Pronto soccorso, stress da sovraccarico per i medici di turno. Silveri (Gemelli): chiediamo il riconoscimento della mansione usurante

Il sovraccarico di lavoro, la pressione dei pazienti, la comunicazione con i loro familiari, la paura di commettere errori con il rischio di denunce, i turni di guardia pesanti sono causa di stress psico-fisico per medici e operatori sanitari dell’area di emergenza-urgenza che non ha equivalenti in nessun’altra categoria di lavoratori del comparto sanitario. Due termini anglosassoni descrivono il lavoro di questi operatori sanitari nel modo più sintetico ed efficace possibile: il multitasking nell’overcrowding. Il primo termine nel linguaggio dell’informatica descrive un sistema operativo che permette di eseguire più programmi contemporaneamente.
Trasferito nell’ambito dell’emergenza-urgenza significa che ogni operatore deve dedicarsi prioritariamente a chi è in pericolo di vita mentre ne soccorre contemporaneamente altri in un flusso ininterrotto che non diminuisce nel corso della giornata, rivalutando di continuo le condizioni cliniche di pazienti che possono divenire instabili malgrado le cure prestate. Overcrowding indica il sovraffollamento nelle sale d’attesa delle persone che aspettano di essere visitate. “E’ stato stimato che, nelle ore di punta, mentre un medico di reparto visita un paziente durante il giro visite, un medico di Pronto Soccorso ne ha già presi in consegna 7 e di questi ne tiene in trattamento la metà” – afferma il prof. Nicolò Gentiloni Silveri, direttore del Dipartimento di Emergenza e Accettazione del Policlinico Gemelli, che ogni anno accoglie in Pronto Soccorso circa 80.000 pazienti, più di 200 al giorno. Qual è la conseguenza di questo clima per chi lavora in Pronto Soccorso? I medici rischiano di “bruciarsi” e di contrarre quella che è chiamata “burnout”, una sindrome depressiva che produce un lento logoramento psicofisico dovuto alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato. “Ma soprattutto – continua Gentiloni Silveri – il burnout può generare disamore per un’attività che invece è di grande interesse e gratifica il medico che l’ha scelta, se svolta in condizioni di maggiore serenità”.
Per dare consistenza e fornire elementi certi di analisi su questo fenomeno, è stata promossa dall’Emergency Medicine and Care Academy (AcEMC) una indagine con lo scopo di analizzare le possibili forme di disagio e malessere psicologico derivante dall’attività professionale di medici e infermieri dei Pronto Soccorso italiani. I risultati dell’indagine saranno presentati a Roma, presso l’Aula Brasca del Policlinico “A. Gemelli” il 5 novembre 2011, ore 8.30-13.30, nel corso del convegno “Lo Stress lavoro – correlato degli Operatori Sanitari dell’Emergenza”, a margine del Congresso Nazionale Interdisciplinare “Buona pratica clinica e ricerca scientifica nell’urgenza emergenza”, che si terrà dal 2 al 4 novembre 2011 presso l’Aula Convegni del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) a Roma. Lo “stress lavoro – correlato”, con particolare riferimento alla normativa vigente e alle dimensioni psicosociali ed ergonomiche delle attività connesse all’urgenza, sarà il tema del Convegno presso il Gemelli. I lavori saranno introdotti da Andrea Cambieri, Direttore sanitario del Policlinico Gemelli, e da Fabrizio Celani, Direttore medico di Presidio del nosocomio della Cattolica.
Tra i relatori: Nicola Magnavita, ricercatore dell’Istituto di Medicina del lavoro della Cattolica, e Michele Presutti, docente di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni all’Università degli Studi di Torino. Alle ore 10.30 si svolgerà una tavola rotonda per commentare i risultati del questionario “fatica stress e disagio nel lavoro di emergenza-urgenza” cui interverranno tra gli altri Massimo Magnanti, Segretario nazionale SPES (Sindacato Professionisti Emergenza Sanitaria), Teresa Petrangolini, Segretario Generale di Cittadinanzattiva e Walter Ricciardi, Direttore dell’Istituto di Igiene della Cattolica di Roma. Alla tavola rotonda è prevista la presenza del sen. Ignazio Marino, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, e del sen. Michele Saccomanno, membro della Commissione Igiene e Sanità al Senato. “In sostanza – anticipa Gentiloni Silveri – si vuole che venga riconosciuta ai medici che lavorano in Pronto Soccorso la ‘mansione usurante’ non per il numero di notti lavorative (in media 52/54 anno mentre la legge ne prevede oltre 64), ma perché in condizioni di tempo ridotto al minimo per la necessità di occuparsi di tante persone contemporaneamente, il medico di Pronto Soccorso è sottoposto a un’usura che può costituire pericolo per sé e per le persone che deve soccorrere”. “L’indagine che abbiamo promosso tra i medici dell’area di emergenza-urgenza – spiega il prof. Ivo Casagranda, presidente AcEMC – ha rilevato quali sono, dal punto di vista dei professionisti che hanno risposto al questionario somministrata on line attraverso il sito dell’associazione (https://www.acemc.it/), le principali fonti di sofferenza e quali sono oggi gli strumenti utilizzati per fronteggiarla”. “Le domande, messe a punto da un gruppo di psicologi e psichiatri e somministrato a medici e infermieri di Pronto Soccorso – continua Casagranda -, avevano inoltre lo scopo di verificare se e in che misura il malessere e il disagio si possano anche esprimere in forme di danno psicopatologico e quali sono le principali sintomatologie psichiche o somatiche attraverso cui si manifesta”. “Ma, accanto ai problemi legati alla fatica e alle forme di disagio psicologico e fisico (ansia , stati depressivi e reattivi,disturbi del sonno e alimentari) – conclude Casagranda – dall’indagine è emersa anche una forte motivazione degli operatori sanitari dell’emergenza per quel tipo di lavoro (piacere del lavoro, dimensione di sfida e opportunità di crescita). Basti pensare che alla domanda “cambierebbe lavoro se ne avesse la possibilità?” otre il 52% dei medici ha risposto di no”.
Commenti