Non Invasive Prenatal Test o NIPT
La scoperta che il DNA fetale può essere estratto dal sangue materno già dalla decima settimana di gravidanza ha rivoluzionato la diagnostica prenatale. Inizialmente predisposto per indagare le tre principali aneuploidie cromosomiche: trisomia 13 o Sindrome di Patau, 18 o Sindrome di Edwards, 21 o Sindrome di Down e le anomalie dei cromosomi sessuali, allo stato attuale la versione più avanzata del Test prenatale non invasivo (NIPT) riesce ad effettuare lo studio della mappa cromosomica completa e 9 tra le più comuni sindromi da microdelezione. La determinazione del sesso del nascituto, oltre che notizia gradita ai genitori, risulta di grande utilità per malattie genetiche legate al sesso come la Sindrome dell’X Fragile.
Il test se negativo và considerato rassicurante e i falsi positivi sono molto rari.
Il vero limite dei NIPT è il costo anche se sempre più coppie decidono di effettuarlo.
In maggio 2015, il Ministero Italiano della Salute ha pubblicato le linee guida per il corretto utilizzo dei NIPT basati sullo studio del cell-free DNA (cfDNA) fetale[1]. Tra gli aspetti esaminati: metodiche, impatto sociale ed economico, sensibilità e specificità, viene posta particolare attenzione alla Frazione Fetale (FF) ovvero la quantità di cfDNA fetale rilevata nel campione di sangue analizzato rispetto al cfDNA materno totale. Secondo la letteratura scientifica e le linee guida nazionali e internazionali [2-4] per essere affidabile il risultato deve essere ottenuto a partire da una percentuale di DNA fetale libero non inferiore al 4% del totale del DNA libero presente nel sangue materno.
Ad oggi non si conosce ancora il reale “limit of detection” (LOD) di FF al quale una specifica metodologia possa identificare una aneuploidia fetale. La presenza di una bassa FF oltre che richiedere la ripetizione del test, è associata ad un aumentato rischio di aneuploidie fetali ed è negativamente correlata con il peso materno. Infatti, l’aumentata quantità del cfDNA materno in donne obese può mascherare la FF rendendo difficoltoso lo screening delle aneuploidie [5-6]. Come gestire questi casi?
Nel 2015 uno studio italiano condotto da Fiorentino, ha determinato il LOD dell’analisi NIPT per valutarne specificità e sensibilità in pazienti con una FF<4% basandosi sulla tecnologia MPS [7]. In questo studio la validazione e l’applicazione clinica del protocollo NIPT con un valore limite della FF del 2%, ha permesso di identificare 25 (23.8%) aneuploidie con FF compresa tra 2 e 4%. In queste pazienti le aneuploidie riscontrate non sarebbero state identificate utilizzando NIPT con limite del FF>4%. Dall’applicazione clinica del test non è stato ottenuto nessun falso negativo e i valori di sensibilità e specificità non sono stati influenzati dalla presenza di campioni con bassi livelli di FF. L’analisi statistica dei dati ha dimostrato che esiste un incremento di circa 6-volte (p>0.001) dell’incidenza di aneuploidie nei campioni con con FF 2-4% versus quelli con una FF>4% [8].
L’applicazione di un protocollo NIPT con un valore limite della FF del 2% capace di analizzare con accuratezza anche campioni con bassi livelli di FF offre quindi diversi vantaggi. In primis riduce il numero delle cancellazioni del test e delle ripetizioni del prelievo di sangue materno, che in caso di secondo insuccesso invierebbero la gestante ad un test diagnostico invasivo. Nelle donne in forte sovrappeso potrebbe ridurre le possibilità di un fallimento del test e rappresentare una più che valida opzione per altre metodologie di NIPT con limite di FF maggiore del 4%.
I NIPT vengono eseguiti dai laboratori di genetica accreditati. Inizialmente le company erano localizzate in USA, Inghilterra e Cina, ma già da alcuni anni le tecniche di sequenziamento NGS (Next Generation Sequencing) volte all’esecuzione dei NIPTS sono state importate anche da alcuni laboratori italiani, così garantendo maggior tutela per la tracciabilità e stabilità dei campioni di sangue che non viaggiano per il mondo rischiando di deteriorarsi a per eventuali ritardi di consegna, vengono refertati in italiano e inviati direttamente al ginecologo.
Tra i NIPT eseguiti in Italia, allo stato attuale, il Test Karyo è il gold standard. Questo NIPT utilizza tecniche di sequenziamento di seconda generazione “Next-Generation Sequencing, NGS”, che prevedono il sequenziamento dell’intero genoma attraverso il “Massive Parallel Sequencing, MPS8-10”, o di specifiche regioni o polimorfismi di singoli nucleotidi (SNP) [9-10]. Nel complesso, consente di rilevare il 95.5% delle anomalie cromosomiche evidenziabili in gravidanza e il 99.1% di quelle riscontrate alla nascita, arrivando ad un livello di “detection rate” molto simile a quello del cariotipo fetale tradizionale (96.9%) ottenuto con tecniche di diagnosi prenatale invasiva. Pur rimanendo un test di screening che non sostituisce la diagnosi prenatale invasiva si è dimostrato altamente sensibile e specifico (>99.9%) tanto che può essere utilizzato come esame di approfondimento in caso di esito positivo agli screening del primo trimestre.
Karyo è in grado di verificare i falsi positivi per trisomia 21 prodotti da Bi Test e altri NIPT che indagano solo le 3 principali trisomie, in quanto permette di evidenziare le CNV materne Benigne sul cromosoma 21, alterazioni riconosciute in letteratura tra le possibili cause di falsi positivi [11].
Si può eseguire anche in gravidanze gemellari o gravidanze insorte dopo fecondazione assistita. Come gli altri NIPT, non può però essere considerato appieno un test diagnostico, in quanto il DNA estratto dal sangue materno è di derivazione placentare e pertanto la positività del test potrebbe dipendere da una discrepanza feto-placentare). Nei casi positivi và sempre eseguita l’amniocentesi, meglio se con Cariotipo Molecolare con tecnica Array-CGH.
Da circa un anno, è stata messa a punto una versione più avanzata. KaryoPlus, è in grado di individuare anche 9 tra le principali sindromi da microdelezione e, a tutt’oggi, rappresenta il NIPT con il massimo livello di approfondimento d’indagine. Si esegue sia in gravidanze spontanee che in gravidanze insorte da fecondazione assistita autologa o eterologa ma non si esegue, invece, in gravidanze gemellari.
Con Karyo e KaryoPlus si può determinare il fattore Rh fetale in casi di madre Rh negativa e padre Rh positivo per decidere se effettuare o meno la profilassi con immunoglobuline anti-RhD a 28 settimane [12].
Gli aspetti tecnici innovativi del test KaryoPlus sono rappresentati da una maggiore risoluzione (60 Milioni di reads vs 30 Milioni) e una maggiore capacità di evidenziare le alterazioni cromosomiche strutturali submicroscopiche (>7 Mb vs >10 Mb) come le microdelezioni.
Tali sindromi (Tab.N.1) presentano un’importanza clinica variabile a seconda dei geni mancanti del cromosoma coinvolto, della regione cromosomica interessata e delle relative dimensioni. Sono sindromi rare, il rischio non dipende dall’età materna e in assenza di storia familiare è lo stesso per tutte le coppie. La mancanza di segni ecografici prima delle 26 settimane porta ad una diagnosi prenatale tardiva o post nascita. La ragione per cui il test indaga in maniera specifica queste 9 patologie si basa sui seguenti criteri:
• frequenza relativamente alta nei nati vivi (1:4000→1:200.000) rispetto ad altre sindromi rare;
• assenza di segni ecografici prima delle 26 settimane che possano indirizzare la diagnosi in modo specifico su sospetto clinico in assenza di storia familiare;
• elevata mortalità e morbidità alla nascita;
• quadro clinico e storia naturale post-natale noti, anche se in alcuni casi la penetranza è variabile e non sempre tutti i segni e sintomi descritti sono presenti.
Tab.N.1: Sindromi da microdelezione diagnosticabili con Test Karyo Plus
Articolo sponsorizzato da Aspen Italia
Bibliografia
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