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Andrea Salonia: Cosa hanno in comune lo scrittore e medico

Urologia Redazione DottNet | 03/04/2018 16:41

Prof. Andrea Salonia
Università Vita-Salute San Raffaele (Mi)

Domani, chiameranno domani è Il romanzo di esordio di Andrea Salonia – Professore Associato di Urologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – edito da Mondadori Electa.

Il romanzo, ambientato in Puglia ai giorni nostri, narra la vicenda dell'ingegnere Augusto C. direttore della più grande acciaieria d'Italia, che, dopo aver subito il carcere, affronta la reclusione degli arresti domiciliari con la grave accusa di disastro ambientale.

D. Come nasce l'idea di scrivere un romanzo. E perché ha scelto di collocare il dramma di Augusto in un contesto di grande attualità?

R. L’idea di scrivere un romanzo nasce da una passione che ho fin da bambino, quella della lettura prima e della scrittura dopo; considerando il fatto che nelle parole – e tra le parole – ho sempre trovato una sorta di panacea a tanti mali, se non a tutti, almeno a molti. Ciò ha fatto sì che l'afflato alla lettura, al conoscere e al sentir raccontare storie, si traducesse nella necessità di scrivere storie in prima persona. Per questo ho deciso di narrare la vicenda di Augusto, ex direttore dell'acciaieria più grande d'Italia. Non tanto per descrivere la vicenda dell'ILVA, alla quale il mio romanzo si ispira senza mai nominarla; quanto perché la vicenda di Augusto è la vicenda di chiunque si trovi in una condizione di sospensione, di solitudine, di asciuttissima attesa. Una condizione che ritengo quella di ciascun individuo posto di fronte a un’accusa, in questo caso infamante, ma che è potenzialmente un’accusa legata alla vita stessa e, quindi, non è solamente la vicenda di Augusto ex-direttore, ma è la vicenda di ciascun uomo che di fronte a una situazione perigliosa si ritrovi ad affrontare i propri demoni e, in seguito, a rapportarsi con ciò che lo circonda.

 D. Leggendo il libro, il fatto di cronaca rimane sullo sfondo, mentre emerge sempre con maggiore chiarezza l’anelito universalistico, che descrive con umanissima efficacia la condizione dell'attesa, richiamando alla memoria del lettore echi di Aspettando Godot di Beckett o – forse meglio – Nessuno scrive al Colonello di Marquez. Quali sono i modelli a cui si è ispirato e a cui sente di essersi avvicinato?

R. Nel tracciare la storia ho cercato di astrarre e di allontanarmi dal contesto regionalistico, al quale il romanzo fa pure riferimento, portando la storia in una posizione molto più universale, dove la condizione di attesa forzata, alla quale Augusto è obbligato, diventa essa stessa pena ed espiazione di una colpa.

Ritengo che Domani, chiameranno domani sia un romanzo molto originale, nella modalità espressiva e nel contenuto, anche se sento delle affinità con i modelli citati. Tuttavia, soprattutto rispetto ai personaggi di Aspettando Godot, il mio Augusto non è passivo. I personaggi del dramma di Beckett, in sostanza, sono seduti su una panchina e aspettano gli eventi, mentre Augusto proprio per riempire il tempo e lo spazio deve trovare elementi di attività, fin elementi di tipo pratico.

Ci sono, però, anche modelli ai quali indirettamente mi sono ispirato, da Dostoevskij alla Virginia Woolf di Gita al faro, ma c'è anche qualcosa della sensazione di attesa del Deserto dei Tartari di Buzzati.

 D. Nella finzione l’attesa comporta la progressiva perdita dei sensi, quasi come se il corpo volesse allontanarsi dalla realtà per non sentirne il peso, quasi a voler sfuggire alla passività dell’attesa.

R. È molto interessante constatare come ciascun lettore abbia interpretato in modo diverso la perdita progressiva dei sensi di Augusto.

Augusto è fortemente uomo del Sud, benché il romanzo sia tutt'altro che regionalistico e io non sia pugliese. Il dato significativo, però, è che sia difficile pensare a una terra meravigliosa come la Puglia, senza immaginarsela con relativi colori, gli odori e i tanti sapori. Ecco perché l'idea della perdita dei sensi rappresenta una progressiva privazione della componente biologica del mio personaggio, che non si annichilisce, in quanto la sua capacità cogitante rimane completamente inalterata. Dall’altro lato, la perdita dei sensi può essere letta come una pena o anche come un’ulteriore prigione. Tuttavia Augusto è un personaggio resiliente, che, pur perdendo tutti i sensi, rimane una persona capace di vedere oltre; un oltre che sia un confine dal quale vedere, capace di non ridurlo a una sorta di corpo morto, ma al contrario lo rende un essere in movimento, che conserva una prospettiva spazio-temporale nella quale muoversi.

 D. Ritornando al piano strettamente letterario e alla collocazione della vicenda nell’attualità, oltre al tema del disastro ambientale, emerge anche quello della responsabilità. Da medico, in che modo le novità introdotte dalla legge Gelli-Bianco hanno modificato l'esercizio della professione medica?

R. Il concetto di responsabilità è estremamente importante nel mondo della medicina. In realtà, la nuova legge Gelli-Bianco non è altro che un corroborare quanto in teoria si sarebbe dovuto fare da sempre. A livello internazionale, infatti, già da tempo sono state adottate linee guida specifiche. Nel corso almeno degli ultimi due decenni, però, l’obbligatorietà degli atti medici ha reso la responsabilità del medico molto più chiara.

È pur vero che esiste il rischio che si arrivi a tradurre l'atto relativo al singolo malato in espressione di un atto più universale, ossia che vengano applicate pedissequamente le stesse regole a ogni singolo malato. Un altro rischio che vedo in una applicazione passiva di tale legge è quello di ricadere nuovamente in una medicina difensiva, cosa che comporterebbe il ricorso a numerose pratiche, laddove ne basterebbe una sola, ma ben fatta.

 D. Cosa hanno in comune lo scrittore e medico?

R. Non so bene che cosa abbiamo in comune, però non credo sia un caso che tanti medici siano diventati eccellenti scrittori. Ahimè, purtroppo non mi metto tra quelli, però ce ne sono tantissimi, dal Céline di Viaggio al termine della notte, al molto più attuale Andrea Vitali. Ebbene, cosa hanno in comune lo scrittore e il medico? Forse la capacità di osservazione che deve essere propria di ciascun medico e che non può non appartenere anche lo scrittore che osservi l'animo umano.

LIT.COM.02.2018.3343

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