In seguito alla necessità di un impegno di assistenza che determina in maniera apprezzabile un peggioramento delle abitudini di vita di chi la presta
Anche i parenti dei pazienti danneggiati da un errore medico invalidante hanno il diritto al risarcimento del danno. Lo stabilisce una sentenza della Corte di cassazione (numero 28220/2019): dall'invalidità anche solo parzialmente invalidante del congiunto possono infatti derivare sia il dolore per la menomazione del proprio caro, sia la necessità di un impegno di assistenza che determina in maniera apprezzabile un peggioramento delle abitudini di vita di chi la presta.
In pratica, il familiare di un paziente danneggiato può subire sia una sofferenza soggettiva che un mutamento peggiorativo delle proprie abitudini, ovverosia due pregiudizi che, se seri e gravi, devono essere risarciti, a prescindere dal fatto che l'invalidità del congiunto sia parziale e dal fatto che i familiari sui quali grava l'onere di assistenza siano più di uno.
La prova del danno
In merito alla prova del danno non patrimoniale patito dai prossimi congiunti del paziente vittima di errore medico, la Corte di cassazione ha precisato che la stessa può essere desunta anche solo dalla gravità delle lesioni, purché l'esistenza di tale danno sia stata debitamente allegata nell'atto introduttivo del giudizio.
Per provare la sofferenza morale del familiare della persona lesa, poi, è possibile fare ricorso alla prova presuntiva che, come affermato dalla stessa Corte affidandosi a quanto già sancito nella precedente pronuncia numero 17058/2017, "deve essere cercata anche d'ufficio, se la parte abbia dedotto e provato i fatti noti dai quali il giudice, sulla base di un ragionamento logico-deduttivo, può trarre le conseguenze per risalire al fatto ignorato".
Il fatto
Nel caso di specie, il giudice del merito aveva considerato tout court irrilevante la prova orale senza verificare se da essa fosse possibile dedurre elementi idonei ad apprezzare l'esistenza e l'entità del sacrificio subito dai familiari del paziente. Inoltre, non aveva considerato in alcun modo la possibilità di apprezzare presuntivamente l'esistenza del danno patrimoniale che gli attori avevano allegato pacificamente.
Per la Cassazione, tale ragionamento deve ritenersi errato e la Corte d'appello dovrà tornare di nuovo sulla vicenda, considerando gli insegnamenti dei giudici di legittimità. Nella decisione in esame i giudici della Cassazione hanno sancito anche un altro principio: non solo i familiari hanno diritto al risarcimento, ma questo vige anche se il cambiamento dello stile di vita della vittima è invalidante solo parzialmente.
Ecco nel dettaglio la motivazione della sentenza:
"Anche un’invalidità parzialmente invalidante possa comportare, oltre al dolore per la menomazione del congiunto, anche la necessità di un impegno di assistenza a carico degli stretti congiunti." In altre parole, ogni volta che dall’errore medico-diagnostico deriva un danno che obbliga i congiunti della vittima a farsi carico di nuove spese e obblighi di assistenza (anche parziali e non eccessivi) si potrà agire per ottenere una somma a titolo di risarcimento dei danni.
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