La missione è testare prima di tutto la sicurezza di un vaccino che promette di prevenire o rallentare la progressione dell'Alzheimer. Un gruppo di ricercatori italiani ha inaugurato, un paio di giorni fa, la sperimentazione di fase 2 sulla cosiddetta immunizzazione attiva per la 'malattia della memoria'. I pazienti coinvolti sono 30 e sono stati reclutati in due centri di Roma, tra cui la Fondazione Santa Lucia che coordina lo studio per l'Italia, nel centro Dino Ferrari di Milano, e in altri tre centri che si trovano a Firenze, Genova e Brescia. Si tratta di under 85 con una forma lieve di Alzheimer, perché il farmaco deve essere somministrato a uno stadio molto precoce della malattia per ottenere risultati significativi. Ad annunciare oggi nel capoluogo lombardo l'avvio della sperimentazione sono il direttore del centro Dino Ferrari (Dipartimento di scienze neurologiche dell'università degli Studi di Milano), Nereo Bresolin, e il responsabile del centro Alzheimer, Elio Scarpini. L'obiettivo del vaccino è quello di 'armare' il sistema immunitario contro la proteina amiloide, responsabile della formazione delle placche nel cervello che portano alla morte dei neuroni. "Con il farmaco che stiamo usando la risposta dell'organismo sembra essere ben calibrata - spiega Scarpini - Non è la prima volta che si percorre questa via contro l'Alzheimer, ma in passato i test con un altro vaccino simile erano stati interrotti perché il sistema immunitario aveva reagito in maniera eccessiva, attivando sia i linfociti B sia i linfociti T. L'azione di questi ultimi ha causato delle meningiti, di cui una mortale. Questa volta i risultati sono incoraggianti. Stiamo testando la sicurezza, la tollerabilità e la risposta anticorpale verso la proteina beta amiloide, ma le indicazioni che ci arrivano da un precedente studio di fase 1, condotto su un numero ancora più ristretto di pazienti, sono favorevoli e ci suggeriscono che il vaccino sia ben tollerato". Il meccanismo è quello classico del vaccino: si inietta intramuscolo la proteina in versione patologica e si stimola la formazione di anticorpi specifici che si legano alla proteina amiloide e ne favoriscono l'eliminazione attraverso le cellule 'spazzine' del sistema immunitario presenti nel cervello. L'effetto dell'immunizzazione attiva dovrebbe dunque agire rimuovendo le placche 'senili' alla base dell'Alzheimer.
La sperimentazione si conduce a livello internazionale, coinvolgerà 120 pazienti in tutto (solo a Milano ne saranno trattati 5) e durerà 90 settimane, poco meno di due anni. La procedura è quella di somministrare fino a 7 iniezioni di 'CAD106 con adiuvante' nell'arco temporale coperto dallo studio e di monitorare i pazienti con prelievi del liquido cerebrospinale per verificare l'efficacia, e risonanza magnetica per valutare l'atrofia cerebrale e la risposta anticorpale verso la proteina amiloide. La sperimentazione sarà condotta come uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, contro placebo. Se i risultati saranno quelli sperati, prosegue Bresolin, "si procederà con uno studio allargato che coinvolgerà più pazienti", un numero superiore a 400. La strada è lunga, spiega, "ma non ci vorranno decenni".
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