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Medico 65enne vuole lasciare il lavoro per stanchezza: ecco come fare

Professione Redazione DottNet | 25/04/2025 15:26

Tutte le strade per lasciare l'occupazione prima del tempo

I turni ospedalieri, si sa, sono massacranti, ed alla fine della carriera, se non si sono raggiunti posti di vertice o si è pressati da esigenze familiari, lo stress la fa da padrone e la pensione appare un approdo sicuro cui tendere. Ma se il proprio percorso previdenziale non è stato ben pianificato (ad esempio non si è mai pensato a riscattare laurea e specializzazione), si arriva nei pressi dell’agognata età di 65 anni e ci si rende conto che il traguardo è spostato in avanti di almeno due anni (confidando che non vi siano ulteriori aumenti). E allora, se proprio non si riesce ad andare avanti, come ci segnala il nostro lettore, si può provare a raggiungere ugualmente il proprio scopo? Qualche sistema esiste e possiamo quindi immaginare alcune vie di fuga.

    • Una strada interessante si è aperta proprio recentemente ed è rappresentata dall’accoppiata cumulo contributivo/riscatto laurea sulla Quota A dell’Enpam. Un medico sessantacinquenne si è laureato probabilmente una quarantina di anni fa, quindi il riscatto all’Inps, ricadendo in ambito di calcolo retributivo, avrebbe un costo proibitivo.
Con il riscatto Enpam, invece, si possono calcolare gli anni e i mesi mancanti al raggiungimento del requisito minimo di anzianità (42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno di meno per le donne, più la finestra di uscita, attualmente di quattro mesi) e pagarsi solo il periodo mancante, a costo fisso, solo lievemente superiore a quello del riscatto agevolato Inps. Poi si può fare la domanda di cumulo presso Enpam ed Inps ed accedere alla pensione in breve tempo;
  • Un’altra possibilità è (se ce ne sono i presupposti) utilizzare i periodi di malattia retribuita per arrivare al traguardo dei 67 anni di età. Il periodo massimo di malattia retribuita dall’Inps è di 180 giorni per ciascun anno solare, e si applica in caso di degenza ospedaliera o di malattie particolarmente gravi, altrimenti di regola non si possono superare i 60 giorni.
Mettendo insieme la malattia e le ferie residue (di solito il medico a fine carriera ne ha parecchie, considerando le esigenze che ha dovuto sostenere), l’obiettivo si può raggiungere più agevolmente.
  • Se si è disabili o si assiste un familiare che lo è, è bene ricordare che si ha diritto a due anni di congedo retribuito nell’arco di tutta la carriera lavorativa, i quali si sommano ad eventuali periodi di congedo non retribuito per motivi familiari già fruiti. Durante tale periodo di congedo, si ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e si viene coperti da una contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di € 53.687,00 per il congedo di durata annuale, importo annualmente rivalutato. Con questi due anni, senza recarsi fisicamente al lavoro, si rimane comunque formalmente in servizio e si arriva alla pensione di vecchiaia, senza penalizzazioni.
  • Infine, per chi ha una tranquillità economica c’è il metodo empirico molto utilizzato di dare fondo alle ferie residue, e quindi dare le dimissioni. Si resta senza stipendio e senza pensione, è vero (anche se si potrebbe cercare un’attività, magari part-time, in ambito privato), mancheranno i contributi ospedalieri dell’ultimo periodo, ma se si hanno almeno 20 anni di anzianità contributiva, la pensione potrà essere regolarmente conseguita a 67 anni, ed una parte delle perdite dei mancati versamenti potrà essere compensata dal più generoso coefficiente di trasformazione del montante contributivo, legato all’età di pensionamento più elevata.

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