L’intervento educazionale nella cura della BPCO deve essere svolto da tutte le figure sanitarie che entrano in contatto con il paziente.
Il Dr. Antonio Sacchetta, direttore del Dipartimento Area Medica della ULSS 7 Veneto, attraverso un’analisi degli studi recenti ha riportato i punti chiave delle strategie educazionali dedicate al paziente affetto da BPCO.
L’educazione del paziente portatore di Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) è un intervento mirato ad ottimizzarne il programma terapeutico-riabilitativo anche attraverso importanti modifiche dello stile di vita: sospensione del tabagismo, applicazione di regole igieniche e dietetiche, regolare attuazione di programmi riabilitativi ed anche convivenza con protesi respiratorie spesso non accettate dal paziente perché troppo visibili agli “estranei”.
L’educazione non è, quindi, solo un apprendimento nozionistico da parte del paziente, ma anche attività di supporto e condivisione del carico terapeutico con i Sanitari che lo curano. Per raggiungere il primo obiettivo è indispensabile la comunicazione di messaggi basati su rigorose informazioni scientifiche, per il secondo bisogna personalizzare le informazioni strutturando un reale rapporto di alleanza terapeutica e co-gestione della malattia. Ciò vale per tutte le malattie croniche di cui la nostra società sta soffrendo ed in alcune di esse, quali il Diabete Mellito e lo Scompenso Cardiaco Cronico, vi è in letteratura una mole di dati che confermano l’importanza e la necessità del supporto educazionale nel migliorare gli esiti dei pazienti e ridurre l’utilizzo delle risorse sanitarie che sono particolarmente onerose, per la BPCO, nel caso delle riacutizzazioni che necessitano ospedalizzazione.
La BPCO è curata in un’ottica multidisciplinare dove l’azione educazionale deve essere svolta da tutte le figure, sanitarie, e non, che entrano in contatto con il paziente: il MMG, lo specialista pneumologo, lo specialista internista, che sempre di più si sta facendo carico di tale patologia, i terapisti della Riabilitazione, gli infermieri professionali, i familiari e le associazioni di volontariato e d’assistenza (1). Con l’intervento educazionale è possibile, quindi, promuovere l’applicazione d’abitudini comportamentali corrette ed incidere positivamente sul mantenimento delle condizioni di stabilità della malattia.
Nelle fasi di riacutizzazione, anche in ambiente specialistico ospedaliero, è doveroso sensibilizzare il paziente a seguire scrupolosamente la terapia prescritta, insegnando, o correggendo, l’uso degli inalatori, consigliando di evitare ipnotici e sedativi, mantenere una sufficiente idratazione, praticare l’autodrenaggio delle secrezioni ed osservare un’alimentazione con pasti non abbondanti e frequenti. Al paziente ed i suoi familiari, sarebbe utile fornire delle istruzioni scritte che rammentassero i segni e i sintomi indicativi di una situazione di pericolo, con le relative azioni da intraprendere, così come viene suggerito per la gestione dell’asma bronchiale. Dal momento che i pazienti che ricevono una terapia tempestiva dopo l’inizio della riacutizzazione guariscono prima ed i pazienti con BPCO che trascurano il trattamento della loro riacutizzazione hanno una qualità di vita peggiore, è da attendersi che ogni intervento che porti ad un’azione migliore e precoce abbia un effetto benefico sulla qualità di vita correlata alla salute.
Il documento di consenso che FADOI ha messo a punto sulla BPCO nell’autunno 2011 (2) declinava la malattia sottolineando la presenza frequente di numerose comorbilità, cardiovascolari e metaboliche, ma anche psichiatriche in senso lato, confermando quanto la letteratura negli ultimi anni ci va dimostrando, con l’utilizzo di score di gravità e di prognosi, sia nella fase stabile che nella riacutizzazione, che tengono conto delle mutimorbilità, arrivando perfino a coniare il termine di “comorbidoma” (3) e successivamente, con un impianto di modello geometrico-matematico, di “COPD Network” (4).
Il documento intersocietario per la Gestione Integrata del Paziente con BPCO, differenzia l’Educazione Sanitaria – generica- da quella Terapeutica. Per Educazione Terapeutica intende un insieme di attività educative a favore di specifiche categorie di soggetti, che si attua attraverso la trasmissione di conoscenze, l’addestramento a conseguire abilità e a promuovere modifiche dei comportamenti. Presuppone specifiche competenze degli educatori, non solo di tipo scientifico ma anche comunicativo, l’utilizzo di specifiche metodologie e la verifica dei risultati. Si propone di migliorare l’efficacia delle terapie della condizione patologica cronica attraverso la partecipazione attiva e responsabile della persona al programma delle cure. Il miglioramento degli stili di vita e delle abilità personali nelle attività di supporto alle cure e la partecipazione alle scelte di modifiche concordate dei trattamenti sono responsabili della maggiore efficacia delle cure stesse e del benessere psico-fisico della persona (5).
Negli Stati Uniti, la COPD Foundation ha messo a punto una guida educazionale per i pazienti, sia in forma estensiva (6) che sintetica, tradotta anche in lingua italiana. Pur con alcune imperfezioni nella trascrizione di alcune parole o in alcune espressioni, è un ottimo percorso, che si avvale anche della storia di personaggi raccontata con illustrazioni e storyboards ed in maniera semplice affronta tutti i campi della malattia, dalla diagnosi alle visite mediche, a consigli sull’alimentazione e sull’esercizio fisico. La trovo assai utile anche per noi medici, perché ci dà indicazioni e suggerimenti su cosa percepisce il paziente. Dobbiamo infatti ricordarci che la cosiddetta compliance è un movimento passivo, ancorchè importante, ma che l’aderenza nasce dalla consapevolezza, implica la volontà e quest’ultima va educata. L’utilizzo di action plans - piani di azione - è da incoraggiare già precocemente nella malattia. Possono essere sviluppati e dati ai pazienti già nella Medicina di Famiglia, a basso costo, usando dei semplici format e dotare i pazienti ed i loro caregiver di linee di indirizzo su come riconoscere una riacutizzazione. Ciò è utilizzato per definire quando modificare una terapia o rivolgersi al medico. Tali piani d’azione sono ampiamente validati nell’asma (vedi ad esempio anche l’utilizzo del Picco di Flusso Espiratorio –PEF - domiciliare), mentre per la BPCO il percorso, sia per l’età dei pazienti, che per la presenza talvolta di disturbi cognitivi, che per le comorbilità, è più complesso ed i dati meno chiari. Nei numerosi studi pubblicati infatti si ha una riduzione nei ricoveri ospedalieri ed un aumento nella qualità di vita, ma vi è un’eterogeneità di interventi, quindi diventa impossibile identificare quali punti del programma educativo siano più efficaci e costo-efficaci (7).
In Italia vi sono molte associazioni di pazienti, quella con maggiore rappresentatività ed interesse per un numero maggiore di pazienti mi pare l’Associazione Italiana Pazienti con BPCO (8), con materiale diffuso tramite la rete di sezioni sul territorio ed il sito in internet.
Vi sono anche riviste dedicate al paziente ed alla sua educazione, la più diffusa è sicuramente “RESPIRO” (9), non solo per i pazienti BPCO, ma per tutti coloro che sono affetti da patologie respiratorie, ma va da sé che la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva è epidemiologicamente la più prevalente.
Sicuramente una sua particolarità è legata alla terapia inalatoria, che viene nella comune accezione vissuta da parte del paziente non come una vera e propria terapia. Quante volte i nostri pazienti ci riferiscono nell’anamnesi le terapie iniettive, quali l’insulina, magari anche con fatica la terapia orale, per l’ipertensione arteriosa ad esempio, ma la terapia inalatoria viene dimenticata (“ah sì i puff…”). L’educazione all’uso del device è quindi fondamentale, fatta dall’infermiere del reparto, o da parte di noi medici nell’ambulatorio, soprattutto perché, come è noto, i device sono diventati tanti, e mentre gli inalatori con spruzzo - Metered Dose Inhaler (MDI) - possono contenere steroidi, da soli o associati a Beta Agonisti a lunga durata d’azione (LABA) o Antimuscarinici a lunga durata d’azione (LAMA), i dispositivi per le polveri seguono il marchio con il relativo od i relativi farmaci, anche se fondamentalmente si dividono in due categorie: quelli a dose singola e quelli multidose. Non è tempo perso quindi capire se il paziente ha inteso bene le disposizioni dategli per la terapia inalatoria, perché il trattamento della fase stabile della BPCO è previsto da tutte le linee guida con tale terapia.
Le strategie educazionali quindi cominciano dal livello individuale, personalizzato, che è parte del rapporto medico-paziente, fino a quelle organizzate, che necessitano di interventi che nascono da Percorsi Diagnostici Terapeutici (PDTA) condivisi: sulla BPCO ne sono esempi quello della Regione Veneto (10) e quello della Regione Puglia (11) e sempre in quest’ultima per quanto riguarda le ospedalizzazioni (12) il lavoro fatto dai Colleghi FADOI, e che dovrebbero sfociare in impegni, anche economici, da parte delle istituzioni, per un intervento anche infermieristico più mirato, analogo a quanto avviene per l’Home Care respiratorio che gestisce l’ossigenoterapia e la ventiloterapia domiciliari. Gli internisti sono al fianco degli pneumologi e dei medici di medicina generale per l’approccio multidisciplinare a tale patologia, che affolla i nostri ambulatori ed i nostri reparti (13).
Contenuto elaborato dal Dr. Antonio Sacchetta, Direttore del Dipartimento Area Medica della ULSS 7 Veneto Medicina Conegliano e membro del Board Scientifico del progetto FADOI SDO-ARCA.
Bibliografia:
1. Rapporto sulla Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) 2005; Mario De Palma e Leonardo Fabbri. Federazione Italiana Contro le Malattie Polmonari Sociali e la Tubercolosi
2. Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI), Venezia Isola di San Servolo 21-23 ottobre 2011: Consensus Conference su “Diagnosi, Valutazione di Gravità e Trattamento della Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva e delle Malattie Croniche Concomitanti”; It. J of Medicine Volume 6 - Marzo 2012
3. Divo MJ, Cote C, de Torres JP, et al. Comorbidities and risk of mortality in patients with chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 2012; 186: 155–161.
4. Divo MJ, Casanova C et al .: COPD comorbidities network; Eur Respir J 2015; 46: 640–650
5. www.aiponet.it 12 dicembre 2013
6. COPD Foundation; Guida Dettagliata di Riferimento (BFRG) sulla Broncopneumopatia Cronico Ostruttiva (BPCO), disponibile a: https://www.copdfoundation.org/Learn-More/Educational-Materials/Downloads-Library.aspx
7. CHEST Foundation Education resources, disponibile a: https://www.chestnet.org/Foundation/Patient-Education-Resources
8. Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus; Presidente Dott. Salvatore D’Antonio https://www.pazientibpco.it/
9. RESPIRO Midia srl; www.midiaonline.it; www.respironews.it
10. Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) per la gestione della Bronco - Pneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO): Dgr n. 206 del 24 febbraio 2015
11. Percorso diagnostico terapeutico per la diagnosi e la terapia di asma e BPCO - DGR Puglia n. 2580 del 30/12/2013
12. Protocollo diagnostico-terapeutico del paziente internistico con riacutizzazione di bronco-pneumopatia cronica ostruttiva: dall’arrivo in ospedale alla dimissione: Italian Journal of Medicine 2013, vol. 7 suppl. 5; Guest Editors: M. Errico, F. Mastroianni, F. Ventrella
13. Nozzoli C. et al: Complexity of patients with chronic obstructive pulmonary disease hospitalized in internal medicine: a survey by FADOI; It J Med 2015; volume 9:120-124
Esame analizza 32 proteine ed è in grado di predire chi ha più probabilità di aver bisogno di cure o di morire per queste patologie
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Lo ha accertato uno studio internazionale in collaborazione fra l'Università francese Paris-Saclay, e quelle di Padova, Napoli Federico II e altri atenei stranieri
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