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Il Papa apre al fine vita: no all'accanimento terapeutico

Sanità pubblica Redazione DottNet | 16/11/2017 19:04

Biotestamento ancora fermo: ma il Ddl potrebbe andare direttamente in Aula a Palazzo Madama senza relatore

Faranno sicuramente discutere, specie nel mondo cattolico, le affermazioni di papa Francesco sul 'no' all'accanimento terapeutico contenute nel messaggio inviato oggi a mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in occasione del convegno internazionale sul "fine vita" appena apertosi in Vaticano. Se non una vera e propria "svolta" in quanto affermato, lo è sicuramente nel tentativo coraggioso di fissare dei principi in un momento in cui il dibattito sul tema è caldo come non mai e in cui il fronte cattolico teme fortemente aperture indebite verso l'eutanasia.

Per cui la guardia su questi argomenti viene tenuta molto alta.

Il Papa, però, come spesso gli accade, procede sulla sua linea, indipendentemente dalle possibili contestazioni. E' per questo particolarmente coraggioso dire oggi che "gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute". Francesco invoca quindi "un supplemento di saggezza", poiché "oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona".

Il Papa richiama quanto disse addirittura Pio XII 60 anni fa a proposito di come sia "lecito astenersi", "in casi ben determinati", dai mezzi terapeutici "potenzialmente disponibili". E citando la "Dichiarazione sull'eutanasia" dell'ex Sant'Uffizio del 5 maggio 1980, ricorda come sia "dunque moralmente lecito rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà definito proporzionalità delle cure'". Prendendo in considerazione "il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell'ammalato e delle sue forze fisiche e morali", per papa Bergoglio tale criterio "consente quindi di giungere a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all''accanimento terapeutico'".

E' noto quanto il tema sia spinoso e quanto la Chiesa negli ultimi tempi, relativamente al dibattito politico sul "biotestamento", abbia fatto muro contro eventuali aperture delle norme in questo campo. Per il Papa, però, la scelta che lui coraggiosamente richiama, "assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare". "Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire", come specifica il Catechismo della Chiesa Cattolica, avverte. Questa "differenza di prospettiva", per Francesco, "restituisce umanità all'accompagnamento del morire, senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere". "Vediamo bene, infatti - osserva -, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l'uso, equivale a evitare l'accanimento terapeutico, cioè compiere un'azione che ha un significato etico completamente diverso dall'eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte".

Fondamentale, per Francesco, nel determinare le scelte, più che la "regola generale" sarà l'"attento discernimento" delle situazione concrete. E anche qui richiama il Catechismo: "Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità". E' "anzitutto lui che ha titolo, ovviamente in dialogo con i medici, di valutare i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità", dice il Papa. Un punto in più, e qui si può parlare davvero di svolta, in favore dell'autodeterminazione.

Le dichiarazioni del Papa sul fine vita riaprono il tema della legge sul biotestamento. Ecco le tappe ed i contenuti del disegno di legge che aspetta la eventuale calendarizzazione in aula al Senato. Il 26 ottobre scorso Emilia Grazia Di Biasi ha rimesso il mandato di relatrice al provvedimento. La mossa della presidente della commissione Sanita' del Senato non e' giunta inaspettata e ha aperto la possibilita' che il ddl possa andare direttamente in Aula a Palazzo Madama senza relatore.

La decisione pero' spetta alla Conferenza dei capigruppo, nelle cui mani e' ora il testo di legge. I tempi restano stretti dato il breve volgere della legislatura e l'indisponibilita' di alcuni gruppi parlamentari a votare la legge. Il ddl di 5 articoli, approvato dalla Camera lo scorso aprile, prevede che per depositare le disposizioni sul fine vita ci si dovra' rivolgere a notaio o pubblico ufficiale, ma sara' possibile farlo anche davanti a un medico del Servizio sanitario. Le volonta' sono revocabili ed ognuno potra' disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari.

L'articolo 3, 'cuore' della legge, prevede che "ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacita' di autodeterminarsi, puo', attraverso le Dat, esprimere le proprie convinzioni nonche' il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese la nutrizione e idratazione artificiali".

L'affermazione di Papa Francesco sul fine vita è "assolutamente classica, si potrebbe dire nel solco della tradizione, anche se ultimamente si tende a considerare le cose tradizionali come negative". E' il parere di Armando Pessina, direttore del Centro di Bioetica dell'università Cattolica, secondo cui è fondamentale il richiamo contenuto nelle parole del Santo Padre alla "proporzionalità delle cure". "Già in diversi documenti anche della Congregazione per la Dottrina della Fede c'era un richiamo alla proporzionalità, è un richiamo importante.

La proporzionalità è anche oggettività, implica che non sta solo al paziente ritenere o meno perseguibile un trattamento, ma nel fine vita le cure devono essere proporzionali alla sua situazione. Nella questione dell'accanimento terapeutico deve entrare la valutazione della congruità clinica di un intervento - prosegue Pessina -. Ci sono due elementi che entrano in gioco, da una parte il fatto che l'intervento deve essere appropriato e, di nuovo, proporzionato alla condizione del paziente, e qui entra in gioco il giudizio del medico. Dall'altra c'è la valutazione da parte del paziente se un trattamento è troppo oneroso, e questi due aspetti vanno letti insieme".

Secondo Pessina questa è una materia molto difficile da regolare attraverso una legge, come si sta cercando di fare in Parlamento. "La questione è sempre delicata, per certi versi le leggi rispondono al criterio dell'oggettività, ma per altri delegano a un meccanismo delle scelte. Si rischia di affidare questioni che riguardano il rapporto medico-paziente a un documento, e non sono sicuro che questo tuteli il paziente. Le situazioni reali delle persone sono le più diverse, c'è chi dice che è meglio farla finita subito ma c'è anche chi si prende cura di chi si avvicina al fine vita. Il modello più importante è quello delle cure palliative, è un approccio che suggerisce un metodo, la visione olistica è importante".

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