Il caso riguarda ancora una volta i dipendenti dell'Asl 1 di Massa: 206 tra medici e personale sanitario che si aggiungono agli altri 200 di giugno
Un altro successo per i dipendenti dell’Asl 1 di Massa-Carrara (oggi Toscana Nord Ovest). Duecentosei, tra dirigenti medici e altre categorie, si sono visti riconosciuti il diritto da parte della Corte di Cassazione al riconoscimento del danno per la mancata fruizione del riposo compensativo nei casi di reperibilità attiva. La Suprema Corte – presidente Luigi Macioce, relatore Annalisa Di Paolantonio per entrambe – ha emesso due ordinanze che confermano quanto già sancito nel giugno scorso per un primo gruppo di medici.
Questi circa 200 dipendenti sono – come si spiega nelle ordinanze della Cassazione riportate dal Tirreno – «inquadrati in varie categorie previste dalla contrattazione collettiva del comparto sanità o dirigenti medici», e avevano tutti svolto il servizio di pronta disponibilità anche in giorni festivi.
Ma, ora, grazie ai ricorsi presentati dall’avvocato Claudio Lalli, la Cassazione ha accolto due punti chiave del ricorso, e in particolare il diritto al risarcimento del danno. E anche in questo caso potrebbe essere davvero un salasso per le casse dell’Asl: sarà la Corte d’Appello di Genova, alla quale la Cassazione rimanda tutto l’incartamento, a dover stabilire il quantum, il dovuto a ciascuno dei complessivi 260 dipendenti.
La Cassazione quindi, precisa il Tirreno, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno subito per la mancata fruizione del riposo, circostanza che aveva portato – così sostenevano i ricorrenti – a turni massacranti, stress e ad una qualità della vita inferiore; e avevano sollecitato la «maggiorazione prevista per il lavoro straordinario», cioè una retribuzione, per aver lavorato all’interno dell’azienda sanitaria, nei giorni successivi al mancato riposo. E su questo punto, la Cassazione ribalta le sentenze di primo grado del Tribunale di Massa prima e di secondo poi, emessa dalla Corte d’Appello di Genova. Una sentenza destinata a fare giurisprudenza e che ribadisce il diritto al riposo compensativo in ogni caso: dovrà essere garantito dall’azienda sempre, a prescindere da una richiesta, trattandosi «di diritto indisponibile, riconosciuto dalla Carta Costituzionale oltre che dall’articolo 5 della direttiva Comunitaria 2003/88».
Insomma, il riposo settimanale non è rinunciabile e non può essere monetizzato. Il passaggio chiave è questo: «La sentenza impugnata, nell’escludere il diritto al risarcimento del danno per la mancata fruizione del riposo settimanale nei casi di reperibilità attiva, non ha correttamente interpretato le disposizioni contrattuali rilevanti e si è posta in contrasto con i principi di diritto sopra indicati» (Carta Costituzionale, direttiva Ce, precedenti della Cassazione). L’avvocato Claudio Lalli, come quanto accaduto a giugno, sta predisponendo le richieste di risarcimento da presentare alla Corte d’appello. Il costo pr le casse sanitarie si preannuncia davvero alto.
Si tratta di diritti maturati dal 2002 a oggi, perché la causa avviata nel 2007 prendeva in esame già i cinque anni precedenti: non è lontano dalla realtà ritenere che ciascun dipendente possa avere diritto a circa 20mila euro di risarcimento, e il conto sarebbe di 5 milioni e 200mila euro. E l’Asl dovrà anche dotarsi di una diversa organizzazione diversa del lavoro, per garantire il riposo compensativo e non dover esporsi a nuovi ricorsi.
Sono ormai abbastanza numerosi, anche fra i medici e gli odontoiatri, i casi in cui, al momento della morte del professionista, il diritto alla pensione a superstiti venga attribuito ad un suo nipote, anche in presenza di genitori viventi.
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