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Contro tumori faringe test “doppia terapia” alla Cattolica di Campobasso

Otorinolaringoiatria | 24/05/2010 13:13

Una doppia terapia, più aggressiva con la malattia ma non con i tessuti sani. E' il sistema sperimentato contro i tumori alla faringe localmente avanzati dalle Unità operative di radioterapia e terapie palliative dell'Università Cattolica di Campobasso e le Unità operative di otorinolaringoiatria e di oncologia della regione Molise, che hanno studiato gli effetti di un'aggressione più energica di questi tumori, senza per questo aumentare il rischio di danni ai tessuti circostanti. La ricerca è stata pubblicata sull''International Journal of Radiation Oncology, Biology, Physics', la rivista scientifica leader della radioterapia mondiale.
 

Il tumore preso di mira dai ricercatori interessa ogni anno circa mezzo milione di persone nel mondo e circa il 60% dei nuovi casi viene diagnosticato in fase localmente avanzata. La terapia standard, se viene escluso l'intervento chirurgico, prevede la radiochemioterapia ossia l'uso di radiazioni dirette contro il cancro e la chemioterapia con cisplatino, un farmaco capace di danneggiare il Dna delle cellule maligne. Ma quando si usano le radiazioni il rischio è quello di danneggiare anche i tessuti sani circostanti. E, nel caso di una zona delicata come testa-collo, risparmiare danni alle zone immediatamente vicine diventa una necessità assoluta.

Ecco perché alla Cattolica di Campobasso viene usata la radioterapia a intensità modulata (Imrt nella sigla inglese) che, attraverso una serie di fasci di radiazioni a intensità anche diversa tra loro, permette di concentrare l'attacco in un'area estremamente precisa, individuata precedentemente grazie alla Tac ed altri metodi di indagine. In questo modo è possibile aumentare la dose rivolta verso il tumore con maggiore sicurezza per i tessuti vicini. Il punto originale dello studio condotto a Campobasso è proprio la quantità di radiazioni sopportabile, dopo due cicli di chemioterapia cosiddetta di induzione.
"In termini pratici - dice Alessio Morganti, direttore dell'Unità di radioterapia - poter usare dosi maggiori significa ottenere effetti positivi dalla terapia e accorciare il tempo in cui i pazienti devono subirla. In questo modo si ha una diminuzione dello stress, sia per loro che per i familiari, con un complessivo miglioramento della qualità di vita". Ciò a cui ora i ricercatori puntano è l'identificazione di criteri utili per selezionare ancora meglio quei pazienti che possono beneficiare di un trattamento così complesso e articolato con minor rischio di sviluppare tossicità gravi. E una nuova possibilità terapeutica per queste malattie è rappresentata anche dalla tecnica Vmat. Con questo metodo, impiegato in Italia per la prima volta alla Cattolica di Campobasso, è possibile ottenere la stessa precisione di trattamento della tecnica Imrt, ma con una durata della singola applicazione molto inferiore.
La tecnica Vmat, alla Cattolica, è stata sistematicamente introdotta nelle scorse settimane nel trattamento di questi tumori, grazie al personale delle Unità operative di Fisica sanitaria e di Radioterapia.
Fonte: Adnkronos

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