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Parkinson: la stimolazione cerebrale profonda riduce le complicanze

Neurologia Redazione DottNet | 10/09/2019 11:29

Studio italiano: il trattamento con Dbs non appare associato "né a un aumento della mortalità né del rischio di demenza"

La stimolazione cerebrale profonda (Dbs) riduce le complicanze a lungo termine nei malati di Parkinson. Rispetto ai pazienti trattati solo con i farmaci, quelli sottoposti alla procedura chirurgica mostrano "meno disturbi cognitivi di grado lieve, un minor rischio di cadute e di disturbi urinari, meno ricoveri in ospedale per patologie Parkinson-correlate". Inoltre, il trattamento con Dbs non appare associato "né a un aumento della mortalità né del rischio di demenza".

E' la conclusione di uno studio guidato dall' università Statale di Milano, pubblicato sul 'The Journal of Neurological Sciences', che ha valutato per la prima volta in modo sistematico gli effetti della cosiddetta Deep brain stimulation.

Il lavoro, supportato dal ministero della Salute, è stato coordinato dal Centro 'Aldo Ravelli' per le Neurotecnologie e le Terapie neurologiche innovative dell' università degli Studi del capoluogo lombardo presso l' ospedale universitario San Paolo (Asst Santi Paolo e Carlo), con la collaborazione di alcuni dei più importanti enti di ricerca italiani fra i quali la Fondazione Irccs Istituto neurologico Carlo Besta e l' Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano.

"Per la prima volta - spiegano dalla Statale - la ricerca è stata mirata alla valutazione dell' effetto a lungo termine della Dbc su complicanze frequenti e invalidanti della fase avanzata della malattia di Parkinson come il decadimento cognitivo, i disturbi urinari, le cadute, le ospedalizzazioni e la mortalità, spesso non adeguatamente valutati nella letteratura scientifica disponibile finora". Nella ricerca sono stati inclusi circa 180 pazienti con malattia di Parkinson, seguiti presso 6 centri di rilevanza nazionale distribuiti lungo tutta la Penisola. Sul totale pazienti, metà erano trattati con la Dbs e metà con la terapia farmacologica convenzionale.

 "L' importanza di questo studio - afferma Emma Scelzo del Besta, primo autore della ricerca - è quella di aver valutato per la prima volta in maniera sistematica gli effetti della Dbs, tecnica chirurgica che ha rivoluzionato il trattamento della malattia di Parkinson, non solo sugli aspetti motori classici della malattia (tremore, rigidità, fluttuazioni motorie e così via), ma anche su complicanze molto meno studiate, ma altrettanto rilevanti nella qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Una migliore definizione degli effetti della Dbs sui disturbi cognitivi, sull' incontinenza urinaria e sulle cadute, oltre che sul numero dei ricoveri e sul rischio di mortalità correlato al trattamento chirurgico, è infatti essenziale al fine di individuare l' iter terapeutico più adatto per ogni paziente in considerazione della totalità dei suoi sintomi".

"I risultati di questa ricerca - commenta Alberto Priori, direttore del Centro Aldo Ravelli e della Clinica neurologica dell' università Statale milanese - valutano aspetti fino ad oggi ancora poco considerati dalla letteratura scientifica, ma che sono estremamente importanti da un punto di vista pratico anche in termini di ottimizzazione delle scelte strategiche in ambito di politica sanitaria, e confermano la Dbs come pilastro portante della terapia di questa malattia anche per i suoi effetti a lungo termine".

"Questi risultati - conclude lo specialista - assumono un valore ancora più elevato se si tiene in considerazione che, dopo più di vent' anni dall' introduzione della Dbs, saranno a breve disponibili innovazioni tecnologiche (per esempio la tecnologia, tutta made in Italy, della 'Dbs intelligente o adattativa') che probabilmente la renderanno ancora più efficace".

fonte: 'The Journal of Neurological Sciences'

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