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Dall'Espresso: Guerra agli zuccheri

Nutrizione Redazione DottNet | 09/01/2009 20:50

Milioni di dollari investiti, per trovare la pillola delle meraviglie, quella capace di aiutare i milioni di persone in sovrappeso nel mondo ricco a buttare giù i chili di troppo. Le aziende farmaceutiche lo sanno: chi la trova è il vero Paperone. Ma la pillola non c'è. Anzi, nel novembre scorso, nel giro di poche settimane, tre farmaci di belle speranze hanno fatto flop: il ribomanant di Sanofi-Aventis, ritirato dal mercato; il farmaco in fase avanzata di sperimentazione della Pfizer, accantonato; e lo sperimentale taranabant, ritirato da Merck. E gli esperti che si affannano nuovamente a dirci che l'unico modo per dimagrire è fare esercizio fisico e mangiare poco e bene.

 

Già, ma cosa? Possibile che non ci sia una buona notizia per chi ha chili di troppo? No, a ben guardare una buona notizia c'è, ed è quella che ormai ispira molti libri di diete proposte per il fai-da-te da guru e alimentaristi. La parola magica è: Gi, che sta per indice glicemico. E la ratio è semplice: per controllare il peso occorre scegliere oculatamente la qualità e la quantità di ciò che si mangia perché, più di qualunque altra cosa, incide non tanto il numero di calorie che ingeriamo quanto la composizione delle calorie medesime, e quella del cibo in generale. David Jenkins, direttore del Risk Factor Modification Centre del Saint Michael Hospital di Toronto, in Canada, è l'uomo che ha scoperto l'indice glicemico ed è convinto che uno dei metodi più efficaci per combattere il sovrappeso è quello che passa proprio per il coefficente Gi degli alimenti.

Di cosa si tratta?

In sintesi, l'indice glicemico rappresenta la capacità di un certo alimento di innalzare il livello di glucosio nel sangue, fenomeno dal quale dipende il buon funzionamento di tutto il metabolismo. E, spiega Jenkins: "Se un alimento ha un basso indice glicemico, la glicemia di chi se lo mangia si innalza in maniera graduale, dando modo all'organismo di metabolizzare lo zucchero e di assimilarlo in maniera corretta. Al contrario, se l'indice è alto il corpo e, in particolare, il pancreas, subisce una specie di frustata che lo porta a secernere grandi quantità di insulina in pochissimo tempo: un meccanismo che, alla lunga, può causare gravi squilibri fino alla resistenza allo stesso ormone, al diabete e all'obesità".

Detta così sembra facile: basta guardare l'indice glicemico di un alimento, e regolarsi di conseguenza. Gli esperti ribadiscono che una dieta fai da te è la via maestra per il saliscendi della bilancia e delle conseguenti frustrazioni che, in molti casi, portano dritto dritto al sovrappeso grave e all'obesità, e consigliano sempre e comunque di farsi guidare da un nutrizionista. Ma qualche idea per programmarsi una dieta Gi la danno: "Per quanto riguarda la scelta del tipo di alimento, forse non molti sanno, per esempio, che la farina integrale e quella bianca hanno lo stesso indice glicemico, e si può quindi scegliere in base al proprio gusto. Un alimento integrale dotato di un indice davvero basso è piuttosto il pane nero che si usa in Alto Adige, in Austria e in Germania, che contiene anche diversi semi", spiega Jenkins. Pane nero allora, e poi pasta: la migliore è quella italiana, fatta con il grano duro e cotta al dente, mentre il pane e la pizza hanno un indice più alto. E ancora più alto ce l'hanno le patate, che andrebbero mangiate solo bollite e condite con olio di oliva e aceto, un'aggiunta che tiene l'indice glicemico più basso, così come fanno alcune proteine del siero del latte quali quelle contenute nella ricotta.

Del resto, l'efficacia di un regime dietetico che ponga attenzione all'indice glicemico è stata ribadita di recente una revisione elaborata dagli esperti della Cochrane Collaboration dell'Università di Sidney, che da anni lavorano sull'argomento e che hanno elaborato tabelle sui valori medi di indici di moltissimi cibi (vedi tab di pag.137). Secondo quanto pubblicato, l'analisi di sei studi condotti in varie parti del mondo su un totale di 200 obesi dimostra che puntare anche sull'indice funziona, perché porta a una riduzione di peso che è mediamente superiore di un chilo rispetto ai regimi dietetici tradizionali. A patto, però, che non si tratti di regimi da integralisti.

Non a caso il controllo del Gi è, di fatto, ciò che propone uno dei regimi dietetici più amati negli Usa e molto diffuso anche in Italia: la dieta a Zona. Ma, come spesso accade in materia di diete, il passo da un codice alimentare ben organizzato come la Zona e le sue versione esasperate è breve. Ecco allora che, negli ultimi mesi, è passato di bocca in bocca una nuova moda alimentare , molto discussa e giudicata pericolosa dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica: il cosiddetto metodo Montignac, un sistema che propone di concentrarsi esclusivamente sull'indice glicemico, unico fattore in grado, come recita il best seller tradotto in tutto il mondo, di far 'Dimagrire per sempre mangiando normalmente'. Possibile? Bah. Analizziamo i dettagli: la dieta Montignac prevede una prima fase in cui sono concessi alimenti con indice glicemico da zero a 35, e poi un regime di mantenimento 'per tutta la vita' nel quale l'indice permesso va da zero a 50. così facendo, secondo Montignac, ci si può scordare di badare alle calorie, di fare esercizio fisico e bandire i grassi. E questo non piace per niente a nutrizionisti e cardiologi.

Il problema è che, secondo la maggioranza degli esperti, la dieta Montignac è pericolosa e conduce a stati carenziali anche gravi, illude e non serve a nulla. E basta dire che il regime permetterebbe assurdità quali, per esempio, nutrirsi esclusivamente di grassi come il burro o i formaggi francesi, dotati di bassissimo indice glicemico e obbligherebbe, nella fase di mantenimento, a rinunciare a oltre la metà dei cibi che contengono zuccheri, ma anche vitamine e altri nutrienti essenziali, cioè ad andare incontro a gravi squilibri.

Montignac esagera, dunque, perché è ovvio che non si vive di soli zuccheri lentamente assimilabili, come sono i fiocchi di cereali crudi, i semi e il muesli, il latte e il burro. Ma resta il fatto che tenere a bada il Gi è una via maestra per perdere peso e controllare le malattie. Come ribadisce Jenkins: "Tenere sotto controllo l'indice glicemico aiuta non solo a mantenere il peso, ma anche a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, di alcune forme di tumore, degli ictus. Quindi è davvero importante. Ma l'alimentazione umana non si può ridurre a questo". Aggiunge Andrea Poli, direttore della Nutrition Foundation of Italy: "Le diete come la Zona sono efficaci perché si basano su un aumento della quota di proteine, che saziano e hanno meno calorie di grassi e zuccheri, ma non possono andare bene per tutti: per esempio, in casi di deficit renali sono deleteree. Anche la dieta Montignac ha dei rischi e non si può considerare universale, perché per esempio, in obesi non resistenti all'insulina funziona molto meno. In più, una cosa è attribuire il corretto indice glicemico a un alimento, ma tutt'altro è definire quello complessivo di un pasto, che non è mai la sommatoria dei singoli, perché tutti i cibi si influenzano a vicenda. In definitiva, l'unica via per dimagrire restando in salute passa per un giusto equilibrio che tenga conto dell'indice glicemico ma anche dell'alimentazione nel suo complesso, e della situazione metabolica del singolo".

Oltre alla necessità di assumere tutti i tipi di alimenti, ricorda ancora l'esperto, un altro fattore rende complessa la ricerca del giusto indice glicemico: la sua variabilità, perché esso cambia in base a fattori quali la coltivazione, la conservazione e la cottura del cibo, e perché nessuna confezione dà lumi in merito.

In futuro, comunque, in soccorso potrebbero giungere le aziende alimentari, come spiega Poli: "Le conoscenze sul ruolo di questo parametro sono il risultato di un lavoro durato molti anni, e non hanno potuto contare su grandi numeri per la difficoltà tecnica di effettuare sperimentazioni di questo genere. Inoltre, per ora, non esistono norme che obblighino i produttori a indicare esplicitamente il il parametro sugli alimenti. Tutto ciò spiega perché, al di là dei risultati, l'indice glicemico non abbia ancora conquistato il posto che gli compete nella lotta all'obesità e alle altre malattie del benessere. Ma qualcosa sta cambiando, e iniziano a essere studiati alimenti modificati, arricchiti per esempio di fibre, che abbassano l'indice glicemico. È probabile che in un futuro non lontano ognuno possa scegliere anche questo tipo di cibo, oppure sapere in anticipo, leggendolo sull'etichetta, se l'alimento che sta comprando è o meno consigliabile da questo punto di vista".
 

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