Secondo la Cassazione, la lesione psicologica cronica successiva a un intervento chirurgico mal riuscito, se accertata clinicamente, va ad aumentare la quota di danno biologico risarcibil: non scatta la personalizzazione consentita dal danno morale
La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 10787 del 22 aprile 2024 chiarisce che, in caso di una sofferenza soggettiva, arrecata da un determinato evento della vita, si degeneri, tanto da assumere una configurazione medicalmente accertabile, alla pari di una vera e propria lesione della propria integrità psicologica, non si parlerà di danno morale, ma di un vero e proprio danno biologico. Una sentenza rivoluzionaria in cui la Suprema Corte coglie l’occasione per chiarire in termini netti la propria posizione in ordine alla necessità di dover ben distinguere, nella liquidazione del danno non patrimoniale da lesione fisica, il danno morale dal danno psichico. E, soprattutto, di non confondere tali voci di danno con la cosiddetta personalizzazione del danno biologico, intesa come posta incrementale volta ad eventualmente maggiorare il risarcimento in presenza di conseguenze straordinarie arrecate dalla lesione ad un determinato danneggiato (in relazione ad alcune sue, del tutto peculiari e irripetibili, caratteristiche individuali).
FATTI DI CAUSA
1. - Bo.An. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna lo IOR-Istituti Ortopedico Rizzoli (di seguito anche soltanto: IOR), Bi.Gi. (medico chirurgo) e Mo.Mi. (medico anestesista) per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni patiti a seguito della lesione al nervo femorale e al tendine rotuleo destro, asseritamente ricondotto al negligente operato dei medici convenuti durante l'intervento di artroscopia al menisco destro svoltosi il 31 ottobre 2002.
1.1. - Il Tribunale adito, accolta la domanda, condannò, in solido, le parti convenute al pagamento, in favore dell'attrice, dell'importo di Euro 600.000,00, a titolo di danno non patrimoniale e delle somme di Euro 7.258,23 ed Euro 21.000,00 a titolo di danno patrimoniale, rispettivamente per le spese mediche sostenute e da sostenere in futuro.
2. - La Corte d'appello di Bologna, con sentenza resa pubblica il 26 maggio 2020, accoglieva parzialmente l'impugnazione principale dello IOR e rigettava quella incidentale proposta dalla Bo..
2.1. - In particolare, la Corte territoriale: A) sul gravame dello IOR: a.1) accertava la responsabilità del solo medico anestesista per la "lesione del nervo femorale parziale" in ragione della imperita manovra anestesiologica, conseguendone "paresi, ipotrofia e non funzionamento del muscolo quadricipite", con "una riduzione della mobilità dell'arto, con il 40% circa delle fibre motorie comunque ora attive"; a.2) escludeva la responsabilità del chirurgo per la "tendinosi" per la "introduzione del trocar, troppo mediale, invece che antero-laterale", avendo i CTU rilevato "la indimostrabilità più che probabilistica circa l'effettivo inserimento dello strumento causativo di danno, anche sulla base della evoluzione della vicenda clinica, dei dati strumentali e dei dati clinici"; a.3) rideterminava la somma dovuta a titolo di danno non patrimoniale, quantificata questa volta nell'importo complessivo di Euro 95.490,00, così composto: a.3.1) Euro 59.561,00, a titolo di danno biologico, sulla base della percentuale di invalidità pari al 18% (in adesione della seconda CTU istruita nel giudizio di primo grado) e non anche di quella maggiore ritenuta dal giudice di primo grado sulla scorta della percentuale del 60% di invalidità civile riconosciuta all'attrice in sede amministrativa; a.3.2) Euro 19.232,00, per ITT ed IP secondo le graduazioni e durate indicate dal CTU, essendosi la lesione stabilizzata "nell'arco di 18-20 mesi"; a.3.3) Euro 19.697,00, a titolo di "personalizzazione" quantificabile "al 25% del danno biologico come sopra determinato", da riconoscersi in ragione dello "stato psicopatologico" ("disturbo di adattamento con umore depresso di tipo cronico") "allegato e non contrastato", conseguente alle lesioni derivate dall'intervento chirurgico; a.4) confermava, quindi, la quantificazione del danno patrimoniale operata dal Tribunale; B) sull'appello incidentale della Bo.: b. 1) rigettava la censura sul mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, in quanto "sfornita di prova", non integrata da una consulenza di parte e dalla "valutazione della Commissione per l'handicap"; b. 1.1) l'attrice, che lavorava part-time al momento dell'intervento chirurgico, aveva poi rinunciato al posto di dirigente scolastico assegnatole presso il plesso di Forlì per "scelte di carattere strettamente personali" e non già per ragioni riconducibili, "neppure presuntivamente, alla sussistenza di una lesione del tendine di un ginocchio" e tanto era da ritenersi anche in relazione alla dedotta perdita di chances presso la Regione e per "ulteriori avanzamenti di funzioni", essendo anche il passaggio dall'impiego part-time a quello full-time "era riconducibile a ragioni personali per assistenza al padre anziano malato"; b. 2) rigettava, inoltre, la pretesa risarcitoria, avanzata in sede di precisazione delle conclusioni nel grado di appello, per asserito aggravamento del danno biologico per discopatia insorta come "effetto degenerativo causato dalla menomata deambulazione" rilevando: b. 2.1) "in comparsa di costituzione di appello non vi era alcuna traccia di alcuna conclusione circa il danno biologico lamentato quale aggravamento ... non avendo riproposto la Bo., né formulato appello incidentale condizionato, su quanto attiene alla valutazione di un pregiudizio che nella conclusionale l'appellata afferma essere sorto nel 2008", avendo mancato anche di rappresentarlo in sede di c.t.u. nel 2010, né con la comparsa conclusionale di primo grado del 2011; b.2.2) se, poi, l'aggravamento degli esiti dell'intervento chirurgico si fosse manifestato "all'epoca degli accertamenti ultimi prodotti" (documentazione medica del 2015 e del 2017), "manca(va) una rappresentazione probatoria adeguata della sussistenza del nesso causale della stessa patologia quale conseguenza della modifica patologica della postura e della deambulazione a causa della tendinosi e ridotta flessione del movimento, "più probabile che non" rispetto ad altra causa autonoma, dipendente dalla condizione anche precedente allo stesso intervento, od organica", cosicché, "in mancanza di allegazione probatoria, i chiesti chiarimenti assumono una valenza meramente esplorativa"; C) condannava, infine, la parte appellata al rimborso, in favore dello IOR, di due terzi delle spese processuali del secondo grado, liquidate in Euro 13.635,00.
3. - Per la cassazione della sentenza ricorre Bo.An., affidando le sorti dell'impugnazione a dieci motivi di ricorso, illustrati da memoria.
La Cassazione accoglie il ricorso, ma sul diverso errore compiuto nel merito, per aver la Corte d’appello ricondotto lo «stato psicopatologico depressivo» tra i presupposti della “personalizzazione del danno” non patrimoniale subito dal paziente per effetto della malpractice medica. Non vi era alcun motivo per ritenere che quel danno psichico avesse generato nel paziente, in considerazione delle proprie caratteristiche individuali, ricadute dinamico-relazionali eccezionali, anomale e comunque superiori a quelle “standard” e cioè che sarebbero normalmente occorse «a persone della stessa età» (si vedano le pronunce della Cassazione 28988/2019 e 5865/2021). Non di personalizzazione si sarebbe dovuto trattare bensì di adeguata valorizzazione di quell’ulteriore danno psicofisico nell’ambito di un apprezzamento complessivo e unitario del danno biologico.
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