C’è la farmacia rurale, che in media dispone di 48 metri quadri di superficie. C’è la farmacia con una spiccata vocazione sul parafarmaco (cosmetico, alimenti speciali e integratori), che invece arriva a 70 metri quadri. E c’è la farmacia nei centri commerciali, che di metri quadri ne misura in media 102.
dati arrivano dalle “clusterizzazioni” che hanno fatto da base al nuovo studio di settore per il comparto, in vigore dalla dichiarazione dei redditi 2013 e oggetto di un’approfondita analisi nel consueto incontro annuale con i consulenti fiscali della farmacia, organizzato l’altro ieri a Milano da Federfarma.
Nel nuovo studio, sigla WM04U, sono otto i cluster in cui gli esperti delle Finanze hanno suddiviso le imprese dalla croce verde per ricavarne una classificazione omogenea, sulla base delle rilevazioni condotte su un campione di oltre 14mila esercizi: la farmacia rurale, la farmacia con dispensario, la farmacia ubicata in centro commerciale, la farmacia forte nella cosmesi-alimentazione-integrazione, la farmacia a vocazione omeopatico-galenica, la farmacia notturna, la farmacia di grandi dimensioni e infine la farmacia urbana “media”.
Otto fotografie, otto profili contraddistinti da differenze anche profonde. E talvolta sorprendenti: si è spesso detto, per esempio, che la farmacia rurale è per definizione la più “eticodipendente”, ma alla prova dei fatti il farmaco con obbligo di ricetta pesa sui suoi utili per il 69%, un punto in meno della farmacia urbana “media”. Anche nella farmacia notturna l’etico sembra contare meno di quello che ci si aspetterebbe (il 65%, stesso valore della farmacia di grandi dimensioni) ma il cluster che dalle ricette prende la quota minore di ricavi è la farmacia omeopatico-galenica (il 54%: meno ancora della farmacia ubicata in centro commerciale, che fa il 59%). Le cose invece tornano nell’ordine che ci si attenderebbe quando il confronto si sposta sul numero degli addetti: tra i due e i tre per la rurale, cinque per la farmacia ben posizionata sul parafarmaco, sei per la farmacia notturna e per quella ubicata in centri commerciali, sette per la farmacia di grandi dimensioni.
Ma dall’indagine che ha preparato il nuovo studio di settore arrivano anche indicazioni preziose sullo stato di salute del canale. Che mostra sì segnali di sofferenza, ma in misura assai minore rispetto al comparto del commercio tradizionale. Sono meno di 300, infatti, le farmacie che evidenziano fondamentali economico-finanziari tali da poter essere considerate a un passo dal default. E disegnarne il ritratto non è difficile: l’inizio dell’attività è recente e il titolare ha acquistato la farmacia tra il 2006 e il 2008, quando i prezzi di mercato erano ancora alti; l’ammortamento dell’avviamento incide in maniera pesante sul totale degli ammortamenti (in media del 91%); i valori dei beni strumentali acquistati in locazione finanziaria risultano particolarmente gravosi; l’incidenza degli oneri passivi sul totale dei ricavi è di gran lunga superiore alla media, che si ferma all’1,4%.
Nella fotografia scattata dal presidente della Sose, tuttavia, ci sono ombre ma anche luci. Alcuni dati, per esempio, mostrano che un numero sempre maggiore di titolari cerca di reagire alla crisi approfittando degli strumenti che la legislazione d’impresa mette a loro disposizione: per cominciare, crescono nel tempo le farmacie gestite in forma societaria rispetto alle imprese individuali, circa mille unità in più tra il 2007 e il 2012. E si moltiplicano anche le esperienze dei contratti di rete: «E’ certamente un fenomeno da monitorare» è il parere finale di Brunello «perché si configura come un modello ideale per la farmacia in quanto assicura al singolo la dovuta autonomia ma consente la condivisione delle attività di promozione e sviluppo della farmacia, in piena flessibilità e con il sostegno dei contributi concessi a livello regionale».
Fonte: federfarma
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