La polemica “generico sì generico no” attira molti dei nostri iscritti che partecipano con commenti precisi e puntuali, spesso suffragati da esperienze personali. Sulla questione interviene adesso uno studio curato dall’Istituto Bruno Leoni che, in particolare, analizza la convenienza per la sanità pubblica di imporre il farmaco generico (clicca qui per scaricare il documento completo). La prima conclusione è che l’equivalente non comporta alcun risparmio per la spesa sanitaria mentre avvantaggerebbe una parte della filiera farmaceutica (quella dei generici) a svantaggio di un’altra, appunto.
Come i medici ben sanno, la nuova norma sulla prescrizione dei farmaci, difesa dal ministro Balduzzi, impone di indicare nelle ricette solo il principio attivo, incoraggiando così il ricorso ai medicinali generici (norma emendata dai senatori, a sua volta congelata dal Governo). l’Istituto Bruno Leoni nel suo nuovo Briefing Paper "La ricetta del ministero. Gli effetti collaterali delle nuova disciplina delle prescrizioni" curato da Serena Sileoni (Fellow dell'Istituto Bruno Leoni) precisa come la norma, benché contenuta in un provvedimento di spending review, “non comporta alcun risparmio per la spesa sanitaria. L'obiettivo pare quindi essere non legato a risparmi per le finanze pubbliche, bensì alla volontà di avvantaggiare una parte della filiera farmaceutica (i produttori di farmaci generici, per i quali la scadenza brevettuale è passata) a svantaggio di un'altra (i produttori di farmaci innovativi, che mantengono nel proprio portafogli prodotti che pure hanno superato i termini della tutela brevettuale)”. Secondo i responsabili dell’Istituto “Non si capisce perché il governo debba scegliere di avvantaggiare un comparto, i genericisti, anziché un altro, i produttori di farmaci branded, senza che ve ne sia un vantaggio diretto per il sistema sanitario nazionale. Questa non è politica sanitaria: è piuttosto politica industriale. E come tutte le politiche industriali, è pericolosa nel momento in cui sostituisce alla libertà di scelta il giudizio dei pubblici poteri". In conclusione, si propone di "approfondire l'analisi delle zone grigie degli studi di bioequivalenza, al fine di trovare metodi affidabili sotto il profilo dell'efficacia clinica della comparazione dei farmaci equivalenti con i farmaci originali; estendere la comparazione dell'equivalenza alle classi di farmaci equivalenti di un originale, tra di loro; modificare le liste di trasparenza, corredandole degli esiti degli studi di bioequivalenza, degli esiti di eventuali indagini successive all'Aic, della composizione degli eccipienti, del confronto dei generici tra loro; chiarire i profili di responsabilità dei medici rispetto alle problematiche nascenti dall'assunzione di farmaci generici, laddove sia stato prescritto il solo principio attivo".
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