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Pinto: c'è un legame tra uranio e i tumori

Oncologia Redazione DottNet | 08/02/2018 14:02

Ma gli esperti sono divisi: Tirelli è di parere opposto

 "Esiste un potenziale legame tra uranio impoverito e tumori". E' la posizione sostenuta dal past president dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), Carmine Pinto, commentando la relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, che segnala "sconvolgenti criticità" nel settore della sicurezza e della salute sul lavoro dei militari. Ma sul tema gli esperti si dividono e secondo alcuni non sono presenti sufficienti evidenze scientifiche per poter sostenere un rapporto diretto tra esposizione alla sostanza e insorgenza di neoplasie.    "Potenzialmente l'esposizione continua ed a basse dosi all'uranio impoverito può essere cancerogena - afferma Pinto -.  Ed un tipo di esposizione continua ed a basse dosi è proprio quella che potrebbe essersi determinata a danno dei militari nelle missioni ed esercitazioni".

Numerosi, ricorda, "sono i casi di leucemie e linfomi non Hodgkin registrati tra militari che sono stati in missioni o in basi dove erano utilizzati proiettili ad uranio impoverito". Tali proiettili, chiarisce, "sprigionano particelle di uranio impoverito che si depositano nel suolo e nell'acqua. Se tali particelle radioattive vengono inalate o ingerite possono rappresentare un rischio cancerogeno, in presenza di un'esposizione continua ed a basse dosi". Il problema dunque, sottolinea l'esperto, "non è tanto rappresentato dall'utilizzo in sé di tali proiettili, quanto dall'esposizione prolungata dei militari nei luoghi contaminati".

Per questo, afferma, "sarebbe opportuno avere da parte delle autorità militari una registrazione precisa di tutti i casi di tumore verificatisi tra i militari esposti, in modo da poter rilevare se in tale fascia si determini una incidenza maggiore di neoplasie". Inoltre, "tali militari andrebbero seguiti comunque nel tempo. Infatti, l'eventuale insorgenza di neoplasie può essere molto lenta e la malattia può avere una latenza anche di oltre 15 anni".    Di parere opposto è Umberto Tirelli, direttore scientifico del Centro di riferimento oncologico di Aviano: "Non c'è alcuna evidenza scientifica del legame tra uranio impoverito e tumori e la maggiore incidenza di alcune malattie nei militari potrebbe essere dovuta ad altri fattori di rischio. In Croazia durante guerra in Kosovo c'era un registro dei tumori pediatrici, e non ha registrato differenze anche nelle zone bombardate - afferma l'oncologo, che è stato fra gli esperti sentiti dalla commissione sull'uranio del 2005 -. E così nei militari Usa in Iraq".

"Non ho mai detto che l'uranio impoverito è responsabile dei tumori riscontrati nei soldati. Le mie affermazioni sono state travisate", è invece la posizione espressa da Giorgio Trenta, dell'Associazione italiana di radioprotezione medica, commentando le conclusioni della Commissione Parlamentare sull'uranio impoverito, che invece citano proprio la sua relazione per affermare che c'è un legame tra uranio e malattie.    Un legame negato, negli anni scorsi, anche dall'Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui non esistono prove scientifiche che possano collegare i casi di decessi fra militari all'uranio impoverito. 

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