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La medicina d’iniziativa, nuova frontiera del medico di medicina generale

Medicina Generale Silvio Campione | 07/03/2011 18:16

Medicina d’iniziativa: due parole per indicare una rivoluzione nell’assistenza medica che, con questo sistema, va verso i pazienti in modo attivo prima dell’evento acuto, proponendo il lavoro integrato di vari professionisti a partire dal medico di famiglia. D’altra parte l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle patologie croniche richiederà, da parte del Servizio Sanitario, un approccio sempre più programmato e coordinato. Normalmente la sanità pubblica interviene sulle malattie croniche - scompensi cardiaci, diabete, ipertensione, tanto per fare qualche esempio - solo nel momento in cui queste si acutizzano e la situazione diventa critica.

Con il meccanismo della sanità d'iniziativa invece, il sistema pubblico prende l'iniziativa di seguire il paziente anche nelle altre fasi della malattia. Il modello della medicina di iniziativa, o cronic care model, nasce negli Stati Uniti (ovviamente non riferito al pubblico come lo intendiamo noi) e nel 2004 è arrivato in Italia. E' però solo la Regione Toscana - dopo un periodo di verifica e non pochi ostacoli da parte dei medici di famiglia - che ha adottato, almeno per il momento, questo modello nel Piano Sanitario 2008-2010. Circa un terzo delle Società della Salute toscane ha censito i cittadini con malattie croniche e ricorda loro i piccoli passi di cura da fare per prevenire l'acuirsi della patologia. Un grosso passo avanti, dunque, rispetto alla  medicina di attesa, basata sull'evento che richiede l'intervento medico e che  rappresenta il riferimento base della formazione medica. Un modello che presto potrebbe lasciare spazio alla  medicina di iniziativa su tutto il territorio nazionale (ma dipende dalle singole regioni), che trae linfa dai dati epidemiologici e si estrinseca tramite un'offerta proattiva nei confronti della popolazione sanitaria. Certo occorrono sforzi sia da parte del medico che del paziente perché la medicina d'iniziativa richiede un impegno concettuale che porta verso  un atteggiamento lavorativo di gran lunga differente. Sacrificio, però, anche da parte del paziente, che viene assistito in un contesto multiprofessionale a schema rigido, nel quale il suo impegno nei confronti del suo stato di salute viene ad aumentare.

Nell'ambito delle patologie croniche la medicina d'iniziativa rappresenta un ottimo modello assistenziale sia in termini di gestione dei percorsi diagnostico-terapeutici sia nell'ottica della sostenibilità economica e sociale di queste malattie. Un passaggio che prevede necessariamente un investimento in termini culturali, organizzativi e strutturali che deve coinvolgere gli stakeholder agenti nel processo assistenziale. Ma perché la medicina d’iniziativa? Innanzitutto per adeguare la capacità di risposta del servizio sanitario alla sfida rappresentata dal progressivo invecchiamento della popolazione e dall’incremento delle patologie croniche negli adulti (oggi ne soffrono in media 6 adulti su 10). La sanità di iniziativa nel territorio affida alle “ cure primarie” e quindi insieme al medico di famiglia il compito di programmare e coordinare gli interventi a favore dei malati cronici. Vediamo i vantaggi: la sanità d’iniziativa consente d’intercettare i bisogni e va incontro ai cittadini più deboli. E’ un modo per rendere i  servizi sanitari  maggiormente attivi, capaci cioè di intervenire sempre più in fase preventiva e nei confronti delle persone che "meno sanno e meno possono".
E pone  particolare attenzione verso le fasce di popolazione che, per condizioni socio-sanitarie, livello di istruzione e/o scarsa conoscenza dei servizi, si trova ad accedere al Servizio Sanitario Regionale con minore intensità e tempestività, oppure vi accede attraverso la rete dell’emergenza urgenza, con minori possibilità di recupero. Per quanto riguarda l’applicazione pratica, sulla scia di quanto avviato dalla Regione Toscana, il modello di riferimento per l’attuazione della sanità d’iniziativa è costituito da una versione evoluta del Chronic Care Model (CCM - “modello di presa in carico del paziente cronico” ) che cala il singolo cittadino nella più ampia dimensione della comunità. Il modello si basa sull’interazione tra il paziente reso “esperto” da interventi di formazione e di addestramento ed il Team multi professionale composto da operatori socio sanitari, infermieri, Medici di Medicina Generale (MMG), medici del distretto e specialisti. Il medico di famiglia ha la responsabilità clinica per le attività del team stesso, in considerazione del rapporto di fiducia e del servizio di diagnosi, cura e relazione con il paziente, a cui si aggiungono diverse attività, come l’adozione di stili di vita più sani, la formazione del paziente  da parte del team, l’attuazione degli interventi assistenziali, l’uso di cartelle cliniche informatizzate e tutto ciò che può essere di supporto al malato.  Gli ambiti di intervento, secondo una pianificazione specifica, possono essere quindi: il domicilio del cittadino, le strutture ambulatoriali dei Medici di Medicina Generale o le strutture appositamente individuate dalla azienda sanitaria locale nei percorsi assistenziali. Questi ultimi rivestono particolare rilievo: Il team ha il compito di attuare, sotto la supervisione del medico di famiglia, gli interventi resi necessari dai bisogni della specifica patologia e dal livello di rischio, con modalità che garantiscano il coordinamento degli interventi e la continuità del percorso di salute del paziente tra territorio e ospedale. Il coordinamento e la continuità sono realizzati mediante l’applicazione di protocolli operativi per le diverse patologie croniche (percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali), condivisi a livello aziendale che possano valere come supporto decisionale e strumento per l’integrazione. Clicchi qui per partecipare al poll.

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