Colpiscono il doppio dei tumori, ma sono meno temute
Le malattie cardiovascolari come infarto, ictus, embolia, trombosi sono la prima causa di morte e invalidità in Italia, in Europa e nel mondo, anche se potrebbero essere evitate in un caso su tre. Colpiscono il doppio dei tumori, ma sono meno temute. E' quindi fondamentale continuare ad agire per far capire l'importanza della prevenzione, agendo sugli stili di vita: è il messaggio che arriva dal congresso annuale dell'European heart network, alleanza di associazioni impegnate nella lotta a queste malattie, in corso a Savelletri (Br). "Infarto del miocardio, ictus cerebrale, embolia polmonare, aterosclerosi e trombosi provocano ogni anno quasi 18 milioni di morti nel mondo, mentre i tumori uccidono 9 milioni di persone, le malattie respiratorie quasi 4 milioni, il diabete 1,6 milioni", commenta Lidia Rota Vender, presidente dell'Associazione lotta alla trombosi (Alt).
"Non è una gara - continua - ma un'evidenza confermata da molti studi, che prevedono un'espansione ancora più catastrofica per i prossimi decenni, per l'aumento della diffusione dei fattori di rischio, come sovrappeso, fumo, diabete, ipertensione, colesterolo e uno stile alimentare scorretto e pericoloso". Di questo passo, "nessuno Stato avrà risorse disponibili sufficienti per curare i sopravvissuti - prosegue Rota Vender - Queste malattie sono un'epidemia presente e annunciata, che può essere combattuta attraverso l'informazione sui rischi legati alla predisposizione e allo stile di vita. Pensiamo che sono le malattie più prevenibili in assoluto, dopo quelle infettive per cui ci sono i vaccini". Il dato positivo che emerge dal congresso, conclude Rota Vender, "è che c'è un movimento mondiale che si sta sviluppando per anticipare il più possibile l'adozione di stili di vita sani, puntando su campagne educative e informative. Il loro impatto è stato misurato, ed è fondamentale iniziare il prima possibile".
Con uso tempestivo +50-70% di sopravvivenza ad arresto cardiaco
Allo stroke sopravvivono 45mila pazienti, che si trovano però a fare i conti con deficit motori (il 40% di loro) e cognitivi (più del 50%)
È un dispositivo temporaneo, utile soprattutto nei bambini
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