La tecnica della rivascolarizzazione “ibrida” prevede l'utilizzo delle classiche tecniche di cardiochirurgia combinate alle tecniche percutanee (angioplastica). Il paziente viene trattato dalla stessa equipe su alcuni vasi con PTCA e su altri (chiaramente il discendente anteriore) con impianto di innesti arteriosi della mammaria interna.
Questo tipo di intervento ha guadagnato il favore di alcuni gruppi di cardiochirurghi che con mentalità aperta e grande esperienza possono trarre così il meglio di ogni tecnica di rivascolarizzazione per trattare pazienti sempre più complessi in maniera ottimale. La necessità di modificare la tecnica chirurgica nasce dalla considerazione che il classico “graft” venoso in safena ha una durata limitata e nel 30% è già occluso nel 1 anno dall'intervento. Tali risultati sono inferiori anche allo stent coronarico. Un' interessante lavoro è stato svolto dell'equipe di cardiochirurgia della Vanderbitt University del Tennessee che ha praticato oltre 360 interventi ibridi ed è stato pubblicato sulla rivista JACC.
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
Per colmare questo vuoto, è stato realizzato il Manifesto: “Rischio cardiovascolare residuo: analisi del contesto e delle opzioni terapeutiche, tra innovative strategie di prevenzione e sostenibilità di sistema”
Abbott annuncia la disponibilità in Italia di AVEIR™ DR, il primo sistema di pacemaker bicamerale senza fili al mondo per trattare le persone con un ritmo cardiaco anomalo o più lento del normale. Eseguiti già i primi impianti in Italia
Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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