Per l'Ospedale Ferrara è senza effetto. Secondo la Fondazione riduce nuove placche
Concluso dopo 5 anni lo studio Brave Dreams sul trattamento della Ccsvi (Insufficienza venosa cronica cerebrospinale) nella Sclerosi multipla (SM), compiuto in sei centri italiani su 207 pazienti, l'intervento di angioplastica venosa continua a dividere. "Non ha alcun effetto sulla disabilità rispetto ad un intervento simulato", afferma l'azienda ospedaliero - universitaria di Ferrara che ha promosso lo studio - e ne ha diffuso alcuni risultati -, pubblicato dalla rivista statunitense Jama Neurology e presentato dal primo autore, il prof.Paolo Zamboni dell'Università di Ferrara, al Veith Symposium di New York.
Secondo l'ospedale di Ferrara, inoltre, "non sono state osservate differenze fra i due gruppi a confronto nell'accumulo di nuove lesioni combinate visualizzate alla risonanza magnetica a distanza di 12 mesi dal trattamento".
Ospedale e fondazione sono però d'accordo sul fatto che l'intervento di angioplastica è comunque sicuro. Continua dunque la controversia tra favorevoli e contrari al trattamento della Ccsvi nella Sclerosi che ha contraddistinto le teorie innovative di Zamboni fin dall'inizio, spingendo la Regione Emilia-Romagna a finanziare, con quasi tre milioni di euro nel 2011, questo studio sulla "Efficacia e sicurezza della angioplastica venosa nella Sclerosi multipla", al quale originariamente avevano aderito 19 centri, ipotizzando circa 700 pazienti. La sperimentazione è poi partita nell'agosto 2012 e, nonostante la riduzione a sei centri e 207 pazienti, Brave Dreams è il più consistente fra gli studi clinici controllati pubblicati.
Un gruppo è stato sottoposto ad angioplastica con pallone dilatatore (Pta) nelle principali vene extracraniche, dall'ipotesi del professor Zamboni nello studio della Ccsvi; l'altro gruppo no, simulando in questi pazienti gli effetti di una angioplastica. I ricercatori hanno lavorato "in cieco". Secondo l'ospedale di Ferrara, "l'angioplastica non ha avuto alcuna efficacia nel modificare il naturale decorso clinico della malattia, né l'accumulo di nuove lesioni cerebrali": il trattamento "non è indicato, neanche in portatori di Ccsvi. L'andamento però delle lesioni positive al gadolinio a 12 mesi, tra coloro che hanno effettuato l'angioplastica, pur non statisticamente significativo, supporta l'idea che siano necessari ulteriori studi".
Per la Fondazione, invece, "la discrepanza tra i buoni risultati di RM e quelli clinico funzionali è tipico degli studi SM". Inoltre, "la principale conclusione dello studio è che il trattamento di angioplastica non può essere eseguito indiscriminatamente su tutti i pazienti affetti da sclerosi multipla, anche quando affetti da Ccsvi, ma solamente in casi selezionati". "Da tempo sappiamo - spiega lo stesso professor Zamboni - che l'angioplastica con pallone è una procedura di chirurgia endovascolare che necessita di una selezione dei pazienti. Solo di recente sono usciti studi che chiariscono su quali tipologie di Ccsvi questa procedura ha probabilità di migliorare il flusso, ma questi criteri non erano conosciuti quando è iniziato Brave Dreams".
Polemiche, colpi e contraccolpi, durano da anni, con molti studi favorevoli all'angioplastica e altri contrari. Conferma così la posizione della Fism (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla), da sempre contraria all'angioplastica, il professor Mario Alberto Battaglia che ne è presidente: di Brave Dreams sottolinea infatti che "il trattamento con angioplastica non è indicato". Dell'associazione 'Ccsvi nella Sclerosi multipla', attiva nella sensibilizzazione verso le teorie del professor Zamboni, è stata presidente onorario Nicoletta Mantovani, vedova di Luciano Pavarotti, ammalata anche lei. Sono stimati oltre 60.000 malati di sclerosi multipla in Italia.
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