "tutta la sanità territoriale è un cambio culturale. Attraverso le centrali operative territoriali - ha sottolineato - si fa orientamento verso le persone. Nelle case di comunità lavora un'equipe multidisciplinare che prende in carico la persona e non la malattia".  E poi "c'è l'integrazione con tutta l'assistenza sociale e una forte collaborazione con i sindaci, un altro cambio culturale". Per arrivare "anche attraverso la telemedicina che ci darà un grande aiuto - ha concluso - alle cure domiciliari: la casa come primo luogo di cura".

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