Una ricerca statunitense, pubblicata sulla rivista “Aging Cell”, ha studiato l’intervento di isterectomia per patologia benigna, al fine di investigare l’esistenza di un legame tra il mantenimento delle ovaie ed una maggiore longevità. Secondo quanto emerso, l’impatto della rimozione delle ovaie prima dei 50 anni d’età, con l'intento di proteggere dal cancro dell'utero, dell'ovaio e del seno, si è manifestato con un aumento della mortalità per altre cause e quindi con una minore longevità. A supportare questa relazione i risultati di uno studio su altri mammiferi.
La rimozione delle ovaie avviene nella maggioranza dei casi a causa di patologie; in genere a seguito di una malattia uterina benigna. Ma anche per prevenirle, come nel caso del cancro ovarico. Oggi però, anche se in alcuni casi viene eseguita come procedura operativa standard, un nuovo studio mette in discussione la validità di questo tipo d'intervento quando non sia strettamente necessario. Secondo lo studio, infatti, l'isterectomia potrebbe ridurre l'aspettativa di vita.
Il dr. David J. Waters, direttore esecutivo del Gerald P. Murphy Cancer Foundation di West Lafayette (Indiana) ha condotto uno studio che ha coinvolto 29.000 donne che avevano subito un intervento di isterectomia per patologia benigna per cercare un legame tra il mantenimento delle ovaie e il raggiungimento di una maggiore longevità.
Dai dati raccolti è emerso che rimuovendo le ovaie con l'intento di proteggere dal cancro dell'utero, dell'ovaio e del seno ha, per contro, avuto un impatto di compensazione che si è manifestato con un aumento della mortalità per altre cause.
Il risultato è stato che nelle donne che hanno subito la rimozione delle ovaie prima dei 50 anni d'età si è avuta una riduzione della longevità, al contrario di quelle che avevano conservato le ovaie per almeno 50 anni.
Fonte: "Aging Cell"
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