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Menarini, un business sulle spalle di pazienti e sanità pubblica

Aziende Redazione DottNet | 10/09/2016 17:01

Condannata a dieci anni e sei mesi Lucia Aleotti e sette anni al fratello Alberto Giovanni

Dieci anni e sei mesi a Lucia Aleotti (nella foto) e 7 anni e mezzo al fratello Alberto Giovanni, rispettivamente presidente e vicepresidente del Gruppo farmaceutico Menarini. La condanna è stata letta nel pomeriggio di venerdì scorso dal giudice Francesco Gratteri del tribunale di Firenze, al termine del processo iniziato due anni fa e partito da un'inchiesta coordinata dai pm Luca Turco e Ettore Squillace Greco, condotta dai carabinieri del Nas. L'inchiesta partì nel novembre 2011 quando i militari si presentarono nella sede del gruppo farmaceutico a Firenze e in varie altre città italiane contestando una serie di accuse anche ad Alberto Sergio Aleotti, allora patron del gruppo, morto nel 2014.

Riciclaggio e vari reati fiscali, legati proprio ai capitali accumulati all'estero nel corso degli anni, e in gran parte scudati, dall'allora patron, le accuse per i quali il giudice ha deciso anche la confisca di oltre un miliardo di euro, e interdetto per sempre i due fratelli dai pubblici uffici.

La sola Lucia Aleotti, alla quale è stato contestato anche un episodio di corruzione, per tre anni non potrà intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione. Assolti, invece, tutti i collaboratori Giovanni Cresci, Licia Proietti e Sandro Casini, e la madre, Massimiliana Landini. Esclusa anche per i fratelli Aleotti l'accusa di truffa. L'avvocato Sandro Traversi, anche a nome degli altri difensori, subito dopo la lettura della sentenza ha annunciato ricorso in appello, convinto che ci siano "elementi seri" per ritenere che i reati contestati non siano sostenibili.

L'inchiesta partì dalla convinzione dell'accusa che negli anni '80, e fino al 2010, gli Aleotti avessero fatto profitti gonfiando i prezzi dei farmaci a spese dei pazienti, che pagavano di tasca propria più del dovuto, e del Sistema sanitario nazionale, quando si trattava di medicine rimborsabili. Il tutto grazie anche a una "serrata" attività di pressione politica: sempre per l'accusa, Alberto Sergio Aleotti era un assiduo frequentatore del salotti di Maria Girani Angiolillo, dove numerosi sarebbero state le conoscenze di uomini politici: da Gianni Letta al senatore Cesare Cursi. Al processo, però, la politica non è entrata. Per i pm il danno allo Stato si sarebbe aggirato intorno agli 860 milioni di euro.

Al processo si erano costituite come parti civili quasi 200 Aziende sanitarie. L'esclusione per i due fratelli Aleotti del reato di truffa, come ricordato anche in un comunicato del collegio dei difensori, ha di fatto annullato la possibilità di un rimborso per danni alle Asl. Rimborso (100 mila euro) che invece è stato riconosciuto alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel corso delle indagini la procura chiese, ed ottenne, il sequestro di 1,2 miliardi, la cifra che la famiglia Aleotti avrebbe fatto rientrare dall'estero con lo scudo fiscale, ma che gli investigatori ritenevano fosse il frutto di condotte illecite. Su quel sequestro difese e pm ingaggiarono una vera e propria battaglia, fatta di ricorsi e pronunce della cassazione, fino alla confisca di oltre un miliardo di euro decisa questa sera dal tribunale.

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