Nel nostro Paese sono 3 milioni i cari che li assistono e si accorgono dei primi segnali della malattia, spesso subdoli da identificare, anche se intervenire precocemente offre nuove opportunità per rallentarne la progressione
La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa debilitante che colpisce prevalentemente il cervello, con una serie di sintomi, che coinvolgono sia le capacità cognitive che quelle funzionali. Col tempo, ruba i ricordi, la qualità della vita e l’indipendenza nella quotidianità di milioni di persone in Italia e nel mondo, con un impatto emotivo molto forte anche sulle persone che stanno loro accanto. Oggi diagnosticare precocemente la malattia e intervenire in una fase precoce può consentire di rallentarne la progressione permettendo così ai pazienti di avere più tempo di qualità davanti a loro, da trascorrere con i propri cari o facendo ciò che per loro conta davvero. E’ con l’obiettivo di "non dimenticarsi" dell’Alzheimer, invitando tutti a conoscerlo, che a pochi giorni dalla Giornata Mondiale, che ricorre il 21 settembre, Lilly, con il patrocinio di AIMA – Associazione italiana malattia di Alzheimer, SIN – Società italiana di Neurologia, e SINDEM – Associazione autonoma aderente alla SIN per le demenze, lancia la campagna di sensibilizzazione "Pensaci, per non dimenticarlo", presentata oggi a Roma in una conferenza che è stata anche un momento di condivisione e di confronto tra rappresentanti del mondo clinico, dei pazienti e delle istituzioni.
Al centro della campagna un video, che funge da catalizzatore per il coinvolgimento di un ampio ecosistema di canali social e digitali. Il video integra una parte emozionale, basata su brani tratti dal romanzo "Elegia per Iris" di John Bailey, letti dalla voce d’eccezione dell’attore Luca Ward, in grado di ingaggiare su un piano intimo ed emotivo, e una parte scientifica. Quest’ultima approfondisce in modo chiaro la necessità di consapevolezza dei primi segni di malattia e della presa in carico da parte di esperti medici attraverso le voci di Alessandro Padovani, Direttore della Clinica Neurologica dell'Università di Brescia e Presidente Sin, Annachiara Cagnin, Responsabile Centro per il declino cognitivo e la demenza della Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedale-Università di Padova e Segretario Sindem e Patrizia Spadin, Presidente Aima.
La malattia di Alzheimer può progredire lentamente nell'arco di 10-20 anni, passando dalla fase preclinica non sintomatica, alla demenza grave, con un impatto sempre maggiore sulla vita quotidiana. Le persone che presentano un decadimento cognitivo lieve o una demenza lieve, quando dovute alla malattia di Alzheimer, possono essere descritte come individui con una malattia sintomatica precoce. Ricevere una diagnosi all'inizio della progressione della malattia offre a queste persone, ai loro cari e ai medici, più tempo per prendere decisioni personali e mediche, nonché la possibilità di modificare alcuni stili di vita e intervenire precocemente.
A livello globale, il numero di persone di età pari o superiore ai 50 anni affette dalla malattia di Alzheimer si stima essere circa 416 milioni, ovvero più di una persona su cinque. In Italia sono circa 600 mila le persone con malattia di Alzheimer, e complessivamente è stimato in oltre un milione il numero delle persone con demenza; si stima inoltre che circa 3 milioni di persone siano direttamente coinvolte nell'assistenza dei loro cari che ne soffrono. Questa malattia ha un onere economico a livello italiano di circa 15 miliardi annui. Tuttavia, nonostante la rilevanza di questi numeri, destinati a crescere anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, le persone affette da demenza ricevono una diagnosi accurata e tempestiva in meno del 20 per cento dei casi a causa dell’impreparazione dei sistemi sanitari e dello stigma della malattia che fa ritardare il primo accesso al percorso diagnostico.
«La malattia di Alzheimer inizia spesso con piccoli segni, di cui a volte non è facile accorgersi - dichiara Alessandro Padovani, Direttore della Clinica Neurologica dell'Università di Brescia e Presidente Sin - A volte, soprattutto nelle persone che sono avanti negli anni, questi piccoli deficit non vengono riconosciuti: dimenticare dove si è posteggiata l’auto, attribuire dei nomi diversi alle persone che si conoscono, o anche solo cambiare abitudini. A volte si tratta di segnali subdoli e difficili da intercettare. È importante non derubricare, o ritenere che tutto questo sia normalmente legato all'invecchiamento, perché può essere il segnale, invece, di una malattia come la malattia di Alzheimer che comporta un peggioramento continuo».
«Oggi ci troviamo di fronte a uno scenario inedito: per la prima volta la ricerca scientifica sta per fornire soluzioni in grado di interferire con l'andamento della patologia d'Alzheimer – dichiara Annachiara Cagnin, Responsabile Centro per il declino cognitivo e la demenza della Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedale-Università di Padova e Segretario Sindem – Si passa dall'avere a disposizione soluzioni che agiscono sul sintomo cognitivo o comportamentale, a trattamenti che possono rallentare la progressione o ritardare l’esordio dei sintomi se utilizzati in una fase precoce di malattia. Per questo è importante, se si avvertono dei segnali di allerta persistenti o ricorrenti, rivolgersi al medico di medicina generale o allo specialista, per avviare anche dei semplici esami che consentano di capire il rischio, lo stato di salute del cervello, l'eventuale diagnosi e, se serve, il trattamento farmacologico di oggi e di domani».
«I familiari sono i primi a rendersi conto del cambiamento in atto nelle persone con Alzheimer. – dichiara Patrizia Spadin, Presidente Aima - Oggi è importante che la loro attenzione si modifichi, imparando a cogliere non solo i sintomi della malattia, ma anche i primi segnali di deterioramento cognitivo. Questo può condurre a un percorso di accertamento diagnostico che permetterà di avere una vita migliore, più tutelata sia per il paziente sia per il caregiver che lo dovrà seguire e accompagnare negli anni futuri. Anche la nostra società nel suo insieme deve però assumersi il compito, in questo momento, di diventare una sentinella della buona salute di tutti, appoggiando, all'interno delle istituzioni, la costruzione di percorsi di prevenzione e diagnosi. È giunto il momento che la storia della malattia d'Alzheimer e dei pazienti che ne sono colpiti possa finalmente cambiare».
«Da 35 anni, Lilly è pioniera a livello mondiale nella ricerca di trattamenti e metodi diagnostici per le persone affette dalla malattia di Alzheimer - dichiara Elias Khalil, Presidente e Amministratore delegato Italy Hub, Lilly - Da quando abbiamo iniziato la ricerca su questa malattia nel novembre 1988, abbiamo investito più di 8 miliardi di dollari, di cui più di 5 miliardi negli ultimi 10 anni, includendo oltre 10.000 pazienti in studi clinici, sponsorizzando o co-sponsorizzando 9 studi clinici di fase 3 e altri attualmente in corso. Da oltre 30 anni Lilly non dimentica le persone colpite dalla malattia di Alzheimer, e ha l’obiettivo di riuscire a rendere la malattia un lontano ricordo».
«La malattia di Alzheimer è una delle grandi sfide di salute che ci attendono, sia dal punto di vista sociale che economico, ed è per questo che è al centro del nostro impegno come Intergruppo. – dichiara la Sen. Beatrice Lorenzin, copresidente Intergruppo parlamentare per le Neuroscienze e l'Alzheimer – La malattia di Alzheimer colpisce soprattutto i Paesi con alto tasso di longevità, come l’Italia, coinvolgendo e condizionando numerose famiglie italiane e compromettendone la stabilità. Anche alla luce delle notevoli ricadute dell’Alzheimer non solo sul sistema sanitario, ma sul complessivo sviluppo socio-economico del Paese, è fondamentale potenziare l’identificazione precoce dei pazienti, al fine di ottimizzare l’accesso equo e tempestivo alle cure e garantire la sostenibilità del Sistema».
«La garanzia dei più alti standard di diagnosi, accesso e cura è il target obiettivo di un sistema sanitario che punti a unire efficienza ed efficacia, pur in un comparto in continua evoluzione come quello della tutela della salute. – dichiara l’On. Annarita Patriarca, copresidente Intergruppo parlamentare per le Neuroscienze e l'Alzheimer – Sono necessari un grande impegno e una collaborazione fattiva tra tutti gli attori coinvolti, in primo luogo le Istituzioni, per potenziare gli investimenti nelle Neuroscienze e migliorare la presa in carico dei pazienti, tramite un maggiore accesso alle novità in ambito diagnostico e tecnologico e alle innovazioni terapeutiche. Rendere possibile l’intercettazione precoce e il trattamento di malattie attualmente senza cura e ad alta prevalenza e disagio sociale come la malattia di Alzheimer, è l’obiettivo fondamentale del nostro Intergruppo e su questo il nostro lavoro prosegue ogni giorno con determinazione».
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