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La terapia resincronizzante con pacing biventricolare (CRT) è più efficace nei pazienti con elevata asincronia di base

Cardiologia Redazione DottNet | 13/02/2009 17:34

Da alcuni anni la terapia resincronizzante fa parte del trattamento standard del compenso cardiaco avanzato con associato prolungamento del QRS. I risultati di questo trattamento a distanza sono molto variabili e, da tempo, si è tentato senza successo di individuare delle caratteristiche ecocardiografiche utili a prevedere i soggetti che risponderanno bene alla terapia e quelli che non lo faranno.

 

Ciò è importante per evitare inutili e dispendiosi impianti. I trial randomizzati che tenevano conto delle variabili ecografiche pre impianto non hanno dimostrato la superiorità di uno specifico indice nel prevedere la ripresa funzionale del ventricolo sinistro. Quest'ultimo lavoro pubblicato su JACC può aiutare a comprendere meglio il meccanismo con il quale funziona il trattamento resincronizzante. Sono stati analizzati circa 280 pazienti impiantati con pacing biventricolare, tutti i pazienti avevano una frazione di eiezione < 35%, in classe funzionale NYHA almeno 3 ed un QRS di durata superiore a 130 msc. Uno degli effetti favorevoli della terapia CRT è la capacità di ridurre il volume telesistolico ventricolare sinistro.

I pazienti dopo aver praticato ecocardiogramma di controllo a 6 mesi dall'impianto sono stati classificati, in base alla riduzione del volume telesistolico ventricolare sinistro, in super responder, responder, non responder e negative responder. Nei super responder la riduzione del volume ventricolare sinistro arrivava a superare il 30%, mentre per i negative responder si riscontrava addirittura un aumento del volume telesistolico ventricolare sinistro. I pazienti così riclassificati sono stati seguiti con un follow up di 2 anni. Si è osservato che la capacità di rispondere alla CRT è legata direttamente agli eventi avversi ed alla mortalità.

Inoltre si vede dalla tabella che pazienti con maggiore grado di asincronia di partenza avevano poi i migliori risultati post CRT. Dunque i risultati a 6 mesi sono consistentemente legati alla prognosi a distanza.

Abstract

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