Diagnosi precoce a appropriatezza terapeutica strada di elezione contro una malattia rara e, se non trattata, invalidante
In occasione del suo I Congresso Nazionale, in corso in questi giorni a Napoli (9 – 11 Marzo) la Società Italiana G.U.I.D.A coglie l’occasione per sottolineare l’importanza di un’elaborazione di un algoritmo diagnostico per l’Algodistrofia che possa aiutare gli specialisti di riferimento – reumatologici, ortopedici e fisiatri – a giungere ad una diagnosi tempestiva a vantaggio della qualità di vita del paziente.
L’Algodistrofia (Sindrome Dolorosa Regionale Complessa) esordisce, si manifesta principalmente a causa di un trauma o di una frattura e sviluppa come sintomo dominante il dolore che assume i caratteri particolari dell’iperalgesia (si avverte più dolore di quello normalmente avvertito per uno stimolo algogeno) e dell’allodinia (si avverte dolore anche per stimoli normalmente non dolorosi come lo sfioramento), dolore spesso regionalizzato a livello degli arti e resistente ai comuni antidolorifici.
"Nonostante la sindrome algodistrofica non sia così frequente nella popolazione generale, il suo impatto in termini di qualità di vita e d’impatto sociale/lavorativo che la malattia produce in chi ne è colpito è spesso sottostimato - dichiara il Professor Giovanni Iolascon, Presidente del Congresso, Direttore esecutivo di Guida e docente di Medicina Fisica e Riabilitazione alla Seconda Università di Napoli - L’importanza quindi di riconoscere ed individuare la malattia ai suoi esordi è direttamente correlata alla possibilità di intervenire tempestivamente e di evitare il rischio di cronicizzazione del dolore e di invalidità dell’arto a vantaggio del paziente.
Ad oggi la diagnosi di Algodistrofia è essenzialmente basata su criteri clinici, non esistendo test o indagini strumentali specifici che ne accertino la diagnosi. Alcuni criteri standardizzati (Budapest, Atkins e Veldman) vengono utilizzati solo a conferma di un indirizzo terapeutico già in atto. Diventa quindi urgente iniziare a delineare un iter diagnostico condiviso che aiuti ortopedici, reumatologici e fisiatri ad effettuare una diagnosi più certa includendo anche le forme di Algodistrofia che oggi non rientrano nei criteri diagnostici standardizzati, sfuggono al trattamento portando ad un aumento dei costi economici della patologia.
L’Algodistrofia rappresenta un caso emblematico per la sua connessione con il dolore che da sintomo, se la patologia non viene trattata tempestivamente e si cronicizza al punto da portare all’invalidità dell’arto interessato, diventa malattia. Fatta la diagnosi è necessario quindi interrompere il circolo del dolore, attraverso un trattamento farmacologico appropriato: antidolorifici ed antinfiammatori, così come anche le terapie a base di cortisone, hanno un effetto modesto e transitorio sui sintomi della malattia.
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"Secondo quanto suggerito dai più recenti studi, tra i numerosi trattamenti farmacologici disponibili per la sindrome algodistrofica – conclude il Professor Iolascon - la terapia di prima scelta è rappresentata dal Neridronato, molecola della classe dei Bisfosfonati2, che è in grado di contrastare lo sviluppo della malattia, di ridurre di conseguenza i sintomi a vantaggio della qualità di vita del paziente.
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