La quarta ed ultima giornata del 110° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna, ha acceso i riflettori su di un particolare tipo di terapia non farmacologica, che ha fatto molto discutere e che sempre più, nel parere dei medici, sta guadagnando una patente di validità scientificità: la musicoterapia.
Nella sessione “Depressione e Comorbilità”, realizzata grazie all’attiva collaborazione tra la SIMI, la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria e la Società Italiana di Neuropsicologia è stata presentata una fotografia dello stato di salute psichico degli ultra sessantacinquenni che ha evidenziato una situazione non buona. Una delle possibili soluzioni, secondo gli esperti, è quella di favorire l’ascolto di alcuni tipi di musica che hanno una funzione essenziale nella riabilitazione delle forme gravi di depressione dell’anziano.
Alcuni dati. Circa il 30% di tutti gli ultra sessantacinquenni ha conosciuto almeno una volta il buio della depressione, mentre oltre il 10% è classificato come depresso grave. Il 15% degli anziani ha avuto disturbi del comportamento. Oltre i 75 anni il 30% delle persone soffre di Alzheimer o forme correlate di deficit cognitivi più o meno gravi e soffre di Alzheimer.
“Il momento critico nella vita di un anziano – ha affermato il Prof. Vincenzo Marigliano, Ordinario di Geriatria e Direttore del Dipartimento di Scienza dell’Invecchiamento all’Università La Sapienza di Roma – è la perdita del ruolo sociale ed è li che la musicoterapia può intervenire prima che si inneschi una spirale che inizia con la depressione e finisce per cadere nelle varie forme di demenze senili. In queste persone la musicoterapia può essere determinante, a volte di più e più a lungo delle pillole.”
Il gruppo del Prof. Marigliano ha analizzato, tramite uno studio prospettico di un anno (2008/2009) circa 100 pazienti sopra i 65 anni colpiti da depressione grave.
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