Il Dr. Leonardo De Luca, cardiologo del Salvator Mundi International Hospital di Roma ci racconta le evidenze e il razionale dello studio COMPASS durante il Congresso ESC 2018 che si è tenuto a Monaco dal 25 al 29 agosto 2018.
Il Dr. Leonardo De Luca, cardiologo del Salvator Mundi International Hospital di Roma ci racconta le evidenze e il razionale dello studio COMPASS durante il Congresso ESC 2018 che si è tenuto a Monaco dal 25 al 29 agosto 2018.
D. I pazienti che soffrono di CAD e PAD presentano un elevato rischio cv residuo nonostante l'attuale terapia antiaggregante. Ci descrive in breve che cos'è il rischio residuo?
R. In generale occorre sottolineare che i pazienti con pregresso infarto presentano un rischio di recidiva infartuale o un nuovo ricovero per ictus o mortalità cardiovascolare, quelle che noi chiamiamo MACE (Mayor Adverse Cardiovascular Events) che è pari al 20-25% entro i primi 3 anni dall’evento acuto. Ciò vuol dire che 1 paziente su 5 dei nostri pazienti infartuati avranno recidiva ischemica fatale o non fatale. Di questi eventi, circa il 10 -15% presentano un evento fatale cioè uno di questi eventi rappresentati dalla morte.
D. Qual è il livello di conoscenza del rischio residuo da parte del cardiologo? Ritiene che tale aumento di consapevolezza si possa tradurre in un beneficio clinico per il paziente?
R. Indubbiamente si. La consapevolezza, in generale, genera maggiore attenzione sia da parte del medico che da parte del paziente, quindi già spiegare al paziente che il suo rischio non sia esaurito con la rivascolarizzazione e con il ricovero durante l’infarto, ma che invece presenta ancora un rischio elevato di nuova ospedalizzazione, di mortalità per cause cardiovascolari, vuol dire sottolineare ancora una volta l’importanza della terapia farmacologica e dell’aderenza a tutte le strategie farmacologiche e non farmacologiche di prevenzione secondaria. farmacologica. Sappiamo che la terapia ottimale così come delineata o raccomandata dalle Linee Guida non viene più somministrata in una buona percentuale di pazienti. Inoltre anche quando è somministrata al momento delle dimissioni l’aderenza alla persistenza terapeutica a 1 o meglio ancora a 2 anni di follow up non ha riscontri ottimali, ad esempio uno dei primi farmaci che viene dismesso sono, ad esempio, le statine che fanno parte della terapia farmacologica ottimale e che sono uno strumento essenziale nella riduzione della ricorrenza degli eventi cardiovascolari insieme ad altre terapie come i beta-bloccanti, gli ACE inibitori e adesso anche le terapie antitrombotiche .
D. Rivaroxaban 2,5 mg e ASA 100 mg agisce con un nuovo approccio sinergico, combinando l’azione anticoagulante a quella antiaggregante piastrinica. Come giudica il valore aggiunto di questa nuova terapia?
R. Questo approccio terapeutico oramai è stato anche approvato dall’EMA circa un mese fa ed ormai è una realtà! È un approccio sicuramente innovativo perché le terapie finora utilizzate, cioè la doppia terapia anti-aggregante agisce appunto su due vie dell’aggregazione piastrinica. Invece con questo nuovo approccio stiamo parlando di un paradigma totalmente nuovo, da una parte inibizione di una via dell’aggregazione, cioè il Trombossano II mediante l’ASA e poi inibizione della cascata della coagulazione mediante il Rivaroxaban, quindi inibizione della Trombina. Sappiamo bene che la Trombina è uno dei maggiori attivatori anche delle piastrine, per cui agiamo sia sulla coagulazione, sia sulle piastrine attraverso meccanismi differenti da quelli tradizionalmente inibiti, inibizione del Trombossano II e inibizione delle PAR, dei recettori PAR cioè di Recettori Attivati da Proteasi. Tutto ciò può portare ad un maggior beneficio clinico così come è stato dimostrato nel trial clinico dello studio COMPASS.
D. Un importante risultato dello studio Compass è stato certamente il dato della riduzione della mortalità. Quale pensa possa essere l’impatto di tale dato sulla pratica clinica del medico?
R. La cosa più straordinaria dello studio COMPASS, più che la riduzione della mortalità, è stata una consistenza incredibile, come poche volte si vede in cardiologia e nei recenti trials di cardiologia, una consistenza nella riduzione di tutti gli endpoint ben specificati. Una consistenza importante a tal punto da far interrompere precocemente il trial per un eccesso di beneficio. A questa riduzione di eventi e a questa consistenza si è assistito anche ad una riduzione della mortalità e tutto ciò non si è mai osservato nella terapia a lungo termine e con qualsivoglia associazione o strategia antitrombotica finora testata. Questo, ovviamente, è una prima dimostrazione che ha bisogno di ulteriori conferme, ma è un segnale che non si è mai registrato finora.
D. L'aggiunta di un anticoagulante ad una terapia antiaggregante ha portato, come atteso, ad un aumento dei sanguinamenti. Vuole commentare questo risultato?
R. Questo è un qualcosa di assolutamente atteso più le terapie antitrombotiche sono potenti più i sanguinamenti non sono più l’effetto collaterale, ma sono l’effetto atteso. La cosa importante pe la valutazione e per l’approvazione di queste nuove strategie sono i sanguinamenti fatali intracranici, difatti non c’è stato alcun incremento né di sanguinamenti significativi né di sanguinamenti fatali e di sanguinamenti intracranici nel gruppo Rivaroxaban + ASA. Questo è un qualcosa che soprattutto nella fase cronica è molto attenzionata da parte dell’EMA e da parte di altri enti dal momento che si tratta in genere di pazienti anziani che assumono questo farmaco cronicamente e non c’è stato alcun segnale preoccupante. Sono incrementati i sanguinamenti, ma per lo più sono sanguinamenti di entità minore però è un effetto assolutamente atteso.
PP-XAR-IT-0041
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