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Da Il Sole 24 Ore Sanità: La medicina è questione d'etichetta

Medicina Generale Redazione DottNet | 01/08/2008 10:55

Medici sì, ma prima di tutto gentiluomini. Con un provocatorio quanto spiritoso articolo, appena pubblicato sul prestigioso «New England journal of medicine», Michael W. Kahn, docente di Psichiatria alla Harward Medical School, lancia l’idea di un galateo per i camici bianchi.

Con sei semplici regolette che ogni medico d’ospedale dovrebbe seguire alla lettera. Certo questo mini-codice del “bon ton”, se applicato in ogni corsia, probabilmente non riuscirebbe nell’impresa impossibile di umanizzare le cure, ma almeno potrebbe garantire le buone maniere e far sentire più a suo agio il paziente durante la sua degenza. Perché secondo Kahn la maggior parte dei pazienti quando si lamenta del proprio dottore non lo fa perché si è sentita incompresa o ha percepito poca empatia, quanto piuttosto per alcuni comportamenti sgradevoli. Le frasi che si sentono di più sulla bocca dei pazienti suonano, secondo Khan, più o meno così: «Si è limitato a fissare lo schermo del suo computer» o «non sorride mai» e ancora «non sapevo con chi stavo parlando».Lo psichiatra americano racconta poi un’esperienza personale, durante un suo ricovero in ospedale, quando è rimasto piacevolmente impressionato dai modi educati di un chirurgo di origine europea: «Indipendentemente da che cosa egli stesse provando al momento, il suo comportamento (abbigliamento, maniere, linguaggio del corpo, contatto visivo) era impeccabile ».

Un comportamento che ha fatto pensare a Khan di trovarsi di fronte a un vero «professionista» e soprattutto a un grande «gentleman». Ma quali sono le regole d’oro del galateo in camice bianco? Khan ne individua sei, molto semplici. E cioè: bussare e chiedere il permesso prima di entrare nella stanza dove è ricoverato il paziente; presentarsi esibendo il proprio tesserino e dicendo il proprio nome e cognome; stringere sempre la mano al paziente (ma lasciando i guanti se necessario); sedersi di fronte al paziente e avere un viso rilassato e sorridente, se il contesto lo permette.
E poi spiegare brevemente al paziente le caratteristiche del reparto e del gruppo di medici e infermieri che si prenderanno cura di lui. Chiedere, infine, al paziente come si sente all’idea di essere ricoverato in ospedale e cercare di metterlo a proprio agio. Queste le leggi base, secondo Michael W. Kahn, di quello che lui stesso ha definito nel suo articolo l’«etiquette- based medicine». Osservare questi semplici princìpi della buona educazione migliorerebbe molto il rapporto medico-paziente a tutto vantaggio della soddisfazione di entrambi e senza far perdere tanto tempo a nessuno: «Negli ultimi anni ci sono stati numerosi tentativi di insegnare ai nostri giovani durante il corso di medicina a essere empatici, curiosi rispetto alla storia del malato, a sviluppare la compassione - spiega Kahn dalle pagine del «New england journal of medicine» -, sembra però che nessuno abbia insegnato a questi giovani una cosa fondamentale: i princìpi di base dell’educazione». Secondo lo psichiatra d’Oltreoceano insegnare a uno studente a essere comprensivo, attento, e a saper ascoltare un malato potrebbe essere una sfida quasi impossibile. Perché ci sono delle qualità che le persone possono anche non avere e non per questo sono condannate a diventare pessimi medici. Mentre, al contrario, non deve essere troppo complicato stabilire delle regole di buona educazione che tutti sono in grado di seguire.
«Modificare il carattere di una persona e il modo in cui pensa è molto più difficile che modificare dei comportamenti», conclude Kahn, che propone di integrare la formazione postuniversitaria dei futuri medici con un corso di buone maniere.
 

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