Una recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea (C-218/22 del 18 gennaio 2024) apre una breccia nel muro dell’impossibilità di monetizzazione delle ferie
Quasi tutti i contratti di lavoro, compreso quello dei medici dipendenti, prevedono espressamente l’impossibilità di trasformare in un’indennità economica le ferie non fruite. La norma certamente ha un aspetto di tutela per il lavoratore, ma d’altro canto la sua reale motivazione è quella di generare un risparmio per il datore di lavoro, specie se si parla delle ormai esangui casse pubbliche.
Anche l’Aran (l’Agenzia che si occupa della stipula dei contratti dei pubblici dipendenti, medici compresi, e della loro interpretazione) ha ribadito l’irrinunciabilità del diritto alle ferie dei lavoratori del pubblico impiego. Le ferie, secondo l’Aran, devono essere fruite in ogni anno solare, tenendo conto delle richieste del dipendente e delle esigenze di servizio; nel caso in cui risulti impossibile per il lavoratore la fruizione dell’intero periodo di ferie nel corso dell’anno di maturazione, egli ha diritto a procrastinare due settimane nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
Il godimento delle ferie mira al recupero delle energie psicofisiche del lavoratore e costituisce un vero e proprio obbligo in capo al datore di lavoro (art. 2087 c.c.). Dunque, l’amministrazione datrice di lavoro deve mettere in atto quelle misure organizzative necessarie per garantire le migliori condizioni al dipendente, compresa quella che gli permette di usufruire delle sue ferie. Pertanto "il datore di lavoro non può procedere all’automatico azzeramento del monte ferie non utilizzato dal lavoratore, adducendo che le stesse non sono state fruite entro i tempi contrattuali; prima di procedere in tal senso, dovrà verificare (e quindi conseguentemente dimostrare al dipendente) di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse messo effettivamente in condizione di poter fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto (Corte UE 6.10.2018 in causa C-684/16, punti da 45 a 47)".
Ma su questo complesso tema qualcosa si muove. Una recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea (C-218/22 del 18 gennaio 2024) apre una breccia nel muro dell’impossibilità di monetizzazione delle ferie.
L’Organismo europeo ha considerato non conforme alle regole comunitarie l’art. 5, comma 8 del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, nella parte in cui, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, vieta la monetizzazione dei giorni di ferie maturati e non goduti nei confronti del lavoratore che cessa volontariamente dal servizio; nella stessa sentenza, si fa presente che la monetizzazione non è dovuta solo quando il datore di lavoro pubblico è in grado di dimostrare, con atti certi, di aver messo in grado il suo dipendente di fruire del dovuto riposo.
Insomma, la Corte in qualche modo inverte l’onere della prova: se prima, per essere pagato, il dipendente doveva provare che il datore di lavoro gli aveva impedito di godere delle ferie maturate, adesso è il datore che deve dimostrare che il lavoratore, pienamente cosciente delle conseguenze della sua scelta (la perdita delle ferie e l’impossibilità della loro sostituzione con una indennità finanziaria), si è deliberatamente astenuto dalla fruizione dei giorni di riposo, nonostante fosse stato posto in condizione di esercitare il suo diritto.
E proprio sulla scorta di questo indirizzo europeo, la Corte di Appello di Roma ha recentemente ribaltato la sentenza che aveva negato l’indennizzo delle ferie ad un infermiere in pensione, condannando la ASL a corrispondere l’indennità sostitutiva prevista dalla contrattazione collettiva. Nel caso in cui dei medici da poco in pensione volessero seguire la strada tracciata da questo nuovo indirizzo giurisprudenziale, è importante dunque ricordare che:
➢ la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori non può mai dipendere da considerazione di carattere puramente economico;
➢ l’infermiere non si è volontariamente astenuto dalla fruizione delle ferie;
➢ il datore di lavoro è gravato dall’obbligo di verificare in maniera concreta e trasparente che il lavoratore sia posto effettivamente nelle condizioni di fruire delle ferie annuali retribuite.
Sono ormai abbastanza numerosi, anche fra i medici e gli odontoiatri, i casi in cui, al momento della morte del professionista, il diritto alla pensione a superstiti venga attribuito ad un suo nipote, anche in presenza di genitori viventi.
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