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L' efficacia della assistenza ventricolare prima di trapianto è messa in discussione

Cardiologia Redazione DottNet | 29/01/2009 13:54

Numerose sono le forme di cardiopatie che determinano scompenso cardiaco cronico e tali da rendere necessario il trapianto cardiaco. La tecnica del trapianto e la terapia antirigetto necessaria sono molto migliorate negli ultimi tempi riducendo morbilità e mortalità dei pazienti trapiantati. Negli Stati Uniti d'America tutti i pazienti trapiantati afferiscono ad un registro permanente United Network for Organ Sharing (UNOS), che analizza ogni minimo fattore nell'intento di migliorare sempre più la riuscita dell'intervento a distanza. Da una analisi di questo registro si è evidenziato un aumento della mortalità nei pazienti che prima del trapianto hanno subito l'impianto di una pompa di assistenza ventricolare, in inglese Left Ventricle Assist Device (LVAD). Si tratta di dispositivi diversi che da circa 20 anni vengono utilizzati per “coprire” la fase di ricerca del cuore compatibile per pazienti in scompenso cardiaco refrattario alla terapia e che semplicemente non possono aspettare. Il dispositivo funziona come un secondo cuore che funziona in parallelo al “vero”cuore, allevandolo di parte del “lavoro” cardiaco. Infatti si compone di una parte che aspira il sangue dalla punta del ventricolo sinistro, da una pompa e da una parte che “rilascia” il sangue direttamente in aorta.

Questo tipo di assistenza ventricolare si è molto evoluto nel tempo e progressivamente si è anche ridotto di dimensioni. I primi sistemi erano solo esterni e grossi quanto un piccolo frigorifero mentre da alcuni anni i sistemi LVAD sono impiantabili all'interno del torace e grandi come un grosso Pace Maker. L'alimentazione elettrica del VAD è assicurata da capienti batterie esterne che il paziente trasporta in un piccolo trolley. Ma sono in fase di sperimentazione dei sistemi sempre più piccoli che possono essere “caricati” dall'esterno con sistemi di induzione elettromagnetica. Questi sistemi avranno il vantaggio di ridurre le parti mobili e cavi collegati con l'esterno che sono sempre possibili “porte” verso infezioni anche gravi. L'introduzione del LVAD era stata salutata dalla comunità scientifica come un efficace sistema “ponte” verso il vero trapianto e sembrava che questo annullasse le differenza tra un paziente tradizionale il lista di attesa ed un paziente il lista che non può più aspettare. Dalla analisi della ampia casistica UNOS si evince che la mortalità dei pazienti preventivamente trattati con il LVAD significativamente elevata nei primi 6 mesi ed era almeno doppia a 60 mesi dal trapianto.

Se le morti precoci possono essere spiegate dalla maggiore gravità dei pazienti che necessitano di assistenza ventricolare pretrapianto meno chiare sono le cause di morte tardiva. Le morti tardive non erano spiegate da un aumento di tumori o vasculopatia del cuore trapiantato nei pazienti con pregressa assistenza ventricolare. Lo studio per la verità analizza un periodo molto lungo ed ha incluso la gran parte dei pazienti trattati con le “pompe” pulsatili di vecchia generazione. Le pompe a flusso “continuo” di nuova generazione non sembrano associate ad una maggiore mortalità in studi con follow up a 5 anni contestano alcuni autori commentando i risultati dello studio. In una comunità scientifica sempre più sensibile al richiamo dell'etica ma anche alla attenzione sui costi dei trattamenti e delle procedure mediche non è marginale sapere se impiantare una pompa cardiaca e sottoporre il paziente a trapianto cardiaco sia realmente efficace. Alcuni estremisti preferirebbero riservare i cuori da trapiantare solo a chi arriva al trapianto con i propri mezzi senza attraversare “ponti”inaffidabili. Il dibattito è molto aperto.

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