Numerose pubblicazioni ed evidenze scientifiche scagionano i vaccini dal legame con l’autismo.
Nello spettro autistico rientrano disturbi del neuro sviluppo che compromettono aree sociali e della comunicazione. Il sospetto che un bambino possa essere affetto da un disturbo dello spettro autistico può avvenire già entro i primi 22-24 mesi di vita, tuttavia per un buon clinico è possibile porre sospetto diagnostico già intorno ai 18-20 mesi di vita. Sicuramente il ritardo nello sviluppo del linguaggio, associato a qualche comportamento troppo routinario che porta il bambino a passare in solitudine la maggior parte del tempo è uno dei primi campanelli di allarme.
Ad oggi, la causa dell'autismo è sconosciuta, tuttavia vi sono molte ipotesi che i ricercatori stanno cercando di analizzare. L’ipotesi genetica dell’autismo è una delle più accreditate anche se numerosi studi hanno fallito nel trovare una strada univoca per spiegare, almeno in parte, il funzionamento autistico. Un ruolo importante è stato dato ai fattori ambientali, che in soggetti predisposti, possono innescare il disturbo.
Negli ultimi anni, in ambito di vaccinazioni, sono stati diffusi messaggi allarmanti, sul rapporto tra vaccinazione e autismo, contribuendo alla formazione di veri e propri movimenti contrari alla somministrazione dei vaccini. La storia della correlazione autismo-vaccini è iniziata alla fine degli anni '90, quando il gastroenterologo inglese Andrew Wakefield, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet, uno studio che teorizza un nesso tra l'autismo nei bambini e il vaccino MPR (morbillo, parotite e rosolia). Dopo lo scalpore iniziale, vennero trovati errori nella ricerca di Wakefield, concludendo che non esistono prove scientifiche del nesso vaccini-autismo. L'Istituto di Medicina della National Academies (USA) e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) valutando una possibile correlazione tra 8 differenti vaccini, incluso l'MPR, ed una serie di eventi avversi, hanno respinto definitivamente l'ipotesi di un nesso con l'autismo.
Nel 2004, un’inchiesta giornalistica del Sunday Times ha rivelato interessi economici che coinvolgevano lo studio di Wakefield: oltre a difetti epidemiologici, conteneva falsificazioni dell'anamnesi dei pazienti, allo scopo di supportare le sue conclusioni.
Inoltre nel 2011, uno studio americano ha dimostrato che la vaccinazione anti-rosolia, somministrata nella formulazione trivalente MPR, ha ridotto (nel decennio 2001-2010) numerosi casi di disturbi dello spettro autistico associati alla sindrome da rosolia congenita.
Nel 2014 sono state avviate le indagini dopo le denunce di alcuni genitori che intendevano accertare la causa delle patologie dei figli, ma l'inchiesta aperta dalla Procura di Trani sulla correlazione tra vaccini pediatrici e autismo, è finita in archivio per mancanza di elementi su cui fondare alcuna ipotesi di reato. Le indagini hanno evidenziato che la somministrazione del vaccino non aumenta la possibilità di insorgenza di encefalite o encefalopatia rispetto a una possibile infezione naturale, anzi è stato stimato che il verificarsi della malattia sia mille volte inferiore dopo la vaccinazione rispetto all'evenienza di una infezione naturale.
Nel 2017, la Cassazione ha blocca il risarcimento chiesto dal padre di un minorenne autistico, convinto che la patologia fosse stata sviluppata dal figlio a seguito della vaccinazione antipolio. Dunque, anche la Cassazione ha chiarito che non c'è alcuna correlazione tra i vaccini e l'autismo e nel 2017, il Ministero della Salute ha proposto12 vaccini obbligatori per l’accesso a scuola.
In conclusione, numerose pubblicazioni ed evidenze scientifiche scagionano i vaccini dal legame con l’autismo.
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