Cariotipo Citogenetico tradizionale e Cariotipo Molecolare con tecnica Array-CGH
Grazie ai recenti progressi della citogenetica molecolare, per verificare un Bi Test o un NIPT positivo o quando primariamente indicate, villocentesi ed amiocentesi possono essere eseguite anche con il cariotipo molecolare, che impiega una tecnica innovativa di biologia molecolare conosciuta come array-CGH [1,2] consentendo di esaminare i cromosomi in modo più approfondito ed accurato rispetto al cariotipo citogenetico tradizionale [3].
Oltre all’analisi numerica e strutturale della mappa cromosomica, con questa tecnica è possibile evidenziare riarrangiamenti cromosomici sbilanciati di dimensioni inferiori a quelli visibili con le tecniche di citogenetica convenzionale, identificando patologie derivanti da alterazioni cromosomiche submicroscopiche come microdelezioni e microduplicazioni [4].
(*) Il Progetto Genoma Umano (Human Genome Project) oltre a fornire una dettagliata mappa fisica del genoma umano ha permesso lo sviluppo delle moderne tecnologie di microarray mediante le quali è stato possibile identificare piccole delezioni o duplicazioni che portano ad un cambiamento del numero di copie di una specifica regione cromosomica. Queste varianti strutturali, dette copy numbers variants o CNVs, in alcune regioni del genoma non hanno alcuna conseguenza fenotipica, mentre in altre possono causare malattie genetiche. Si stima che circa il 12% del genoma sia coperto da CNVs e più del 41% di tutte le CNVs identificate si sovrappongano a geni noti. La presenza di un numero inaspettatamente grande di varianti strutturali, di dimensioni intermedie (1Kb-3Mb) anche nel genoma di individui sani, ha sottolineato che le CNVs costituiscono una grande fonte di variabilità fenotipica nell’uomo e quindi molto probabilmente contribuiscono in modo preponderante alla diversità umana: si stima che due genomi scelti casualmente differiscano almeno dell’1% e che la maggior parte di queste differenze siano dovute alle CNVs. Quando presenti in emizigosi in individui sani, questi sbilanciamenti sono considerati “benigni” e cioè che non hanno un grande effetto fenotipico sullo sviluppo umano. Le CNVs possono essere distinte in ereditarie o de novo a seconda che esse siano o meno state trasmesse da almeno uno dei genitori.
Con il cariotipo citogenetico tradizionale si analizza il numero dei cromosomi e la loro morfologia, parametri importanti per la diagnosi di trisomie, monosomie e traslocazioni. Le possibilità diagnostiche della citogenetica tradizionale sono, tuttavia, limitate dalla bassa risoluzione del microscopio potendo, con questa tecnica, indagare solo le anomalie strutturali più grandi di 10-15 Mb senza ottenere informazioni sui geni che sono contenuti all’interno dei cromosomi o sulle alterazioni cromosomiche come delezioni o duplicazioni, di piccole dimensioni. Nelle malattie caratterizzate da alterazioni geniche inferiori ai 10-15 Mb, che fenotipicamente si esprimono con disformismi e/o ritardo mentale, lo studio del cariotipo con con la tecnica citogenetica standard potrebbe dare esito negativo. Se pur rare, queste alterazioni sono tuttavia un numero elevatissimo e sono comunque causa di nascita di bambini affetti da patologie che potrebbero essere diagnosticate già in fase prenatale.
Per eseguire il cariotipo citogenetico, le cellule fetali estratte dai villi coriali o dal liquido amniotico tramite il prelievo eco-guidato devono essere messe in coltura per 15-20 giorni. Solo dopo che si sono formate colonie di cellule fetali si può procedere all’analisi al microscopio dei cromosomi in metafase. Per ovviare ai lunghi tempi di attesa, e solo per le aneuploidie cromosomiche più comuni (cromosomi 13, 18, 21, X e Y) è possibile ottenere una risposta rapida in 24/48 ore tramite la QF-PCR, una tecnica molecolare avanzata di amplificazione genica Quantitative Fluorescent - Polimerase Chain Reaction. Per quanto precisa, la QF-PCR fornisce risultati solo parziali che comunque necessitano di una conferma dal cariotipo.
Il rischio di mancanza di crescita della coltura, se pur non molto frequente (1/ 500 per cariotipo da liquido amniotico e 1/100 per cariotipo da villi) impone la ripetizione del prelievo, allungando ulteriormente tempi di attesa e ansia dei genitori. Altro limite della coltura di cellule fetali è dato dalla possibilità di trovare nel 2-3% artefatti "in vitro", riferibili a pseudomosaicismi o riscontrare anomalie di piccoli porzioni cromosomiche soprannumerarie o anomalie strutturali come inversioni o traslocazioni apparentemente bilanciate di cui non si conosce l'espressione fenotipica. In questi casi bisogna procedere con approfondimenti diagnostici di 2° livello eseguiti sui genitori per verificare se l’anomalia è stata ereditata. Nel caso in cui le mappe cromosomiche di entrambi i genitori sono negative, l’anomalia riscontrata potrebbe essere una mutazione "de novo" avvenuta nel feto per la quale, però, con la citogenetica tradizionale non si riesce a stabilire se vi sia stata perdita (delezione) o guadagno (duplicazione) di materiale genetico.
Nel cariotipo molecolare analizzato mediante tecnica array-CGH, le cellule non vengono messe in coltura. L’ array-CGH, essendo una tecnica molecolare non necessita di coltura cellulare per cui non è soggetta al rischio di mancata crescita e di possibile ripetizione del prelievo. Il risultato è pertanto garantito nel 100% dei casi ed in soli 2-3 giorni, a differenza dei 15-20 giorni necessari con la tecnica tradizionale. Il materiale prelevato dai villi viene prima lavato ed osservato al microscopio per separare il tessuto materno dal tessuto fetale, e successivamente sottoposto ad estrazione del DNA. Il liquido amniotico prelevato viene, invece, centrifugato per separare la parte liquida (che sarà utilizzata per dosare l’alfafetoproteina - AFP) dalla frazione corpuscolata, costituita dalle cellule fetali che sono in sospensione nel liquido amniotico. Anche gli amniociti sono sottoposti ad estrazione del DNA. La tecnica array-CGH si basa sulla comparazione quantitativa del DNA in esame o DNA TEST (estratto da cellule fetale in caso di diagnosi prenatale o dal prelievo ematico del paziente in caso di diagnodi postnatale) e del DNA genomico di riferimento proveniente da un soggetto sano (reference DNA). Per una maggiore accuratezza dell’interpretazione dei risultati, è necessario che l’utilizzo di questa tecnica sia condotta da laboratori di genetica molecolare altamente competenti. Attraverso un’accurata analisi bioinformatica, la tecnica Array-CGH riesce a definire con precisione sia la regione genomica alterata che i geni in essa contenuta, permettendo così di verificare la patogenicità dell’anomalia cromosomica riscontrata e valutarne le conseguenze cliniche. Oltre allo studio dell’assetto cromosomico fetale indaga anche un gruppo di 100 patologie causate da microdelezione o microduplicazione cromosomica non diversamente diagnosticabili che portano a ritardo mentale e malformazioni ed anche 150 geni descritti nel database OMIM (Online Mendelian Inheritance in Man) [7]. Poiché è facilmente automatizzabile risulta meno soggetta a rischio di errore. I suoi limiti nell’ambito della diagnosi prenatale sono dati dall’impossibilità di rilevare i riarrangiamenti cromosomici bilanciati non patologici e i mosaicismi con una linea cellulare inferiore al 10% [8].
L' analisi array-CGH può essere anche una tecnica di approfondimento diagnostico di 2^ livello [9] per integrare l’analisi citogenetica prenatale al fine di definire più accuratamente eventuali anomalie cromosomiche precedentemente identificate o per rivelare micro-riarrangiamenti non evidenziabili con l'indagine del cariotipo fetale. Infatti, l'integrazione dell'analisi citogenetica convenzionale con l'array-CGH incrementa notevolmente le possibilità di determinare le cause della patologia riscontrata nel feto ed eventualmente permette di definire più accuratamente il rischio di ricorrenza. Risulta di grande utilità ogni qualvolta si evidenziano, tramite ecografia, difetti dello sviluppo fetale verosimilmente riconducibili ad una patologia cromosomica, il cui cariotipo tradizionale è però risultato normale. Può inoltre essere utilizzata come analisi di approfondimento anche nei casi in cui attraverso l’analisi citogenetica prenatale sono state evidenziate anomalie cromosomiche (riarrangiamenti sbilanciati (*), riarrangiamenti apparentemente bilanciati de novo e cromosomi marcatori) e dopo aborti spontanei e terapeutici. Se coaiuvata dalla QF-PCR permette di determinare la stato di zigosità in gravidanze gemellari come pure la rapida identificazione di contaminazione materna che non è apprezzata dalla FISH e dal cariotipo tradizionale. L’array-CGH viene utilizzato anche per la diagnosi postnatale di bambini nati con anomalie associate a ritardo mentale [10].
(*) Per identificare con precisione uno sbilanciamento cromosomico, è necessaria la conferma tramite altre tecniche tipo l’Ibridazione in situ o la PCR quantitativa, nonché l’estensione delle indagini anche ai genitori. La tecnica FISH (Fluorescenze In Situ Hybridation) è una metodica citochimica per indiduare specifiche sequenze di DNA nei cromosomi. Il principio si basa sull’appaiamento tra una sonda marcata (frammento di DNA specifico per la regione di interesse contenente nucleotidi modificati) ed il DNA cromosomico del soggetto in studio, fissato su vetrino. Identifica marcatori cromosomici, visualizza traslocazioni bilanciate e non, duplicazioni e riarrangiamenti cromosomici. Un esempio di applicazione della metodica FISH nella diagnostica clinica è lo studio della Sindrome di DiGeorge, malattia congenita causata da una delezione submicroscopia del braccio lungo del cromosoma 22 (regione cromosomica 22q11.2) [11]. La prevalenza è di 1/2.000-1/4.000 nati vivi con diversi tipi di malformazioni: ipoplasia del timo e delle ghiandole paratiroidi, cardiopatia congenita e dimorfismi del viso caratteristici. Nella maggior parte dei casi non è trasmessa per via ereditaria ma de novo, mentre si rileva la trasmissione da un genitore portatore di delezione 22q11 solo nel ~7% dei casi. La gran parte degli individui affetti da tale sindrome se indagati con cariotipo citogenetico presenta assetto cromosomico normale. Se invece l’indagine viene condotta con le specifiche sequenze di DNA del cromosoma 22 tipiche della sindrome tramite tecnica FISH, vengono individuate delezioni cromosomiche nel 75% dei casi esaminati. La FISH, anche se ampiamente utilizzata, è limitata dall’essere una tecnica di “indagine mirata”. La sua applicazione consente solo di poter individuare mutazioni specifiche a livello di precisi loci cromosomici. In pratica, la FISH può essere usata solo quando si sa a priori cosa cercare. Con l’esame del cariotipo molecolare, invece, con un solo prelievo e in un’unica determinazione è possibile rilevare una vasta gamma di alterazioni anche in assenza di specifici sospetti clinici. La tecnica Array-CGH, tramite un accurata analisi citogenetica molecolare, permette di investigare, e quindi diagnosticare, anomalie cromosomiche dell’intero genoma, circa 100 patologie causate da microdelezione/microduplicazione e 150 geni descritti nel database OMIM. Autore: Fiammetta Trallo - Specialista in Ginecologia e Ostetricia
Bibliografia
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