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Operato con infarto in corso: muore. Il Pm chiede l’archiviazione, per il Gip il ricorso è ammissibile

Cardiologia | 02/02/2010 17:33

Sono venuta a conoscenza di questa storia che racconto: malgrado l'infarto, che non venne diagnosticato, fu sottoposto ad un intervento programmato di asportazione di un polipo gastrico e morì.

 E' la vicenda - fino ad oggi mai trattata dagli organi di informazione - di Dante Sciarretta, 70 anni, deceduto per la rottura del cuore il 14 agosto 2006, dopo l'intervento nel reparto di Chirurgia generale del Policlinico Sant'Orsola di Bologna. La figlia Debora e la moglie Silvana presentarono una denuncia contro ignoti dopo la morte del congiunto. L'inchiesta condotta dal Pm Massimiliano Serpi però è finita con una richiesta di archiviazione nei confronti dei quattro medici che erano stati indagati. I familiari e i legali che li assistono, avv. Cristina Gandolfo e Elena Menetti in qualità di avvocati del Tribunale per i Diritti del Malato-Cittadinanzattiva, però si sono opposti all'archiviazione e il Gip Bruno Giangiacomo ha valutato ammissibile l'opposizione e il 25 marzo ci sarà l'udienza per discuterla. Secondo gli avvocati dei familiari non fu diagnosticato l'infarto, non fu disposto il ricovero in terapia intensiva coronarica, il paziente non fu curato per l'infarto, fu mandato a casa in permesso di tre giorni, prima dell' intervento, e al rientro non fu sottoposto ad altri accertamenti, così fu operato per l'asportazione del polipo e morì subito dopo l'intervento. Sciarretta venne ricoverato il 10 agosto, e sottoposto a uno o due elettrocardiogrammi (il dubbio è per l'incerta datazione di uno degli Ecg), raggi, esami enzimatici, dai quali - secondo i consulenti delle persone offese - si sarebbero dovute evincere le caratteristiche tipiche dell'infarto (''sopraslivellamento, con sottoslivellamento speculare compatibile con evoluzione aneurismatica ischemica miocardia subacuta, ombra cardio vascolare con salienza ventricolare sinistra; pregressa necrosi a sede inferiore, troponina T elevata''). Venne chiesta una consulenza cardiologica ma il cardiologo, appunto, concluse che le condizioni cardiovascolari non presentavano controindicazioni per l'intervento.

Non venne cioè diagnosticato l'infarto. Vennero previsti prelievi da fare il pomeriggio e la sera, ma non vennero eseguiti perchè per l'indisponibilità della sala operatoria il paziente venne mandato a casa in permesso di tre giorni. Tornato in ospedale, il 14 fu operato allo stomaco e morì.
Il consulente cardiologo, interpellato dai familiari, sulla base della cartella clinica spiegò che ''l'exitus avvenuto immediatamente dopo l'intervento è stata la conseguenza della sottostima della gravità del caso'', e che ''risulta discutibile anche la gestione da parte del reparto chirurgico''. Il Pm indagò tre anestesisti (tra cui quello che dopo il decesso chiese lui stesso l'autopsia) e il cardiologo per omicidio colposo. Venne poi fatta una perizia medico legale con incidente probatorio: la conclusione fu che era insorto sì un infarto databile 10-15 giorni prima del decesso, ma che si presumeva che al momento del decesso fosse in fase di stabilizzazione, condizione che avrebbe consentito l'intervento. E in base alla perizia venne chiesta l'archiviazione. Poi c'è stata l'opposizione, supportata anche dalle repliche dei consulenti medico-legali delle persone offese. ''Si auspica che il Gip comprenda la necessità - hanno spiegato i legali di parte civile - quanto meno di approfondimenti del tutto assenti nel lavoro dei suoi periti, solo all'esito dei quali potrà serenamente valutare se concedere l'archiviazione o, al contrario, proporre o imporre l'imputazione''. Che cosa ne pensano i colleghi di questa storia? A chi darebero ragione?

Dott. Alessandra pellegrino, cardiologo
 

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