Nello studio CORONA (Controlled Rosuvastatin Multinational Trial in Heart Failure), è stata esaminata la relazione tra la claudicatio intermittens e gli esiti nei pazienti arruolati di età maggiore o uguale a 60 anni con insufficienza cardiaca a eziologia ischemica (classe NYHA II-IV, bassa frazione d’eiezione). La rosuvastatina non ha ridotto l’endpoint primario o la mortalità per qualsiasi causa. L’obiettivo dell’analisi dei dati dello studio CORONA è stato quello di determinare se la claudicatio intermittens fosse un predittore indipendente di outcome clinico.
Tra i 5.011 pazienti arruolati, il 12.7% presentava claudicatio intermittens al basale. I pazienti con claudicazione intermittente avevano una maggiore probabilità di essere di sesso maschile ( 83% vs 75% ), di essere fumatori correnti ( 19% vs 9% ), e di soffrire di diabete mellito (36% vs 29% ), rispetto a quelli senza questa patologia vascolare. Durante un periodo osservazionale di 33 mesi, 2.168 pazienti sono morti o sono stati ospedalizzati per scompenso cardiaco. I pazienti con claudicazione intermittente hanno presentato un maggior rischio di mortalità di mortalità per peggioramento dell’insufficienza cardiaca (HR=1.
Bbliografia:
InglisSC et al. Intermittent claudication as a predictor of outcome in patients with ischaemic systolic heart failure: analysis of the Controlled Rosuvastatin Multinational Trial in Heart Failure trial (CORONA). Eur J Heart Fail. 2010 Jul;12(7):698-705.
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