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Rischi per bebè da profumi e creme in gravidanza

Ginecologia Redazione DottNet | 18/09/2008 13:01

Bandire fragranze e creme per il corpo profumate durante la gravidanza. E' quanto suggerisce alle donne in dolce attesa uno studio dell'università di Edimburgo, secondo cui usarle tra l'ottava e la dodicesima settimana di gestazione farebbe aumentare, nel nascituro, il rischio di problemi di fertilità e di cancro ai testicoli una volta che diverrà adulto. Tutta colpa delle sostanze chimiche contenute nelle essenze racchiuse in boccette e barattoli di crema. I test sui topi hanno infatti mostrato che questi composti finirebbero per bloccare l'azione degli androgeni, che comprendono ormoni sessuali maschili come il testosterone. Se questi ormoni crollano, ha mostrato lo studio guidato da Richard Sharpe, gli animali vanno incontro a problemi di fertilità, soprattutto nella produzione di spermatozoi.
 

Sharpe assicura che le sostanze finite nel mirino possono far aumentare il rischio di sviluppare altri problemi riproduttivi da adulti, tra questi il cancro ai testicoli. Per questo lo studioso suggerisce alle donne che stanno programmando una gravidanza di rinunciare a effluvi e olezzi da spalmare o nebulizzare sulla propria pelle. "Ci sono molte sostanze nei profumi - spiega - che in elevate concentrazioni possono avere un potenziale effetto biologico. In gravidanza questi composti possono raggiungere il bebé attraverso il corpo della futura mamma. Se programmate una gravidanza - aggiunge in un'intervista alla Bbc rivolgendosi alle donne che sognano la cicogna - dovete essere pronte a cambiare il vostro stile di vita".

"Questo non significa che nelle vostre abitudini si nasconde qualcosa che può avere conseguenze terribili sul bambino, ma che mutando qualche consuetudine potremmo produrre un effetto positivo sul piccolo. Noi consigliamo di evitare alcuni cosmetici contenenti queste
sostanze", conclude Sharpe precisando tuttavia: "Non ci sono attualmente prove scientifiche che tali composti chimici producono danni nei piccoli, ma il nostro studio mostra che, quanto meno negli animali, questa è una possibilità".

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