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Targit, radioterapia intraoperatoria mirata durante intervento seno efficace come tradizionale

Ginecologia | 25/06/2010 15:26

Sono stati resi noti alla conferenza annuale dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) di Chicago e anticipati online da 'Lancet' i risultati del primo studio internazionale sulla radioterapia intraoperatoria mirata (Targit), che ha mostrato la stessa efficacia di quella convenzionale nella riduzione della recidiva del tumore al seno, con il vantaggio di essere eseguita durante l'intervento chirurgico. Ciò significa cure molto più convenienti per le pazienti, oltre alla riduzione delle liste di attesa e a risparmi significativi per il sistema sanitario. Lo studio - evidenzia una nota - fornisce i primi dati mai pubblicati sulla radioterapia intraoperatoria confrontata con quella convenzionale; è stato avviato nel 2000 dallo University College of London (Gb) e nel corso del tempo hanno aderito 28 centri in nove Paesi diversi e tre continenti.

A essi, nel 2004, si è aggiunto il Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano (Pn), che è stato cronologicamente il quarto a unirsi all'indagine e il terzo per numero di pazienti arruolate (239 su un totale di 2.232) occupando quindi una posizione di spicco all'interno del gruppo. I ricercatori responsabili che hanno partecipato allo studio per l'Istituto tumori di Aviano, Samuele Massarut, chirurgo senologo e Mario Roncadin, radioterapista, spiegano che "lo studio è stato condotto su un campione di 2.232 donne selezionate secondo alcuni criteri, cioè età maggiore di 45 anni e tumori definibili a rischio medio-basso di recidiva e ha dimostrato che in questi casi la radioterapia intraoperatoria è altrettanto efficace rispetto a quella convenzionale". Come spiegano nella nota i ricercatori del Cro, "la radioterapia intraoperatoria utilizzata nel protocollo Targit consiste in un solo intervento in cui, una volta asportato il tumore, si inserisce nella cavità chirurgica un applicatore sferico avvolto da tessuto mammario. Questa sfera viene chiusa all'interno della quadrantectomia in modo che la dose radioterapica si posizioni solo sul letto tumorale, cioè negli stessi tessuti sui quali si verifica il 90% delle recidive di tumore dopo un intervento di asportazione.

In tal modo la dose radioterapica, seppur notevole, resta molto più localizzata. Ciò consente di evitare la radioterapia successiva all'intervento, risparmiando il tempo di attesa e le conseguenze fisiche e psicologiche che essa comporta". "Infatti - continuano Massarut e Roncadin - la dose radioterapica applicata è sì elevata nella sede mammaria ma, diversamente della radioterapia tradizionale, decade rapidamente fino quasi a scomparire a 5 cm dall'applicatore, evitando quindi di colpire gli organi limitrofi, come cuore, polmone ed esofago. E' quindi un trattamento più sicuro per gli organi interni e migliore anche dal punto di vista della tossicità e dell'impatto estetico, che non comporta conseguenze. Infine - concludono gli esperti - va ricordato che si è arrivati alla radioterapia intraoperatoria grazie all'integrazione delle figure del chirurgo e del radioterapista, che ora lavorano in team dalla selezione e valutazione dei casi al tavolo operatorio".

Fonte: AdnKronos

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