La tecnica viene seguita principalmente per i tumori primitivi e secondari del fegato e del polmone
Il futuro della lotta al tumore passa anche attraverso la termoablazione: dal 2017 al 2024 l'aumento del ricorso a questa tecnica si stima arriverà al 10,2%. Si tratta di una tecnica che viene seguita principalmente per i tumori primitivi e secondari del fegato e del polmone, per i tumori primitivi del rene e per i tumori dell'osso. Si basa sullo sviluppo di calore all'interno di una lesione 'target', raggiungendo una temperatura superiore a 60 gradi. La crioablazione, invece, arriva a congelare il tumore. In entrambi i casi si causa la morte delle cellule cancerose.
"La termoablazione, a parte casi specifici come l'epatocarcinoma primario - dichiara il Bruno Vincenzi, professore associato di Oncologia presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma - non è sostitutiva, ma complementare alla chirurgia tradizionale e ai trattamenti medici, e ha indicazioni ben precise, come il volume, il numero e la localizzazione delle lesioni tumorali.
"La scelta della miglior opzione terapeutica per affrontare la malattia nel nostro Centro viene stabilita da un tumor board, costituito da un oncologo, un chirurgo, un radioterapista e un radiologo interventista, in funzione del tipo di tumore, della sua localizzazione ed estensione e delle condizioni generali di salute del paziente - spiega Rosario Francesco Grasso, responsabile della Unità operativa semplice di Radiologia Interventistica del Campus - L'obiettivo è quello di controllare la malattia e ridurre la sintomatologia associata". Tre sono le finalità che vengono seguite da queste pratiche: una, di tipo curativo, quando si elimina la lesione, l'altra, di tipo citoriduttivo, per ridurre le masse tumorali, e la terza, quella palliativa, per migliorare la qualità di vita del paziente.
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