Soldi, regalie e finte consulenze in cambio di acquisto presidi. I medici avevano anche quote nelle società produttrici
Non solo richieste, andate a buon fine, di acquisto di presidi sanitari da parte dei medici in cambio di soldi, regalie come inviti a congressi a Parigi o in Alto Adige, borse griffate o stage professionali per figli e parenti. Il sistema scoperto dalla nuova indagine della Procura di Milano che ha fatto finire in cella un imprenditore e ai domiciliari 4 primari e un direttore sanitario degli Istituti Ortopedici Galeazzi e Cto-Pini pare più raffinato.
Questa volta alcuni dei camici bianchi si sarebbero "imprenditorializzati": "in una situazione di conflitto di interessi" avrebbero brevettato quei prodotti poi venduti, grazie alla loro sponsorizzazione, da società di cui loro stessi avrebbero avuto, tramite le mogli, le quote.
L'indagine, coordinata dal procuratori aggiunti Letizia Mannella ed Eugenio Fusco e che ha visto il contributo di un esposto anonimo in cui si denunciavano 'clientelismo e regali', è nata da quella che un anno fa ha portato ad arrestare un altro primario dell'ospedale di Piazza Cardinal Ferrari, Norberto Confalonieri. Allora fu la stessa Paola Navone, in un'intervista a 'Porta a Porta', a dire "farò un piano anticorruzione". Eppure la dirigente, ex capo del Nucleo operativo di controllo della Asl di Milano e rimasta impigliata una decina di anni fa nel caso che riguardava la casa di cura San Carlo, ora si ritrova nei guai: avrebbe ricevuto da Brenicci la promessa di uno stage post universitario per la figlia in una delle sue società, un cesto di Natale 'gourmet' da 1.000 euro e il pagamento spese per congressi a Parigi e in una località in provincia di Bolzano per aver caldeggiato, in concorso con Calori, il primario descritto dal giudice come 'avido', un dispositivo per la diagnosi di infezioni osteoarticolari, il 'Micro DTTect', brevettato da Brenicci con i primari Drago e Romanò e poi venduto al Pini (e anche al Galeazzi) da una società riferibile ai tre.
Inoltre, per aumentare il bacino di utenza e potenziare l'uso del dispositivo al Cto-Pini, si sarebbe rivolta a Gustavo Cioppa, ex sottosegretario alla Presidenza presso la Giunta lombarda e ora indagato per favoreggiamento e abuso d'ufficio, affinché intercedesse in Regione per accreditare il reparto di Calori come punto di riferimento regionale per il trattamento delle infezioni articolari. Il primario avrebbe ricevuto compensi tra cui oltre 200 mila euro in consulenze e pure un prestito infruttifero di 30 mila euro per sostenere le spese del mutuo acceso per un mega appartamento in pieno centro. L'imprenditore con i tre reparti del Pini, compreso quello diretto da Bruno Marelli (seconda divisione di Ortopedia e Traumatologia) anche lui indagato, dal 2012 al 2017 ha incassato, per la vendita dei presidi sanitari, tra i quali anche un kit per la rigenerazione di tessuto osseo, circa 3,3 milioni di euro.
Alto anche il giro d'affari al Galeazzi, l'altro polo ortopedico di Milano che si è dichiarato estraneo alla vicenda. Vicenda nella quale i medici protagonisti, disposti a "svendere la pubblica funzione, per il proprio tornaconto personale, incrementando il proprio guadagno" a discapito dell'ente per cui lavorano e "spesso - annota il gip - anche in dispregio della salute dei pazienti", si sono arricchiti grazie a stecche, spesso mascherate da consulenze fantasma e quote in società inglesi, per parecchie migliaia di euro.
Le intercettazioni: un'infezione inventata pur di operare
Una "continua ricerca del guadagno" che non guardava in faccia nessuno, nemmeno un paziente che si era sentito dire che rischiava la "amputazione di un piede" a causa di un'infezione, in realtà inventata per giustificare la necessità di un'operazione. E' la "bramosia di denaro", la "cupidigia", per dirla con le parole del gip Teresa De Pascale, di Giorgio Maria Calori, responsabile dell'Unità di Chirurgia ortopedica riparativa del Cto-Pini e uno dei quattro primari arrestati nell'inchiesta milanese per tangenti nella sanità, che ha portato ai domiciliari anche la direttrice sanitaria dell'istituto ortopedico, Paola Navone, e in cella l' imprenditore Tommaso Brenicci.
Negli atti dell'inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Gdf e dai procuratori aggiunti Eugenio Fusco e Letizia Mannella, risalta in senso negativo la figura di Calori. Per il "forte legame affaristico" con Brenicci, alle cui società il primario avrebbe garantito, utilizzando i suoi dispositivi medicali, incassi per 874 mila euro, ottenendo in cambio 206 mila euro in consulenze ma anche il finanziamento di "interviste televisive" pagate dall'imprenditore ("Il Pini è l'ospedale più facile del mondo! (...) perché non ci sono gare, se sei amico di un chirurgo", diceva). Legame strettissimo che, come emerge dall'ordinanza, Calori avrebbe avuto anche con l'ex sottosegretario alla Presidenza della Regione Lombardia ed ex magistrato, Gustavo Cioppa, "sorta di referente e portavoce negli ambienti della Regione degli interessi di Calori".
Cioppa lo avrebbe messo subito "in guardia" quando nel febbraio 2017 al Pini arrivò un esposto anonimo sul "clientelismo" nell'ospedale. E' proprio Cioppa, indagato per favoreggiamento e abuso d'ufficio e intercettato, a descrivere la sete di denaro di Calori, che malgrado le consistenti "entrate" sembra "versare in difficoltà finanziarie" a causa del suo tenore di vita (aveva da poco acceso un mutuo da 1,35 milioni per una casa in centro a Milano) e che cerca quindi di "procacciarsi pazienti" ad ogni costo. Cioppa nel gennaio 2017 raccontava che il medico aveva fatto a una "vecchietta morta di fame" una "relazione di due pagine, le ha chiesto 1200 euro". E l'anziana allora gli avrebbe chiesto: "Posso pagare in due rate?". E Calori avrebbe risposto: "Allora la perizia la prossima volta gliela farò in due tempi".
L'ex sottosegretario commentava: "Come clinico numero uno (...) come umanità zero spaccato". Alla moglie a cui aveva portato a casa una borsa di Vuitton e che si lamentava per la spesa eccessiva, Calori rispondeva facendole capire che non l'aveva comprata, ma che era una delle regalie: "La Vuitton non ti piace? (...) Stefi è possibile che me lo regalino (...) e allora c.... non mi rompere i co.....!". Lo stesso Brenicci in un'altra intercettazione si lamentava perché il primario gli aveva chiesto "150mila euro in prestito (...) perché è un po' in difficoltà deve pagare il mutuo della casa, (...) gliene regalerò 20-30 dico (...) ha comprato sta casa da 330 metri ed ha speso 600 mila euro per metterla a posto (...)". E un altro primario del Pini arrestato, Carmine Cucciniello, metteva in luce, intercettato, l'approccio "interventista" di Calori.
Un paziente gli avrebbe raccontato che Calori gli prospettò la necessità di una "tac urgentissima" perché "'ho un'infezione gravissima (...) io gli ho spiegato (...) che ero lì perché non mi fa male il piede che mi ha operato Malerba mi fa male l'altro, lui ha detto non importa, casomai potevamo operare tutte e due". Fu un altro medico, poi, a smentire l'esistenza di quell'infezione. "E' una merda spaziale! Che io conosco da trent'anni! Prende le stecche su quello che fa un altro", chiosava Cucciniello parlando sempre del collega.
fonte: ansa
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