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Una terapia combinata per il trattamento del polmone non a piccole cellule

Oncologia Redazione DottNet | 08/11/2011 12:45

Lo studio FLEX, un trial multicentrico di fase III, randomizzato e in aperto, ha dimostrato che l’aggiunta di cetuximab alla chemioterapia migliora in modo significativo la sopravvivenza globale rispetto alla sola chemio in alcuni pazienti con polmone non a piccole cellule (Nsclc). L’analisi pubblicata su Lancet Oncology ha evidenziato che il 31% dei pazienti testati presentavano questa iperespressione dell’EGFR che rapresenta il biomarker predittivo di una migliore sopravvivenza globale nel Nsclc avanzato.
 

Si è riscontrato che nei pazienti nei quali si osservava una sovra espressione dell’EGFR trattati con la combinazione biologico più chemio si raggiungeva una sopravvivenza globale mediana di 12 mesi contro 9,6 mesi nei pazienti sottoposti alla sola chemioterapia (hazard ratio, HR, 0,73; P = 0,011) senza un aumento significativo degli effetti collaterali.
La sopravvivenza a 12 mesi è stata invece del 50% nel gruppo sottoposto al trattamento combinato contro il 37% in quello che aveva fatto solo la chemio, mentre quella a 2 anni è stata rispettivamente del 24 e 15%. I dati necessitano di un’ulteriore validazione prospettica dei risultati per cui, le prospettive future già avviate prevedono uno studio prospettico di fase III (lo SWOG 0819) che sta appunto confrontando l’aggiunta di cetuximab alla chemioterapia con la sola chemio.


Lo studio FLEX aveva coinvolto 1.125 pazienti adulti naïve alla chemioterapia con Nsclc avanzato (stadio 3B o 4) esprimenti l’EGFR trattati con la chemioterapia più cetuximab o con la sola chemioterapia. I risultati hanno mostrato un miglioramento piccolo  ma significativo, della sopravvivenza globale mediana nei pazienti sottoposti al trattamento combinato (11,3 mesi contro 10,1; HR 0,87; P = 0,04). Tuttavia, la sopravvivenza libera da progressione mediana era risultata simile nei due gruppi (4,8 mesi).

Questo primo lavoro pubblicato nel 2009 e gli incoraggianti risultati ottenuti hanno spinto i ricercatori a cercare un biomarker che potesse identificare i pazienti in grado di rispondere meglio alla combinazione cetuximab più chemio, a tal proposito il ruolo chiave è determinato dall’iperespressione dell’EGFR.
Il biomarker è stato identificato durante la valutazione immunochimica dell’espressione di EGFR nel tumore di 1.121 dei 1.125 pazienti dello studio FLEX. I ricercatori hanno assegnato un punteggio immunoistochimico (lo score H) e hanno determinato un cutoff (200 o più su una scala da 0 a 300) per definire la sovraespresione dell’EGFR. La valutazione immunoistochimica è stata effettuata in modo prospettico, ma la determinazione del cutoff è stata fatta retrospettivamente, sulla base delle percentuali di risposta.


Bibliografia: R. Pirker, et al. EGFR expression as a predictor of survival for first-line chemotherapy plus cetuximab in patients with advanced non-small-cell lung cancer: analysis of data from the phase 3 FLEX study. The Lancet Oncology, Early Online Publication, 4 November 2011; doi:10.1016/S1470-2045(11)70318-7

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