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Dal Corriere della Sera: Nella clinica di Toronto dove la speranza è in vendita

Oncologia Redazione DottNet | 05/10/2008 08:19

 La clinica — ma assomiglia più ad un elegante appartamento arredato con quadri astratti, fontane zen ed enormi poltrone in pelle — è al 4576 di Yonge Street, in una delle zone più esclusive di Toronto. Al 4? piano del modernissimo edificio tutto acciaio e cristalli, una coppia di giovani dottori di origine pachistana, Akbar Khan e la moglie Humaira, nell'aprile del 2006 ha inaugurato il primo centro anti-cancro privato del Canada.


Un anno dopo, il loro Medicor Cancer Centres è finito nella bufera come il primo ospedale al mondo ad offrire ai propri pazienti il dicloroacetato, o DCA. Cioè la controversa molecola a basso costo e non brevettata, conosciuta da almeno vent'anni ma che di recente ha mostrato un'azione anti-tumorale in provetta e su cavie, anche se servono anni per stabilire se può essere utile all'uomo.
Ciò non ha scoraggiato i due intraprendenti dottori, nessuno dei due oncologi (Akbar è un medico di medicina generale, Humaira un'epidemiologa). «Anche se non approvato per uso anti-tumorale, il farmaco è perfettamente legale per trattare l'acidosi lattica congenita — spiegano i due dottori — . Perciò noi lo vendiamo off label (fuori dalla prescrizione per la quale è registrato, ndr) e ciò in Canada è lecito».
La scelta, assicurano i Khan, «è ispirata alla scienza ». Ovvero all'ormai celebre studio pubblicato sulla rivista
Cancer Cell nel gennaio del 2007.

La ricerca guidata da Evangelos Michelakis dell'università dell'Alberta ad Edmonton avrebbe dimostrato la capacità del DCA di arrestare la proliferazione dei tumori del polmone, della mammella e del cervello sia su cellule coltivate in laboratorio sia in vivo (sull'animale), senza effetti collaterali sul tessuto sano. Quando, sulla scia dello studio, il titolare di un'impresa californiana di derattizzazione Jim Tassano cominciò a produrre il composto chimico e a venderlo sul suo sito web, Michelakis insorse. «Chi vende questi prodotti è alla stregua degli spacciatori », tuonò lo scienziato, che dopo aver ricevuto ingenti fondi dalle associazioni dei malati, si è impegnato ad «arrivare il prima possibile ai trial clinici».
Ma migliaia di malati disperati non vogliono aspettare. Ed è stato uno di loro a segnalare ai Khan il farmaco che nel frattempo andava a ruba sul sito di Tassano, poi oscurato dalle autorità Usa. «Benedetto sia quel paziente — spiegano i due medici — perché noi siamo l'alternativa scientifica al "fai da te" di Tassano.
Chi prende il DCA nella nostra clinica è seguito da un'equipe di medici, dietologi, fisioterapisti e massaggiatori ».
Tutti i pazienti sono tenuti a firmare un formulario di ben quattro pagine dove si assumono rischi e pericoli della cura. «Fino ad oggi abbiamo usato il DCA su 276 malati di cancro — spiega Humaira — il 67 per cento canadesi, il 17 per cento americani, il resto europei e russi. Gli italiani sono solo cinque perché il vostro Paese ha le legislazione farmaceutica più restrittive al mondo e non possiamo spedirlo per posta».
Anche se i Khan assicurano che il 60 per cento dei malati ha visto miglioramenti, il 10 per cento la scomparsa del tumore, quelli disposti a farsi intervistare sono ben pochi. Ross Little, una 55enne invalida canadese affetta da melanoma spiega che i suoi 5 tumori «sono diventati uno solo ». «L'unico inconveniente è il prezzo del DCA — si lamenta — 700 dollari canadesi (circa 500 euro) al mese». L'infermiera norvegese Tove Espeland ne spende addirittura 1.700 mensili (1.136 euro), «Però mi sento molto meglio e il mio tumore è in remissione ». Ma Ruzica Grgic, la terza paziente segnalata dal dottore Khan non può venire al telefono. «Mia madre purtroppo è in stato semicomatoso — spiega la figlia Maria — anche se il DCA le ha prolungato la vita, è troppo tardi per il suo glioblastoma».
«Il DCA può essere molto tossico a livello neurologico — punta il dito Tak Mak, ricercatore dell'università di Toronto — un problema esacerbato dalla chemioterapia». Le aspre critiche mosse dalla Canadian Cancer Society  e dalle autorità di vigilanza non toccano i due «pionieri». «È finita l'era del medico padreterno — avverte Akbar — Nell'era di Internet i pazienti sono informatissimi e comandano. E infatti sono stati loro a segnalarci altre 100 medicine anti-cancro sperimentali, anche se alla fine ne abbiamo messe in vendita solo altre cinque». 

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