Altri sette sospetti sono stati accusati di aver effettuato prestazioni private in orario pubblico
Cinquantotto medici dell'ospedale San Camillo Forlanini di Roma saranno sospesi a partire dal 1 dicembre dalla possibilità di fare attività intramoenia perché non avrebbero consegnato nei tempi previsti all'ospedale il denaro incassato dalle prestazioni 'private'. Altri 7, sospettati di svolgere attività intramoenia nell'orario di servizio 'pubblico', dovranno dimostrare la correttezza del loro comportamento, altrimenti anche per loro scatterà lo stop all'attività professionale intramuraria.
E' quanto apprende l'ANSA da fonti sanitarie. I provvedimenti sono scattati dopo una istruttoria interna, a seguito di un 'giro di vite' sulle regole dell'attività intramoenia. In particolare, i medici coinvolti dal provvedimento sono quelli che fanno 'attività allargata', cioè svolgono l'intramoenia in spazi esterni all'ospedale (sono circa 200 sui 700 dell'ospedale).
In questa circostanza il medico è titolare delle funzioni di incasso, e dovrebbe entro 10 giorni versare il denaro all'azienda, che poi a sua volta gli liquida la quota a lui spettante. In 58 casi però questo non è accaduto ed è scattata la sanzione, da 1 a 3 mesi, in proporzione a quanto tempo è passato dall'ultimo versamento. Se i medici comunque potranno dimostrare che tali versamenti non sono avvenuti perché non hanno svolto attività professionale, la sanzione sarà ritirata. Più delicata la situazione degli altri 7 medici: avranno ora venti giorni per mandare controdeduzioni, a seguito delle quali l'azienda deciderà o no se procedere alla sospensione.
"Questi provvedimenti rientrano in un percorso di rilancio dell'ospedale. Bisogna rilanciarsi anche nei comportamenti. Non sono azioni vessatorie, ma questa è una importante azienda pubblica e dobbiamo riallinearci un po' tutti". Così commenta il direttore generale dell'ospedale San Camillo Forlanini di Roma Fabrizio D'Alba, le sanzioni per i medici dell'ospedale che avrebbero commesso irregolarità nello svolgimento dell'attività intramoenia. D'Alba spiega che il San Camillo produce più di un terzo del fatturato intramoenia dell'intera regione e che dallo scorso primo ottobre "dopo un percorso dialettico e una commissione paritetica con i sindacati e l'azienda" è stato adottato un provvedimento relativo all'intramoenia "che stringe ancora di più le maglie sui punti cardine della normativa: trasparenza e giusto rapporto tra attività istituzionale e libero-professionale".
Uno degli effetti di questo lavoro è che "a partire dalla fine dell'anno tutti i nostri medici dovranno gestire le prenotazioni dell'intramoenia e le fatturazioni per via telematica, con il software regionale. Questo è un grande strumento di trasparenza. Probabilmente le cose che andiamo a sanzionare oggi - afferma ancora D'Alba - sono il frutto del fatto che per tanto tempo non si è data abbastanza centralità a questi aspetti, e dobbiamo essere più rigorosi. Quando incassano fuori dalle strutture dell'azienda, i medici sono a tutti gli effetti 'agenti contabili', maneggiano denaro pubblico, ed è una funzione che spesso viene banalizzata. In questo senso è anche nel loro interesse alzare il livello di attenzione, perché si sottolinea la loro responsabilità in quel ruolo". Il dg del San Camillo si è detto comunque fiducioso che in diversi casi i medici colpiti da sanzione sapranno dimostrare di aver agito in modo corretto: "Questi provvedimenti - conclude D'Alba - serviranno comunque a far salire l'attenzione dei professionisti, così che in futuro non saranno più necessari provvedimenti simili"
"Il direttore generale ha preso dei provvedimenti a difesa della legalità, delle regole, per tutelare anche chi svolge la professione medica regolarmente e anche per sottolineare, forse, quanto su temi come le liste di attesa è particolarmente importante seguire le regole", afferma il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. "E' uno dei punti più delicati nella qualità del servizio sanitario - ha aggiunto - Le regole vanno rispettate, sempre e soprattutto quando si tratta del rapporto tra sistema e cittadini sulla salute"
Sono ormai abbastanza numerosi, anche fra i medici e gli odontoiatri, i casi in cui, al momento della morte del professionista, il diritto alla pensione a superstiti venga attribuito ad un suo nipote, anche in presenza di genitori viventi.
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