"Abortire con la pillola Ru486 non è affatto indolore e semplice, sia dal punto di vista fisico che psicologico, come invece si potrebbe pensare. Paradossalmente per la donna è più complesso, pesante e coinvolgente che non abortire con un intervento chirurgico, dove si delega l'atto ad un medico". E' la testimonianza di Francesca (nome di fantasia, ndr) che racconta la sua esperienza, avvenuta alcuni anni fa a Parigi, dove la donna viveva, e dove ha avuto un aborto terapeutico perché la gestazione si era interrotta per cause naturali alla sesta settimana.
"Con la pillola dunque non si banalizza affatto l'aborto - sostiene Francesca - ma lo si vive, momento per momento, sul proprio corpo, con tempi più dilatati, e dunque in modo più consapevole e cosciente. Quando ho saputo dall'ecografista che la mia gravidanza si era interrotta - ricorda Francesca - mi sono rivolta al Pronto soccorso dove mi è stato chiesto se volevo abortire chirurgicamente o con la Ru486. In quel momento, in quella situazione, e con il dolore per la perdita del mio primo figlio - racconta - non ho avuto la forza di sottopormi ad un intervento invasivo. Ho scelto la pillola che mi hanno fornito in ospedale e che ho assunto a casa".
"E quei giorni, in cui sono rimasta a letto, non sono stati affatto leggeri: ho dovuto prendere antidolorifici per alleviare i sintomi fisici, ma soprattutto ho vissuto l'attesa dell'espulsione del feto con grande consapevolezza di quello che stava succedendo, non in maniera passiva come forse sarebbe successo con l'intervento chirurgico". "Con il senno di poi - aggiunge - se all'epoca mi avessero proposto l'aborto farmacologico restando in ospedale, come accade oggi in Italia, avrei sicuramente preferito il ricovero. Mi avrebbe fatto sentire più sicura e assistita rispetto all'assunzione a casa".
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