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Ex specializzandi: rimborsati anche se i corsi non sono completati

Professione Redazione DottNet | 07/02/2018 19:13

Dopo la sentenza Ue i rimborsi saranno maggiori. La nuova sentenza della Corte di Appello di Roma specifica che il «fatto è additabile allo Stato che non ha assicurato lo svolgimento del corso secondo le modalità previste dalle direttive europee»

«Gli specializzandi hanno diritto al rimborso anche se la frequenza del corso è incompleta». Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Roma che con la sentenza n. 391 del 19 gennaio 2018, condannando la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare oltre 8 milioni di euro ai 251 medici tutelati da Consulcesi. La vertenza risale al periodo compreso tra il 1978 ed il 2006 con la violazione delle direttive Ue in materia (75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE) e la conseguente mancata (o solo parziale) attribuzione delle borse di studio a chi frequentava la scuola post laurea di Medicina.

«La frequenza in concreto di un corso di specializzazione con modalità non riconducibili a quelle del tempo pieno, né a quelle del tempo ridotto, - si legge in un significativo passaggio della recente sentenza - non può assumere il valore di fatto impeditivo dell’insorgenza del diritto poiché la scelta dipende da un fatto addebitabile allo Stato che non ha assicurato lo svolgimento del corso secondo le modalità previste a tempo pieno o a tempo parziale».

Il 2018 si apre, dunque, con l’ennesima vittoria in Tribunale degli ex specializzandi confermando l’escalation di sentenze positive degli ultimi mesi: la Corte d’Appello di Roma (sentenze n. 6009/17 e n. 4898/17) e la Corte di Appello di Messina (n. 907) avevano condannato lo Stato a sborsare altri 20 milioni di euro. E ancora più di recente sul tema si è espressa anche la Corte di Giustizia Europea, segnando una svolta storica nella giurisprudenza del lungo contenzioso. Per gli effetti della sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16), infatti, le somme che i tribunali e le Corti dovranno d’ora in poi riconoscere ai medici potrebbero essere triplicate, anche in virtù degli interessi e della rivalutazione monetaria; inoltre, lo Stato dovrà affrontare anche un’altra partita legale con chi si è visto negare il diritto al rimborso per essersi iscritto alla specializzazione prima del 1983 e con tutti coloro che vedono riaprirsi i termini di prescrizione. 

Quello che si profila, quindi, è un ulteriore allargamento nella voragine dei conti pubblici italiani: anche i medici potranno rivolgersi ai Tribunali di tutta Italia per ottenere l’adeguamento di quanto riconosciuto, costringendo lo Stato a dover sborsare un altro miliardo.

«La Corte Ue ha confermato quanto abbiamo sempre sostenuto, ora si apre una nuova giurisprudenza - il commento di Consulcesi - che i Tribunali italiani dovranno recepire in tutti i gradi giudizio. È uno stimolo ulteriore, per noi e per i nostri medici, a proseguire nella battaglia del riconoscimento del diritto negato. Questo vale sia per chi è in attesa di giudizio sia per quanti non hanno ancora avviato l’azione legale e possono invece intraprenderla per ottenere dallo Stato quanto negato durante la specializzazione

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